Liz Nicholl "Nel Regno Unito investiamo li dove si vince"
Non è che l'erba del vicino debba essere sempre e comunque più verde, o più buona. E' che gli esempi da seguire ci sono, ci sarebbero. Tutto sta a volerli davvero seguire. Continuate la lettura, si parla di atletica ma potrebbe valere per ogni altra disciplina sportiva. O no?
Bellissima e soprattutto istruttiva, l’intervista apparsa su La Repubblica di oggi realizzata da Emanuela Audisio alla responsabile (Ceo, secondo la dizione anglosassone, che sta per chief executive officer, amministratore delegato) di UK Sport, non del Comitato olimpico britannico, quindi non l’alter ego del nostro presidente del Coni. No, qualcosa di diverso e di decisamente innovativo. Almeno per noi. Si chiama Liz Nicholl, gallese, 65 anni, due figli grandi e l’ufficio nel quartiere di Bloomsburry, dalle parti di Camdem. Comanda l’ente indipendente cui il governo di Sua Maestà ha affidato le sorti dello sport di alto livello in versione cinque cerchi. Ci sono lei, la sua lucidità e la sua (a volte spietata) capacità decisionale dietro il miracolo Inghilterra ai Giochi Olimpici.
In 21 anni (Atlanta 1996 - Rio 2016) siete passati dal 36esimo posto al secondo sul medagliere, riassume l’intervistatrice, qual è il segreto? Le chiede. “Programmazione, serietà, realismo. Non siamo un ente di beneficenza. Investiamo sul futuro e dove si vince. Finanziamo lo sport con soldi pubblici, quindi abbiamo una responsabilità. Non ci dobbiamo preoccupare di far fare movimento alla popolazione, ma della programmazione olimpica. Trattiamo con il governo, presentiamo un piano onesto, otteniamo fondi”.
E quanto alle modalità operative di UK Sport, spiega: “Paghiamo direttamente gli atleti e forniamo loro tutto ciò di cui hanno bisogno”. Ma subito chiarisce: “Entrare nel programma non è un matrimonio”. In che senso, le domanda la collega, che subito coglie la differenza di fondo fra il nostro e il loro approccio allo sport di vertice: “Facciamo continue verifiche” precisa Liz. “E se i risultati non sono in linea con le aspettative si esce dal programma. Non ci interessa essere politicamente corretti né fare buone azioni, ma costruire una leadership sportiva”.
UK sport non dipende né dal Comitato olimpico né dalle federazioni sportive. E procede “non partiamo dalla base per andare in cerca del risultato. Facciamo l’opposto: partiamo dal risultato e mettiamo in campo tutto quanto è necessario per sostenerlo”.
Una posizione non facile. Fedele all’impostazione di fondo del suo mandato Liz Nicholl non ha esitato a tagliare i fondi alla Nazionale inglese di Rugby in carrozzina. “Sulla mia lavagna olimpici e paralimpici sono uguali. Non faccio differenze. Noi analizziamo i risultati mondiali, cerchiamo di capire dov’è il futuro. Se non sono da medaglia sono out”. Ha anche escluso al programma sette discipline in vista di Tokio: “Quando mi si dice che il Badminton ha possibilità di successo capisco che è il momento di metterci una croce sopra. Tra possibilità e probabilità c’è una bella differenza”. Ce n’è per tutti. Anche per Federica Pellegrini che pare intenzionata a presentarsi in Giappone nel 2020. “Grande atleta” la definisce la Lady di ferro. “Ma se guardi al passato non vedi il futuro” ammonisce. “Ai nostri campioni che dopo aver dato tanto vogliono smettere non chiediamo di continuare. Una stretta di mano, grazie e arrivederci”.
Quanto all’atletica italiana che poco ha fatto e mostrato ai Mondiali londinesi, Liz, semplicemente, toglierebbe le incrostazioni, cambierebbe dirigenti e metterebbe un commissario ad acta. “Smetterei di incentivare quelle discipline dove la distanza dal mondo è incolmabile”. E ancora: “L’importante è che tutti collaborino senza gelosie e che le federazioni non mentano circa l’effettivo valore dei loro atleti. Il governo di noi si fida – conclude – perché ha visto che non tradiamo le aspettative. Per Tokio abbiano già fatto i conti: 51-85 medaglie”. Parole che, in un Paese che (fra le altre cose) ha scartato l’idea di (provare a) ospitare un’edizione dei Giochi a causa della (scontata) deriva delinquenziale-corruttiva che l’impresa avrebbe assunto, suonano come una condanna almeno in apparenza senza appello. Maledetti inglesi! E maledette gallesi!