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L’esito della finale del Campionato di Eccellenza, con la sua coda di polemiche, era ampiamente previsto, almeno per quanto riguarda la parte tecnica (quelle politiche le lasciamo volentieri a chi si diverte con la dietrologia…).

Leggete quanto diceva “el Topo” Rodriguez, grande pilone dell’Argentina e dell’Australia (1983-1987) a Norberto “Cacho” Mastrocola sul numero 74 di Allrugby, lo scorso autunno. Un testo che impressiona alla luce di quanto successo tra Calvisano e Rovigo in mischia chiusa

 

Norberto Cacho Mastrocola ha interrogato “el Topo” Rodriguez sulla gestione della mischie e le nuove regole sugli impatti. “Comunicazione, educazione e buona volontà” per salvare la fase più tipica del gioco.

 

L’uomo, a proposto dell’arte della mischia,  ha scritto addirittura un saggio (L’arte della mischia, www.talubooks.com) che ha raccolto sulla materia le opinioni di oltre trenta esperti, ex giocatori internazionali e allenatori.

Enrique “Topo Rodriguez ha giocato tra il 1979 e il 1987 in tutte e tre le posizioni della prima linea e ha vestito le maglie dell’Argentina (fino al 1983) e dell’Australia (dal 1984 al 1987).

Oggi si divide fra l’assistenza alle vittime della Sindrome bipolare  (“un misto di filantropia e volontariato, per me stesso e molte anime disperate” la definisce lui) e una nuova attività di consulenza sotto la sigla IRC _ International Rugby Consultants con sedi a Sydney, Cordoba e Buenos Aires.

Sulla mischia, il “Topo” ha le idee chiare.

“Per me non servono tante regole – dice – e più l’IRB introduce sequenze e comandi nell’organizzazione della mischia, più si alzano le probabilità che in quel processo qualcosa vada male. Prima avevamo quattro fasi “bassi, tocco, pausa, ingaggio”e  ciascuna coinvolgeva l’equilibrio di 16 giocatori  coinvolti nello scontro. Vuol dire che l’arbitro doveva controllare (16 x 4) il coordinamento di sessantaquattro momenti diversi per ciascuna mischia. Ogni volta sessantaquattro possibilità di errore. Adesso le fasi sono ridotte a tre, ma le possibilità di sbagliare rimangono alte: da sessantaquattro siamo passati a quarantotto (16x3)”.

Quindi cosa proponi?

“Negli ultimi sette anni, il problema era stato quello dello scontro tra le prime linee, una conseguenza, secondo me, delle inadeguate sequenze di comando che amministravano   la gestione della mischia. Questo problema ora è stato eliminato, ma io sono per un’ulteriore semplificazione del processo, con due sole sequenze:  bassi, seguita da qualche secondo di attesa, e poi “mischia!”.  Solo a quel punto si deve poter introdurre la palla e le due squadre possono cominciare a spingere. Le condizioni preliminari sono che la mischia sia stabile e ferma. Ogni tipo di rotazione deve essere punito perché è pericoloso, negativo e distruttivo per il gioco. La rotazione deve essere eliminata. L’arbitro dà l’ok quando la palla può essere introdotta e solo allora le mischie possono cominciare a spingere.  Inoltre, secondo me, l’arbitro non deve dare l’ordine di introduzione a voce, ma con un gesto della mano che solo i due mediani e i due flanker dalla sua possono vedere. Altrimenti il comando diventa il segnale di spinta per tutti e sedici i giocatori coinvolti nella mischia”.

E questo ti pare sufficiente per risolvere la maggior parte dei problemi?

“Assolutamente no, perché nel processo di semplificazione vanno coinvolti anche gli arbitri che, in passato, sono stati sommersi di regole e compiti in occasione di ogni mischia. Se le regole sono semplici, l’applicazione sarà altrettanto pratica: l’arbitro deve applicare la legge e avere l’autorevolezza di giudicare ciò che vede, non è suo compito amministrare la mischia. Non gli piace come vanno le cose? Punizione. Falli ripetuti? Cartellino giallo. Altro fallo? Rosso e tanti saluti. E questo deve essere fatto con il pieno supporto di allenatori e federazioni. Perché  la legge è imparziale se è severa e viene applicata con tutti alla stessa maniera. Punto”.

Insomma si può fare luce negli “angoli oscuri della mischia.

“Ci vogliono comunicazione, analisi e educazione da parte di tutti i soggetti coinvolti e forse Dio salverà la mischia!”.

 

Foto Elena Barbini riproduzione riservata

 

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