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Daniele Montella, 42 anni, 58 presenze con la maglia n.2 nella prima squadra della Lazio di cui ora è capo allenatore, dopo un’esperienza biennale nella romana Primavera. Oggi a Piacenza, dove sabato sfiderà i Lyons di Achille Bertoncini in un match che metterà di fronte l’ultima in classifica (11 punti gli emiliani) e la penultima (14), rifiuta a priori l’immagine di ultima spiaggia o di confronto “vinci o muori”. “Non sarà quella la partita che deciderà la lotta per la permanenza in Eccellenza. Per fortuna, nostra e di tutti, il campionato è ancora lungo e non mancheranno occasioni per dimostrare che la Lazio merita la massima divisione” assicura. Il tono è pacato, denota serenità. Oltre che convinzione.

ï         Partita senza pronostico?
-          Partita che si disputerà su un campo difficile, dove nessuno ha mai passeggiato, dove affronteremo una squadra in crescita e, come è normale che sia, determinata a conquistare punti in casa. Vincerà chi si dimostrerà più lucido e rigoroso nelle scelte. Niente di nuovo, a bene vedere. Ma, ripeto, non sarà al Beltrametti che si chiuderà la lotta per non retrocedere.

ï         Dopo Piacenza restano 6 partite. Uno sguardo al calendario della sua Lazio. Ottimista per l’esito finale?
-          Sì. Abbiamo tre partite in casa, con Mogliano, Fiamme Oro e Viadana, inoltre andremo a Rovigo, Reggio e San Donà l’ultima giornata. Non voglio fare tabelle o avventurarmi in calcoli delle probabilità. Dico che secondo me ce la faremo. Anche perché, pur facendo i debiti scongiuri… l’infermeria si sta svuotando e la rosa è molto vicina ad essere completamente a disposizione.

ï         La sua è una squadra che segna molto (quinto attacco del campionato, ndr) ma incassa anche tanto (peggior difesa dell’Eccellenza, ndr). Troppo?
-          Troppo. Sono i numeri a dirlo. L’efficacia e l’efficienza dell’organizzazione della fase difensiva sono il nostro punto d’arrivo, l’obiettivo strategico di un progetto di gioco che, per scelta ponderata, è cominciato con il mettere a punto la fase offensiva. Sulla difesa stiamo cominciando adesso a lavorare con la dovuta attenzione. L’ho detto più volte e lo ripeto: una volta registrati i meccanismi di contenimento la Lazio è una squadra che può ambire a una posizione nella prima metà della classifica. Se, come io credo fermamente, riusciremo a salvarci quest’anno, io dico che l’anno prossimo ci divertiremo e, soprattutto, divertiremo che ci verrà a vedere. La consapevolezza nei nostri mezzi sta crescendo, mentalmente i ragazzi sono ogni giorno più convinti del loro valore. La strada imboccata è quella giusta.

ï         Qualità del gioco a parte, la Lazio è una sorta di modello di riferimento per altri club. E non solo per l’oculatezza della gestione economico-finanziaria, c’è dell’altro. Cosa?
-          Il senso di appartenenza. La consapevolezza e l’orgoglio di far parte di un gruppo che è gruppo anche dopo il fischio finale, prima e dopo le sedute settimanali. Anche se da una stagione all'altra cambiano le facce e i nomi. D’estate e d’inverno. Ragazzi che vivono il loro “fare rugby” come un’esperienza realmente arricchente. Non come un cartellino da timbrare in cambio di uno stipendio. La squadra ha festeggiato insieme Capodanno, lo stesso farà per la Pasqua e in altre occasioni più o meno informali. Il tutto, si badi bene, senza poter disporre di una sede propriamente detta, di una Club house… Il merito? Dei vecchi. Vecchi per modo di dire, sia chiaro! Filippucci, Damiani… La vecchia guardia. Quella che non si arrende.

ï         Uno sguardo dentro l’Eccellenza. Calvisano ha fatto 53 punti in 11 partite. Di un altro pianeta rispetto alla concorrenza?
-          Il pianeta è lo stesso. Ma che i bresciani siano un gradino sopra gli altri, questo sì. Giocano molto, tengono il ritmo sempre elevato, sanno variare i temi tattici della partita. Sono forti nelle fasi di conquista e nell’utilizzo. Hanno ottimi giovani e due super stranieri. Squadra completa, che merita la posizione che occupa.

ï         Dietro?
-          A me piace molto il Petrarca. Ha un gioco molto organizzato e dispone di una rosa assai ampia. Rovigo non mi pare in una delle sue migliori stagioni. Manca quella continuità che, per anni. È stata il suo punto di forza. Ma non essere continui non significa non avere le risorse per centrare grandi traguardi. Parliamo pur sempre della squadra campione d’Italia! Che può rivincere lo scudetto e… perdere a San Donà.

ï         La quarta poltrona in semifinale, chi la occuperà?
-          Io dico Fiamme Oro come prima opzione. E leggermente distaccata metto Viadana.

ï         Italia e Sei Nazioni. Altro Cucchiaio?
-          È una squadra in via di profonda e radicale trasformazione. Cambio generazionale, cambio della guida tecnica, cambio della guardia in ruoli chiave. Serve tempo per gestire mutamenti tanto profondi. Lo staff è, mi sbilancio, il migliore che l’Italia abbia mai avuto dal giorno del suo ingresso nel Torneo. Sarà banale e l’hanno già detto in tanti, ma lo ripeto: lasciamoli lavorare.

ï         Magari senza contestare nella zona di collisione…
-          E perché no! L'onere della creatività, l’arte di adattarsi e di trovare soluzioni non scontate, spetta tradizionalmente al più debole. Siamo italiani, siamo creativi. Niente di cui ci si debba vergognare! Ero a Twickenham domenica. Intorno a me solo inglesi che scommettevano sullo scarto finale compreso fra 80 e 100. Averli tenuti sulla corsa fino al 70’ è stata decisamente una bella esperienza. Una fantastica sensazione.

ï         Ma questo Sei Nazioni, chi lo vincerà?
-          Voglio essere creativo fino in fondo: la Scozia.

 

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