Lyons Piacenza: Bertoncini “Serviva un segnale, l’abbiamo dato”
Questa intervista è stata concordata venerdì 27 gennaio, tardo pomeriggio. A un centro punto della chiacchierata (ci conosciamo da un numero di anni che fa una certa impressione anche solo scriverlo) Achille Bertoncini si era offerto di farla sul momento. “Ho una mezz'ora libera prima di andare in campo. Se ce la fai…”. “Preferisco lunedì” è stata la mia risposta. Pronta, anche se quasi sopra pensiero. “Dopo il successo con Le Fiamme Oro. Così parliamo della riscossa dei Lyons!”. “Forse hai ragione, si parla più volentieri dopo una bella vittoria” la sua altrettanto pronta replica.
ï Ma allora te la sentivi?
- Magari! È che non ne vincevamo una da così tanto tempo che…
ï Prima o poi doveva arrivare?
- Sì. Ma non per un mero calcolo delle probabilità, né per la legge di grandi numeri. Ma perché è un pezzo che la squadra ha alzato il propri standard di rendimento, fa bene cose in cui crede e lavora con il massimo impegno per acquisire competenze di alto profilo. Una consapevolezza che è stata alla base del nostro successo di sabato. Che, a dirla tutta…
ï Avrebbe dovuto arrivare prima?
- Risposta esatta.
ï Nel senso che…
- Nessun senso che! La guerra per salvarsi è dichiarata dall’inizio del campionato e non abbiamo alcuna intenzione di arrenderci prima di aver giocato tutte le nostre carte. Alla fine mancano ancora 8 partite. E 8 ne giocheremo, con lo spirito di chi sa che non ha molto cui aggrapparsi che non sia la propria volontà di farcela. Di riuscire.
ï Sapendo che sarà molto difficile
- Ovvio. Veniamo da una stagione in cui il discorso salvezza è stato rappresentato dagli scontri diretti con L’Aquila. Ora le cose sono cambiate, le prospettive sono diverse. La concorrenza da battere è tanta e molto più agguerrita.
ï Una vittoria in casa della Lazio e ora una con le Fiamme. Ciò significa che…
- Sarebbe bello avere in Eccellenza un numero maggiore di squadre della capitale!
ï Battute a parte?
ï Non era un battuta. Se vogliamo trovare una ragione a questo nostro lungo digiuno è bene chiarire che esso è stato dovuto alle nostre carenze in prima linea. Soprattutto. Sarà un caso, ma ora che Nephi Leatigaga ha messo apposto le cose là davanti…
ï Tutto accade in prima linea, quindi…
- Molto, quasi tutto. Se davanti non tieni botta, dietro diventa quasi impossibile arginare e ancora più difficile costruire. Ne perdi una, ne pedi un’altra e poi perdi ancora… Se non arrivano risultati arriva la paura. E continui a perdere. Serviva un segnale, l’abbiamo dato.
ï Sette giorni dopo una prova… non esaltante con Reggio in casa.
- Grazie per l’eufemismo, caffè pagato. Di quella prestazione ricordo solo il secondo tempo (13-3 Lyons il parziale, ndr), il primo, nel corso del quale siamo stati semplici comparse, credo di averlo rimosso. Spero di averlo rimosso. Trattasi di incubo. Se solo ripenso a come abbiamo non giocato… Ma fosse solo Reggio!
ï Cos’altro c’è?
- Quelle che fatico a digerire sono le sconfitte che arrivano al termine di gare giocate allo stesso livello degli avversari. San Donà, Mogliano, Viadana. Avessimo vinto saremmo in corsa per i play off. E c’è mancato davvero poco!
ï Fatti due conti: ottimista?
- Se vedo la luce in fondo al tunnel? Sì. Se la vedo più nitidamente dopo aver messo sotto una squadra di professionisti giocando meglio di loro? Sì. Se penso che potremo salvarci con un occhio al calendario: sì! Quanto ne ho detti?
ï Tre, ma le domande dovrei…
- Se ritengo che questo gruppo di ragazzi possieda le caratteristiche del manipolo di eroi senza macchia e senza paura che merita di vedere premiati i tanti sforzi profusi? Sì
ï Manipolo di eroi?
- Si fa per dire, dai! Però io mi alleno alle 19.30, come i dilettanti delle serie inferiori. Niente sedute mattutine o col sole del primo pomeriggio. Sempre di notte!
ï L’Eccellenza osservata dalla panchina degli ultimi: che vista si gode dalla tua postazione?
- Quella di un campionato vagamente imbalsamato e che, quanto a cifra tecnica, da un bel numero di anni non si sposta. Non parlo di mancato decollo, ma un piccolo stacco verso l’alto…
ï Massimi sistemi a parte: le prime quattro quanto valgono?
- Il Calvisano più di tutte. Brunello ha messo mano a un buon gruppo e ne ha fatto una squadra che gira, sa variare gli spartiti e sa cogliere le occasioni che le si presentano. Squadra nata e cresciuta per vincere. Contro di loro non siamo esistiti. Troppo forti, niente da dire. Superiorità allo stato puro. Netta, oggettiva, incontestabile.
ï Rovigo?
- Squadra che sa come si vince una partita. Cinica, direbbero quelli che seguono il calcio. Sa quando è il momento di affondare i colpi e di solito lo fa con la competenza dei forti. Gioca, secondo me, al di sotto del potenziale dei singoli.
ï Petrarca?
- Quanto a qualità complessiva della rosa a disposizione di Cavinato, direi che Padova è all’altezza di Calvisano. Non mi pare formazione particolarmente affidabile quanto a continuità del rendimento. Le due scivolate con Calvisano e Rovigo…
ï E quarto, chi arriva?
- Viadana. Perché ha una buona mischia, una buonissima apertura (Ormson, ndr), un signor allenatore (Pippo Frati, ndr) e… Brex!
ï Sei Nazioni: quante ne vinciamo?
- Due. La prima con il Galles in casa. E se va bene quella, anche la seconda.
ï Ma la seconda è con l’Irlanda!
- Lo so
ï Tre Lyons faranno il Sei Nazioni under 20. Un problema per voi?
- Sì, inutile negarlo. Pilone, tallonatore e un flanker. Non è mezza mischia ma poco ci manca.
ï Italia a un passo dal ricambio generazionale. A chi il posto di Parisse?
- Biagi, perché lo conosco bene, ha qualità di leader e non solo sul campo.
ï Altri nomi nuovi?
- Carbone, gioca con noi in terza linea. È buono…
ï Buono e australiano!
- Ma con i nonni calabresi
ï Domanda delle cento pistole: cosa fare per rilanciare l’Eccellenza?
- Una competizione riservata a rappresentative zonali o regionali. Un gradino sopra i club e uno sotto le franchigie di Pro 12. Dobbiamo allargare la base! Se penso a Milano, che negli ultimi anni ha dato al rugby nazionale gente come Morisi, Mbandà e Ragusi e non dispone di un’identità tecnica all’altezza, mi convinco che la strada da percorrere è proprio quella delle squadre rappresentative di un territorio. A sud di Roma il rugby è povero assai. Occorrerebbe rivitalizzarlo. O almeno provarci.
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