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Sul campo Don Clarke era come un enorme forza di energia alle nostre spalle.” (Wilson Whineray)

Siamo abituati a considerare Colin Meads come l'apoteosi degli All Blacks, l'esemplare supremo della loro capacità di incutere timore agli avversari. Proprio nel periodo in cui il seconda linea era in auge, però, c'era un altro uomo con la shirt nera che era altrettanto spaventoso. Da un punto di vista fisico era addirittura più grosso, 110 chili per 1,88 metri, e non era nemmeno un avanti, ma giocava nel ruolo di estremo. Il suo nome è Don Clarke.

Nonostante la sua mole, Clarke era molto veloce, un grande placcatore in difesa e, soprattutto, era dotato di un calcio prodigioso, potente e preciso, con il quale ha compiuto imprese epiche e che gli è valso il soprannome di The Boot.


Donald Barry Clarke è nato il 10 novembre 1933 a Pihama, per poi trasferirsi, quando aveva 10 anni, a Waikato, dove ha studiato presso il Te Aroha College.
Quella di Don era una famiglia di contadini, ma anche di rugbisti. Oltre a lui, infatti, c'erano altri quattro fratelli dediti alla palla ovale: Ian, maggiore di due anni, che è stato anch’egli un All Black nel ruolo di pilone, Doug, Brian e Graeme. Tutti hanno giocato per Waikato e in un’occasione, nel 1961 a Te Aroha, contro Thames Valley, i cinque sono scesi in campo contemporaneamente per il loro club.

Clark è sempre stato grande per la sua età e ha giocato due stagioni a netball per la Ngarua School, in quanto nessuna squadra di rugby aveva una fascia di età in grado di ospitarlo. Alla fine si è accasato al Kereone, dove, a 12 anni, era già schierato con l’under-18.

Nel 1951, compiuti i 17 anni, il ragazzo ha fatto parte del primo XV del Te Aroha College. Lo stesso anno è approdato a Waikato.

Da subito Clarke ha suscitato scalpore, soprattutto quando ha calciato due penalties nel fango di Whangarei per aiutare il suo club a vincere l'ambito Ranfurly Shield. Alcuni critici, tuttavia, non hanno visto il suo potenziale e hanno suggerito che il ragazzo avrebbe dovuto essere posizionato tra gli avanti. Il padre, però, lo ha incoraggiato a tenere ferma la sua ambizione di essere un estremo. Era stato proprio lui che lo aveva aiutato all’età di 10 anni a superare la prima grande delusione; quella di essere arrivato in ritardo ad un trial della Taranaki Primary School. "Abbiamo camminato 12 miglia solo per trovare che la prova era già finita, ma posso ancora ricordare come mio padre mi ha confortato con consigli che ho portato con me attraverso tutta la mia carriera da giocatore: - C'è sempre un'altra possibilità – ha detto. Egli ha preparato noi cinque fratelli ai duri colpi e alle delusioni della vita, che vanno di pari passo con l'eccitazione e le emozioni del rugby. "

Il New Zealand Rugby Almanack ha commentato così il suo arrivo sulle scene: "Don Clarke ha reso un ottimo servizio per la sua Union, ma è apparso un po’ troppo ingombrante per essere in grado di raggiungere obiettivi più lontani rispetto allo standard di club.". Il tempo ha dimostrato che chi ha scritto la recensione si sbagliava. Don, infatti, ha continuato a diventare una forza dinamica del gioco tanto in patria quanto all'estero.

Mentre il suo valore stava per essere mostrato al mondo, però, Clarke ha subito infortuni al ginocchio e alla schiena che lo hanno escluso dalle scene per lunghi periodi, nel 1952 e nel 1955. L’estremo aveva perso forma nel 1954 e Dick Adam gli è stato preferito nel ruolo in diverse partite. Dopo lunghe sessioni di allenamenti pomeridiani, con il supporto speciale del fratello Ian, Don ha riconquistato la fiducia prima della stagione 1956. "Abbiamo lavorato duramente. Noi cinque fratelli avevano costruito pesi grezzi, usando come barra una vecchia tubazione con pesanti pezzi di legno a ciascuna estremità, per aiutarci ad acquisire la forza necessaria. È stata la più lunga estate della mia vita."

Don è tornato in auge nel 1956 e ben presto si è fatto notare per le sue qualità tecniche.

Waikato è stata la prima provincia ad incontrare gli Springboks quando nel giugno del 1956 sono approdati in Nuova Zelanda per il loro lunghissimo tour. Grazie a Don, la squadra ha vinto la sfida 14 a 10. Questo non lasciava dubbi che una maglia degli All Blacks era proprio dietro l'angolo. In quel periodo lo standard per tutti gli estremi in nero era stato fissato nel corso degli anni '30 da due sommi artisti quali George Nepia e Bob Scott. Clarke possedeva un innato talento nel muovere la palla con calci tattici, era una diga in difesa e la sua gittata potente e precisa nei piazzati era ben nota. In più, il ragazzo ha mostrato di essere molto più veloce di quello che tutti erano stati indotti a credere a causa del suo fisico.
Tuttavia, Don, come molti altri, è stato costretto ad attendere fino al terzo test match di Christchurch per il suo debutto internazionale. La storia ci mostra che il talentuoso estremo ha avuto un impatto immediato; grazie a due penalties e a ad una trasformazione ha ottenuto suoi primi otto punti e ha aiutato gli All Blacks a vincere 17 a 10.
La quarta e ultima prova, a Auckland, è stata un altro trionfo per lui. Ancora una volta ha realizzato otto punti i quali, sommati all’immortale meta in solitaria di Peter Jones, hanno regalato ai padroni di casa la vittoria per 11 a 5. La maglia numero 15 della Nuova Zelanda aveva trovato un nuovo padrone e così sarebbe stato per i successivi otto anni.

