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Lo chiamano cambio generazionale. Quel processo di rinnovamento-alternanza che ogni gruppo (persino quelli spontanei) affronta con cadenza tutto sommato regolari, in ragione del naturale scorrere del tempo e del collegato evolversi delle situazioni.

Una squadra di rugby ha stampato nel suo più intimo dna il codice che la obbliga, ciclicamente, a variare facce e nomi in organico. Quanto un tale avvicendamento avvenga per esaurimento dei titolari o per dirompente ingresso sulla scena di elementi clamorosamente migliori di essi, è materia di studio. E fornisce, perfettamente definendola, la distanza esistente fra formazioni che sono espressione di movimenti in continua crescita, oltre che in regolare e naturale sviluppo, e quanti, invece, non disponendo di una tale generatore interno, devono sperare che qualche elemento duri più o meno in eterno. Mancando del tutto o carenti assai apparendo le alternative su piazza. Per capirsi: l’Irlanda, una volta pensionato O’Gara, ha messo al suo posto Sexton, con un tale Paddy Jakson a fargli da riserva (!). Noi, incassato il ritiro di Diego Domiguez, abbiamo brancolato più o meno nel buio, e navigato a vista, arrivando a far indossare la maglia n.10 a Masi, passando per Raineri e Pez. Fino a Gower che, però, ci ha mollati sul più bello per una questione di palanche.

Chiarito il concetto, e provando ad applicare il procedimento sopra esposto, tentiamo di capire cosa ne sarà, nell’immediato futuro, di quella che qualche inguaribile ottimista (per eccesso di amor patrio o per contratto) definì “la prima linea più forte del mondo”. Non intendo dire come la penso in proposito. Primo: perché non credo interessi a molti saperlo. Secondo perché trattasi di pura congettura.

Una cosa è certa, finché è stato possibile abbiamo spremuto succo e linfa vitale a Castrogiovanni per rendere credibile il lato destro della nostra prima linea. Quello determinante e, banalmente, fondamentale negli andamenti degli assetti del pacchetto. Apro e chiudo parentesi: a dire che è il pilone destro che concede o nega qualità al reparto “là davanti” sono, nell’ordine: i biomeccanici e i ragionieri. I primi sapranno spiegare (molto) meglio di me che nella complicata congerie dei trasferimenti di forza applicata in situazioni variabili e i relativi momenti vettoriali, spicca un dato inoppugnabile: se non sei forte a destra, tutto il resto non conta. Quanto a chi, di un club, di una franchigia o di una Union sovrana, ha in consegna la chiave del cassetto dei soldi, è noto da tempo che, a parità di valore parametrato sull’alto e altissimo livello, un pilone sul lato opposto all’introduzione stacca contratti mediamente del 30 per cento superiori per importo a quelli dei suoi colleghi sinistri. Una ragione ci sarà! Senza scomodare gli ingegneri.

Chiusa la parentesi mercatistica, mi sia concessa anche una premessa: oggi un pilone di alto livello sta raramente in campo per più di 50’. Nel corso dei quali deve: governare l’affrontamento in chiusa, contribuire al buon esito delle battaglie aeree (touche), integrarsi con i movimento organizzati di distribuzione e redistribuzione degli uomini sia in attacco sia in difesa, subire il minor numero possibile di sanzioni nella guerra degli assetti, dopo aver ingenerato nell’avversario diretto comportamenti illegali prodromici a mettere a referto punti importanti o a creare situazioni di soprannumero tatticamente rilevanti. Se non decisivi. Un’altra (ci ho preso gusto): il numero delle mischie ordinate essendosi (alto livello) ormai stabilizzato entro un range che va da 12 a 18, occorre che chi gioca in prima linea sia, da un punto di vista della tecnica esecutiva (prima individuale, in un secondo tempo, di linea e di reparto) molto, molto vicino alla perfezione. Che sappia, cioè, reiterare all’infinito quel meccanismo (chiuso) di efficacia che mette la squadra nella migliore delle condizioni di partenza per utilizzare possessi o limitare i danni in caso di possesso altrui. Il che non significa, come ogni tanto capita di sentir affermare da legioni di liberi docenti del nulla: che “la mischia chiusa non è più una fase di gioco capace di incidere in maniera determinante sull’esito delle partite”. Ma il suo esatto contrario. Proprio perché quantitativamente ridotte di numero.

(S)finito Castrogiovanni, il suo posto è andato (di diritto) a Lorenzo Cittadini, attualmente sotto contratto a Bayonne (ultimo in Top 14). Mentre per il ruolo di compagno di linea la scelta è caduta su Andrea Lovotti. Del gruppo “vacanze dove la fatica è roba seria” fanno anche parte: Simone Ferrari (foto a dx), Pietro Ceccarelli (forse, opinione personale), Nicola Quaglio, Dario Chistolini, Alberto De Marchi. Con Matteo Zanusso (foto a sx), Sami Panico e Tiziano Pasquali nella colonna dei potenzialmente interpellabili e i due “bresciani” Marco Riccioni e Daniele Rimpelli in quella del “dopodomani è un altro giorno”. È tanta roba? No. Ammettiamolo serenamente. È “materiale” (nel senso di: materia prima) di cui appaia lecito prevedere sostanziosi incrementi di valore nel breve-medio periodo? Ni, diciamolo con la dovuta dose di avveduto e responsabile ottimismo. Saranno questi a “metterci a posto la mischia nel Sei Nazioni alle porte?”. Magari! C’è in giro gente più forte, forse colpevolmente negletta da chi avrebbe dovuto rilevarne qualità e risorse? No, purtroppo.

Insomma: è la materia prima a far difetto. E dal momento che l’Argentina ha smesso di rifornirci… Vero, ma è giusto anche riconoscere agli eredi del grande Castro e di Perugini, ma anche di Nieto, Aguero e di Lo Cicero, di essere fra quanti hanno dato e stanno dando il massimo. In termini di dedizione e di impegno. Lavorando tanto e duramente per presentarsi al meglio al momento della chiamata. Lo so, bastasse la buona volontà…

Sul tema, il mio amico e maestro Pasquale Presutti sostiene che “Attualmente sono nell’orbita della Nazionale i migliori giocatori di prima linea che il nostro movimento è in grado di esprimere”. E a proposito di piloni destri, lui che proprio da destra contribuì (con Mario Piovan e Renato Busnardo) alla prima linea del Petrarca secondo me più forte di sempre: “Aggiungerei alla lista Roberto Tenga e Giuseppe Di Stefano, oggi entrambi alle Fiamme Oro. Ragazzi dotati e seri”. Che, detto da lui, sta per: forti fisicamente, tecnicamente in ordine, mentalmente solidi e con un futuro davanti.

 

Foto Elena Barbini