Benetton e Zebre: Il bilancio a metà della stagione di Pro12
Carlo Canna leader dei “palloni giocati al piede”
E la nave va… A rovinosamente sfracellarsi contro gli scogli, o verso secche da cui appare umanamente impossibile uscire per (ri)guadagnare il largo. È la prima immagine che mi viene alla mente dopo aver provato a reperire in giro per la rete tutto il possibile sulla situazione quantitativa delle due rappresentanti italiane nel Pro 12 celtico. E aver tentato di trascinare nel quadrante + + (piano cartesiano, quello in alto a destra) qualcosa che potesse, anche solo sommariamente, assomigliare a un’evidenza di sostanza e di oggettiva (pur se forzata) positività.
Non ce l’ho fatta. Analizzare i dati quantitativi del cammino di Benetton e Zebre nelle prime 13 tappe della stagione (11 per la franchigia di Parma) senza arrivare in fondo alla disamina, consapevoli che non di indagine a fini diagnostici si sia trattato ma, bensì, di esame autoptico, è operazione assolutamente scontata e banalmente ovvia. Purtroppo.
Treviso, tanto per indicare l’ordine di grandezze entro cui tocca muoversi una volta presi in mano numeri e differenziali, è squadra che mediamente mette a referto 13.2 punti a partita, il dato più basso dell’intera classifica generale, e ne subisce 31.9. Fino alla partita (persa) a Newport (sia detto sommessamente e senza alcuna intenzione di incidere sul dato: chi va dicendo che quando una partita non ha copertura televisiva, occorrerebbe stare molto attenti a come si comporta l’arbitro… ha ragione. Ma di questo particolare aspetto parleremo un’altra volta. Prometto), la formazione di coach Kieran Crowley ha realizzato 20 mete (una e mezza a partita) e ne ha contestualmente subite 57 (quasi 4 e mezza ogni 80’). E dalle 11 partite perse ha lucrato la miseria i 2 punti di bonus difensivo, contro l’unico punto incassato per aver segnato più di tre mete. Gli stessi indicatori presi in esame per il XV bianconero di coach Gianluca Guidi danno riscontri complessivamente analoghi: 14 punti segnati a partita e 33.6 subiti, per un dato scorporato di 17 mete realizzate (1.54 periodico la media) e 49 subite (4.45, anche stavolta periodico, quando si dice che i numeri non mentono…). Diverso da quello dei cugini (cugini?) della Marca il dato dei punti da bonus: 5 quelli acquisti in altrettante sconfitte per meno di 8 punti, a fronte di uno zero spaccato quanto a prolificità della fase offensiva.
Ora, non perché la comparazione proposta abbia un senso e un’attendibilità, ma semplicemente perché si tratta della prima avversaria affrontata da Treviso nella sua avventura celtica e perché, anche se non da sola, rappresenta un pezzo importante di storia del rugby gallese e mondiale, ho voluto andare a vedere i dati degli Scarlets. I discendenti di “quelli di Llanelli” che (ottobre 1972) batterono gli All Blacks e che, in epoca professional, io ebbi la ventura di vedere sconfitti in un magnifico pomeriggio di settembre a Monigo (34-28, correva l’anno 2010). Bene, il loro attuale quinto posto (40 punti, 9 vinte, 4 perse) si basa ed è stato generato da: 262 punti segnati (20.2 a partita) e 216 (16.6), con 46 mete realizzate (3.5) e 31 subite (2.4), 4 punti di bonus per la prolificità dell’attacco, zero per i ridotti distacchi nelle 4 gare perse.
Ancora sull’onda delle emozioni datate? Ma sì, perché no! Al ristretto ed esclusivo club di quanti sono stati capaci di battere la marea nera con la felce d’argento sul petto appartiene anche Munster (12-0, era ottobre, mi pare il 30 e l’anno, senza wikipedia, giuro, era il 1978). Bene, dal secondo posto che occupano (46 punti, 10 vinte, 2 perse) alle spalle degli Ospreys, la Red Army irlandese esibisce, nell’ordine: 312 punti fatti (26 la media), e 155 subiti (quasi 13), con 39 mete realizzate (3.2) e 17 subite (1.4), con 5 extra punti per l’attacco e uno per la difesa.
Viene anche voi da osservare che “sembra di parlare di un altro mondo”? Difficile negare che l’impatto sia di quelli che lasciano il segno e poco spazio a tentativi di arrampicate sugli specchi. Però è anche vero che Benetton e Zebre accolgono al loro interno praticamente tutto quanto profumi di Nazionale esclusa la (piccola, ora, rispetto al passato) quota di emigrants Oltremanica e Oltralpe. Come dire: è il meglio del nostro rugby che ha scritto e scrive i numeri sopra indicati sulla lavagna del rugby internazionale (e neanche il migliore, ammettiamolo!). E se questo e ciò di cui siamo capaci, occorre parte dall’ammettere che non vi è disonore nell’essere così manifestamente inferiori a certa concorrenza. E nel farlo convincersi, una volta per tutte, che i numeri di Zebre e Benetton fotografano ciò che al momento siamo e quanto valiamo. Senza paranoie, senza caccia alle streghe e senza, soprattutto, sognare soluzioni taumaturgiche e di facile reperimento sul mercato delle idee. Magari!
Ho appena finito di leggere il c.s della Provincia di Parma (no, che non le hanno eliminate!) che parla (bene) delle ricadute dell’attività delle Zebre sul tessuto produttivo della regione e auspica… Cosa auspichi, proprio bene bene non l’ho capito, ma anche questo è un dato da acquisire e su cui riflettere.
Sempre ieri il mio amico Marzio Innocenti, intervistato da Antonio Liviero per Il Gazzettino lancia l’appello alla dirigenza Benetton perorando la causa dei Dogi e indicando una via (alternativa all’attuale) da percorrere per un futuro meno…
Chi vivrà vedrà.
Ps - per amore di statistica: c’è un italiano, Carlo Canna, al comando di una delle (tante) classifiche di merito individuali stilate a margine del Pro 12. L’apertura delle Zebre e della nazionale è al primo posto (138) per “numero di palloni giocati al piede”. Lo dice Opta, tocca crederci.
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Foto Elena Barbini