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In un 2020 per niente piacevole non è affatto facile stilare una classifica del “peggio dell’anno”. Detto in poche parole, meglio tirare fuori le cose buone di questa annata ovale, trascorsa in isolamento, lontani dai campi da gioco e con un gran numero di rugbysti costretti a spezzare i ritmi sostenuti negli anni passati.

Pertanto ecco il meglio che abbiamo tirato fuori da questo 2020:

 

1 – SCOZIA-FRANCIA 28-17: il match più emozionante di questo Sei Nazioni, con una Scozia sul pezzo che affronta una Francia in forte crescita tecnica. Le mete del carico Sean Maitland e di un perspicace McInally confermano che il movimento del Cardo ormai ha preso il volo, e nei prossimi anni pretenderà di ottenere il Sei Nazioni.

 

2-FRANCIA: Ecco, la Francia uscita sconfitta dal match con la Scozia, ma è chiaro che quello è stato un solo passo falso. La vittoria con l’Inghilterra, l’ottima performance in Autumn Nations Cup e Sei Nazioni, nonostante la quarantena COVID in mezzo, dimostrano che i Blues sono usciti dal limbo durato nove anni (gli ultimi risultati ragguardevoli sono stati il Sei Nazioni 2010 e la finale di RWC 2011).

 

3- INGHILTERRA: un Sei Nazioni arrivato grazie alla differenza punti e l’Autumn Nations Cup ottenuta ai supplementari contro i francesi, con cui al prossimo Sei Nazioni 2021 sarà spada tratta in una “finale anticipata” memore del Sei Nazioni 2010. Il movimento inglese non conosce crisi, sempre in alto, sempre panchina lunga per Eddie Jones, che ormai guarda con superbia i rivali europei…

 

4- ALL BLACKS-ARGENTINA 15-25: mi verrebbe da chiedere se “ci credete ai miracoli” così come disse il telecronista Al Michaels, nel 1980, allo scadere della finale di hockey delle Olimpiadi invernali, quando gli USA sconfissero la ben più quotata Unione Sovietica. Qui i miracoli contano poco, perché i Pumas del mese scorso hanno messo in campo tanta tecnica… e tanta trincea. Tutta farina del sacco di Michael Cheika (consulente degli argentini per la difesa)? Chissà, però la vittoria è arrivata, così come i due pareggi consecutivi con i Wallabies (cosa rarissima nel rugby, a scommetterci ci si diventava ricchi) a testimonianza che l’Albi-celeste ovale è ormai tornata tra le grandi.

 

5- NUOVA ZELANDA… PERDE LA PARTITA MA NON IL VIZIO: questi All Blacks sono proprio bravi a prenderci in giro. Stavamo già pensando ad una crisi, lo ammetto, e invece è bastata l’ultima partita con l’Argentina per rimettere le cose a posto (38-0, vittoria e bonus e Tri Nations intascato). Il Ranking, attualmente, li vede al terzo posto (davanti soltanto Springboks e Inghilterra) ma figuriamoci se possiamo dubitare di questi mostri sacri. 4,3 milioni gli abitanti della Nuova Zelanda, eppure c’è un vivaio che sembra non finire mai per gli All Blacks. Non possiamo meravigliarci, perché la NZ Rugby ha costruito questa nazionale come se fosse un’azienda: rapporti commerciali, sponsor, distribuzione intelligente del calendario. Una squadra che fattura 150 milioni di dollari l’anno (soltanto il Brasile di Neymar sta messo meglio) grazie ai quali viene mantenuta attiva la fucina che annualmente sforna centinaia di giovani, desiderosi di vestire la maglia nera.

 

6- EXETER CHIEFS: il COVID li stava portando sull’orlo del fallimento, e invece eccoli rinascere dalle ceneri. Gli Chiefs portano a casa la Champions Cup (la prima della propria storia) e il Premiership (secondo campionato in bacheca). Del resto, una delle migliori realtà inglesi, con un numero considerevole di internazionali (Stuart Hogg, Jack Nowell, Henry Slade, Sam Simmonds, Luke Cowan-Dickie).

 

7- LEINSTER: i blu di Dublino continuano ad essere la miglior realtà celtica in Europa. Un solo passo falso, quello in Champions Cup, poi a settembre le vittorie su Munster ed Ulster consacrano i dublinesi, vincitori del settimo Pro14, il terzo consecutivo (2018, 2019, 2020)

 

8- PAOLO GARBISI: unica (purtroppo) nota positiva dell’anno solare dell’Italrugby. Nonostante le nove sconfitte in nove partite nel 2020 - tutte meritate e senza troppe recriminazioni - Paolo Garbisi è l’unico lume che ci lascia sperare in qualcosa di più per il futuro del “perderle tutte”. Il mediano di apertura moglianese a soli 20 anni ha esordito in Nazionale e al 6 Nazioni dimostrando una notevole maturità tecnica, tattica e gestuale nel gioco al piede non comuni.