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Finalmente! Un comunicato stampa di ieri (ore 17:57), recante come titolo: APPLICAZIONE PROTOCOLLO HIA, spiega per bene come si debba intendere la speciale gestione delle situazioni legate alla salvaguardia anti concussion introdotta nelle quattro gare di semifinali e nella finale scudetto del 27 maggio. Di un po’ di chiarezza c’era bisogno, in effetti. Perché dopo l’istanza di Viadana sul caso Paz, cui il giudice ha risposto omologando il 18-12 del campo e trasmettendo la documentazione a Procura federale e Commissione medica, la domanda che sorgeva spontanea era: ma ‘sto protocollo HIA, il buon Paz, quando è uscito sostituito da Susio, l’ha fatto o non l’ha fatto? E se l’ha fatto, l’ha superato? E chi ha certificato le sue condizioni, valutandole idonee a un ritorno in campo? Ora sappiamo come è andata. O meglio: non lo sapremo mai. Dal momento che, come recita la nota federale:

1 – Il protocollo HIA costituisce un imprescindibile strumento di tutela per la salute dei giocatori

2 - La salute dei propri tesserati è al cuore dell’operato di FIR e della sua Commissione Medica

3 - l’applicazione del protocollo HIA nei cinque incontri della fase finale del Campionato Italiano d’Eccellenza 2016/2017 è avvenuta e avverrà in fase totalmente sperimentale, come strumento di formazione per future implementazioni

Ma, e che sia chiaro a tutti: senza alcuna rilevanza sui risultati degli incontri.

Firmato Fir

Della serie, se invece del medico nominato da Fir a sovrintendere alle operazioni o un collega da questi incaricato, a valutare le condizioni del giocatore vittima di colpo al capo e ad eventualmente autorizzarne o impedirne il ritorno in campo, fosse l’omino delle birre o l’hostess della tribuna Vip… Il risultato non cambia?

In altre parole, trattandosi di pratica (totalmente, perché questa precisazione?) sperimentale… Vale tutto? Così, giusto per sapere. 

 

Foto Martina Sofo