Filippo Frati a lezione dagli Stormers: "L'abilità sta nel fare sentire tutti importanti"
"C'è una grandissima condivisione con i giocatori sulle scelte del piano di gioco"
Se un allenatore italiano vuole approfondire il proprio bagaglio tecnico cosa deve fare oltre ai corsi di formazione dei tecnici della Federazione Italiana Rugby? Fa come gli allenatori di ogni altro sport, prepara la valigia e parte per uno stage lontano da casa, magari all'estero, dove è possibile apprendere metodologie e spunti diversi rispetto alla scuola tecnica italiana. Filippo Frati, 51enne nocetano che in carriera ha allenato Cavalieri Prato, Rovigo, Viadana, Cus Milano e Noceto, oggi in forza allo staff di Umberto Casellato a Colorno, è sempre stato propenso a confrontarsi con scuole differenti di rugby. Frati, che nello specifico allena la difesa e il breakdown, ha passato una settimana intera a stretto contatto con lo staff tecnico degli Stormers, sudafricani vice campioni di United Rugby Championship.
Da cosa è nata questa possibilità?
“Nel 2019, grazie a Riaan Gous, ho avuto modo di conoscere John Dobson, il loro Head Coach e già all'epoca feci un'esperienza simile, poi nella stagione scorsa ci siamo incontrati di nuovo in Italia in occasione delle partite di URC contro Zebre e Treviso. Con la designazione di Andrea Piardi per la finale di URC contro Munster, Dobson mi ha chiesto una relazione/analisi dell'arbitro italiano e da lì l'invito a passare una settimana insieme a loro durante questa stagione”.
Una settimana a Cape Town a fianco dello staff degli Stormers. Una cosa che non capita tutti i giorni. Hai avuto un ruolo attivo?
“Non un ruolo attivo ma ho avuto libero accesso a tutto il lavoro fatto durante la settimana, lunedì e martedì a Belville presso il loro HPC High Performance Center, mercoledì e venerdì al DHL Stadium”.
“Riunioni reparto, callers, collettive, seguivo tutte le sessioni di rugby dal campo insieme a loro e ho avuto poi la possibilità di presentare allo staff il lavoro che faccio sul breakdown. Ho legato particolarmente con l'allenatore degli avanti Rito Hlungwani, in settimana preparavano la sfida di Champions Cup contro La Rochelle e a questo punto ti devo raccontare un retroscena interessante”.
Prego!
“Lo staff del Rovigo la passata stagione ha fatto uno stage a La Rochelle, gli avanti de La Rochelle hanno un sistema particolare per difendere la maul da touche e Rovigo quest'anno fa la stessa cosa, ci siamo confrontati su come noi, Colorno, avessimo affrontato quella difesa e così via zoom ho contattato Cristian Prestera (allenatore avanti Colorno ndr) ha spiegato a Hlungwani quale fosse stata la nostra strategia”.
In cosa si differenzia la loro settimana tipo di allenamento da quello di un club italiano?
“Settimana e contenuti sono molto simili, penso che la differenza maggiore sia nelle strutture sportive e nel numero di giocatori e staff. Questo ti da la possibilità di gestire al meglio i tempi e di offrire ai giocatori una proposta sempre precisa e specifica sugli obiettivi quotidiani, singoli e di squadra”.
Metodologie di insegnamento diverse? Quali?
“Ho prestato una particolare attenzione a come allenano il breakdown, non c'è una cura particolare ai dettagli, il focus è tutto sulla fisicità, sulla capacità di andare oltre del portatore e sulla velocità dell'intervento del primo sostegno”.
“La gestione della seduta è poi affidata quasi interamente ai 5 assistant coaches, il capo allenatore delega, John Dobson è una grandissimo gestore, molto abile nel fare sentire tutti importanti, ha una parola per tutti quando arriva, soprattutto con i giocatori più giovani. Anche nei meeting, gli assistenti si occupano del rugby, mostrano clips specifiche sul come si andrà a giocare la partita, Dobson invece, come Scott Robertson, Ronan O'Gara e i migliori allenatori del momento, è un grandissimo story teller, racconta storie, utilizza foto e video per creare una narrazione sul perché è importante fare una determinata cosa in quel determinato momento. Ho notato inoltre una enorme sensibilità nel giustificare ad alcuni giocatori la loro mancata convocazione nei 23”.
“In generale ho notato una grandissima condivisione con i giocatori sulle scelte del piano di gioco da preparare in vista della partita”.
Cosa porti in Italia di quello che hai appreso?
“La conferma che un'organizzazione che lavora in armonia, nella quale tutti sono e si sentono importanti, dove viene prima la persona e poi il giocatore e in cui valori e standards sono chiari e ben definiti è un'organizzazione destinata ad avere successo. Consentimi a questo punto di ringraziare un caro amico, Riaan Gous, la persona che ha reso possibile tutto questo e che si è preso cura di me quando non ero impegnato con il rugby”.