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Due o tre punti fermi, alla vigilia dell’incontro tra la Fir e le cinque società venete “eccellenti” (Treviso + quattro), dal quale potrebbero nascere i nuovi Dogi.

  • Treviso è in netta smobilitazione, tecnica e organizzativa. Quattro anni di Pro12 rischiano di lasciare nella Marca un cumulo di macerie: molti giocatori sono in procinto di trasferirsi all’estero e nessuno nella società  è stato finora disposto ad accollarsi la minima responsabilità per trattenerli in Italia. I risultati sul campo sono anche una conseguenza di ciò.  C’è ancora incertezza, è vero, sul futuro della partecipazione italiana alla ex Celtic League, ma il rischio è che in Ghirada sia diventato un alibi prima ancora che una causa. Cinque anni fa, davanti alla richiesta del board celtico che le italiane pagassero una tassa d’ingresso di tre milioni per entrare nel torneo,  Treviso e Aironi si dichiararono entusiasticamente disposte a pagare la loro parte pur di dar vita all’avventura. Le cose poi non sono andare come molti si aspettavano (certo non gli Aironi…) e oggi l’atmosfera è molto diversa rispetto a quella del 2009.
  • La riunione delle società venete della scorsa settimana ha confermato una sostanziale unità d’intenti della regione, ma probabilmente al ribasso rispetto alle aspettative di chi voleva un Veneto  pronto a dare battaglia per salvaguardare la propria indipendenza e la propria identità di “territorio guida del rugby italiano”. Treviso si è allineata alle quattro società di Eccellenza, senza rivendicare alcun diritto di priorità. Molti si illudevano che all’offerta della Fir di mettere sul tavolo 4 milioni, la Benetton avrebbe risposto rilanciando, o almeno offrendone altrettanti. Il presidente del Civ, Marzio Innocenti, aveva dichiarato a Allrugby (l’intervista completa nel numero 79, in edicola in questi giorni) che nella nuova società i club della sua regione avrebbero dovuto avere come minimo il 51% delle quote, sennò non se ne sarebbe fatto niente. Nell’intervista  rilasciata a Norberto Mastrocola, sabato scorso, dopo Rovigo – Viadana, invece,  Francesco Zambelli (presidente del Rovigo) dice apertamente che il Veneto è disposto ad aggiungere alla cifra della Fir 2/3 milioni che “sommati ai 4 messi sul tavolo da Alfredo Gavazzi, potrebbero fare quel budget per una vita corretta [della nuova franchigia] senza intaccare le risorse dell’Eccellenza”. Zambelli auspica  che nell’incontro di mercoledì Gavazzi sia “conciliante e costruttivo, così come vogliamo essere costruttivi noi”. Sulla stessa linea si sono dichiarati nelle scorse settimane Facchini, presidente del Mogliano e Trevisan, del San Donà.
  • Insomma, salvo colpi di scena, la partita si sposta ora sui dettagli. Esiste un protocollo, datato 2009, che dice che le franchigie devono essere funzionali alle attività della Nazionale. Difficile che qualcuno, di questi tempi, e con i risultati che Treviso, Zebre e Aironi hanno ottenuto in questi anni, abbia da eccepire su questo. Neanche l’aspetto economico pare un problema, giacché Gavazzi ha già detto di voler lasciare ai dirigenti della neonata franchigia la gestione degli eventuali utili, incassi, etc. In questo modo “l’intrapresa privata” dovrebbe essere salva. Resta il problema dei nomi, spinoso per ogni compagine sociale. Qui si giocherà la partita più complicata: la Fir pretenderà che, per quanto condivisi,  siano di suo gradimento. Sugli allenatori e il team manager non dovrebbero esserci grandi problemi, un accordo si  troverà. Un po’ più complesso potrebbe essere il tema dei dirigenti: presidente e direttore sportivo, ovvero quello che alle Zebre sono Pierluigi Bernabò e Roberto Manghi.  Qui si potrebbero creare le  condizioni per qualche ripicca o imboscata. Andrea Rinaldo, consigliere federale, ex seconda linea della Nazionale, ex presidente del Petrarca, uno dei nomi nobili del rugby Veneto, dice di “temere la vocazione al suicidio politico dei veneti, pari solo a quella della sinistra italiana”. Mercoledì una prima soluzione del problema. 

 

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