L’Italia nel 6 Nazioni, cosa dicono di noi in Inghilterra e Francia
In molti si sono espressi sulla permanenza dell’Italia al 6 Nazioni, in Inghilterra e Francia si discute sull’utilità di avere una “squadra materasso” nel massimo torneo europeo. Prendono parola anche Sir Clive Woodward, l’ex CT azzurro Nick Mallett e infine John Feehan, Chief Executive del 6 Nazioni.
Iniziamo dai numeri: dal 2000 (anno dell’ingresso nel torneo) ad oggi l’Italia ha raccolto 74 sconfitte, 1 pareggio e 14 vittorie. La percentuale di sconfitta degli azzurri è dell’85%.
Il 10-63 subito dall’Irlanda ha fatto molto clamore: nove mete subite e una performance che ha messo in difficoltà Conor O'Shea nel commentare il dibattito su promozioni e retrocessioni nel Sei Nazioni, si parlava in particolare della Georgia che attualmente è un posto sopra l'Italia nella classifica mondiale.
“Ci saranno sempre discussioni, ma abbiamo guadagnato il diritto di entrare nel Torneo con performance che nel corso degli anni ci hanno fatto arrivare dove siamo” ha sostenuto O’Shea. In quanto alla questione retrocessione “fino a quando le regole non cambieranno non ci sarà alcun dibattito. Tutti sanno che c’è un sacco da lavorare per migliorare il rugby italiano.” Queste le dichiarazioni di Conor O’Shea al The Telegraph.
Il noto giornale inglese analizza il fatto che 11 dei 15 titolari della nazionale giocano per Zebre e Treviso, i capri espiatori del rugby europeo e ultimi in classifica del Pro12.
Tornando alla partita con l’Irlanda il Man of the match CJ Stander ha segnato una tripletta, così come ha fatto nel secondo tempo la riserva Craig Gilroy. E’ stata la prima volta dal 1914 che una squadra non vantava due marcatori di tripletta in una partita di cinque o sei nazioni, quell'anno fu l'Inghilterra ad aggiudicarsi tale primato. Ricordiamo che l’Irlanda ha giocato senza Jonny Sexton e Rory Best, due dei migliori giocatori irlandesi.
Dalla Francia ci pensa Rugby Rama a metterci sotto accusa:
Il sito web francese intitola: “La presenza di italiani nel torneo solleva interrogativi. Non è il momento che World Rugby li metta contro il muro? Di fronte al televisore in molti ci siamo posti questa domanda: ma che cosa fa l'Italia nel torneo?”
“Questo autunno l’Italia ha certamente raggiunto un risultato storico con la sua prima vittoria contro il Sud Africa (in forte crisi!). Ma una rondine non fa primavera perché nelle altre due partite sono arrivate gravi sconfitte contro gli All Blacks (10-68) e Tonga (17-19).”
Sir Clive Woodward, il CT campione del mondo con l’Inghilterra nel 2003, ha dichiarato:
“Non è colpa degli Azzurri ma il torneo sta arrecando un immenso danno e ha contribuito al loro declino. L'Italia negli ultimi anni ha smarrito la fame e l'ambizione che l'avevano a lungo guidata, sperperando una tradizione che risale a giocatori come Massimo Giovanelli, i fratelli Cuttitta, Carlo Checchinato, e la meravigliosa apertura Diego Dominguez”.
Commenta la situazione anche il sudafricano Nick Mallett, ex CT azzurro dal 2007 al 2011:
Nick Mallett in un'intervista alla BBC si dice favorevole ad un torneo «aperto». “Non è solo questione dell'Italia, che però in queste condizioni «distorce» un pò la competizione. Anche la Scozia un tempo era davvero debole. Per questo non credo che sia un bene per il rugby avere tornei chiusi”. Mallett continua “uscire da tale incarico (quello di allenatore dell’Italia) con la reputazione intatta la più grande sfida nel mondo del rugby”.
E a proposito della sfida di domenica all’Inghilterra: “Vincere è impossibile. Che cerchino almeno di uscirne con dignità”.
A fare chiarezza finalmente (diciamolo!) è John Feehan, Chief Executive del 6 Nazioni:
“Il 6 Nazioni è un torneo privato tra sei federazioni, che ne sono proprietarie e lo controllano. Non ci sono posti liberi. Non stiamo pensando di includere nessun altro. Non sto dicendo che non cambierà mai, ma per ora siamo assolutamente soddisfatti di avere le sei migliori formazioni d’Europa nel nostro Torneo”.
E se lo dice il capo del 6 Nazioni dobbiamo stare tranquilli, almeno fino al 2024, anno in cui scadrà il contratto tra l’Italia e il torneo più antico al mondo.
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Foto Alessandra Lazzarotto