Clarke ha totalizzato una pioggia di punti durante il tour in Australia del 1957, realizzandone ben venti suddivisi in due test match a Brisbane e a Wellington, entrambi vinti dai Tuttineri. La squadra allenata da Dick Everest ha trionfato anche in tutti gli incontri con le selezioni locali, tornando in patria con 13 successi in altrettante sfide.

Il ragazzo ha giocato contro l'Australia di nuovo nel settembre dell'anno seguente, questa volta in casa, due sfide nelle quali ha messo sul tabellone altri diciotto punti, che sono serviti a far mantenere la Bledisloe Cup nella bacheca neozelandese.

Nel 1959 il ragazzo di Pihama ha conquistato i titoli dei giornali con l'allora record del mondo di sei piazzati, grazie ai quali gli All Blacks hanno vinto 18 a 17 a Dunedin il primo test match contro i British Lions, allora chiamati British Isles, capitanati dall’irlandese Ronnie Dawson. La stampa britannica è impazzita per come i Leoni fossero riusciti a segnare quattro mete, due di Malcolm Price e una a testa per Peter Jackson e Tony O'Reilly, per poi farsi superare dal fenomenale estremo del Waikato. Clarke ha avuto a disposizione dieci calci durante la gara e i suoi sei successi erano sforzi da 41 a 46 metri. Da quel momento, Don Clarke è diventato The Boots.
Il 15 agosto, durante il secondo test a Wellington, Don ha segnato la sua prima meta internazionale, alla quale vi ha aggiunto la trasformazione, aiutando così i suoi a vincere 11 a 8.
I neri allenati da Jack Sullivan hanno chiuso il discorso vincendo pure il terzo test della serie, a Christchurch. Clarke ha realizzato altri dieci punti, compreso il suo primo drop con la felce sul petto, e altri sei ne ha messi nel carniere durante la quarta e ultima sfida, per un totale di trentanove, e poco importa se questa è stata lasciata come consolazione agli ospiti venuti dal nord del mondo.

Nell’estate del 1960 gli All Blacks si sono recati in Sudafrica per un tour che, ancora prima di iniziare, aveva acceso le polveri delle polemiche a causa del permesso negato ai giocatori maori di entrare nel paese.
Le squadre di casa ormai conoscevano Clarke e lo aspettavano al varco, così per il ragazzo si è rivelato un tour difficile. L’estremo era ormai diventato l’obiettivo primario per placcaggi in ritardo, ma lui ha saputo reagire da quel colosso che era. Dopo avere perso la sfida di Johannesburg, la prima dopo dieci gare consecutive in cui non ha realizzato punti, Don ha giocato un ruolo importante nella seconda prova a Cape Town, durante la quale ha centrato i pali con un penalty, ha realizzato un drop e trasformato la meta di Colin Meads, permettendo ai suoi di condurre in porto una meritata vittoria per 11 a 3.
Anche nel terzo test, a Bloemfontein, Boot è stato il perno della squadra. A sei minuti dal termine, con gli All Blacks in svantaggio 6 a 11, l’arbitro ha concesso loro un penalty. Era un tiro da quasi 55 metri, angolato, con una brezza, anche se dolce, che soffiava contro. Eppure, Clarke è riuscito ad infilare l’ovale tra i pali. La partita, però, era ancora saldamente nelle mani dai ragazzi capitanati da Avril Malan, un potente seconda linea di 23 anni. A due minuti dal termine l’ala della Nuova Zelanda Frank McMullen ha schiacciato in meta, nei pressi dell’angolo. Era ancora a terra dolorante quando Don ha calciato la trasformazione ad una trentina di metri dalla porta. Il capitano Wilson Whineray non ha voluto guardare per scaramanzia, ma le bandierine si sono alzate ancora prima che la palla raggiungesse i pali, tanto era la precisione con la quale era stata colpita. Grazie a Clarke, la sfida si è chiusa in pareggio: 11 a 11
Il 27 agosto si è giocato a Porth Elizabeth il quarto, decisivo test match. L’estremo ha realizzato tre punti con un piazzato, ma la partita, e con essa la serie, è finita nelle mani dei padroni di casa.

Lo stesso anno è andato in scena un evento per scopi caritatevoli allo Stadio Olimpico di Melbourne. Un portiere di calcio, un calciatore di football australiano, un kicker di rugby league e Don Clarke hanno messo in atto una scommessa su chi di loro fosse stato in grado di calciare il pallone più lontano. I primi tre hanno lanciato più o meno tutti attorno ai 60 metri. Clarke, invece, ha calciato la palla fuori dallo stadio, sulla strada adiacente.

Don ha giocato le tre prove contro la Francia nel 1961, sfociate in altrettante vittorie. Il ragazzo ha realizzato un totale di ventisei punti, inclusa una trasformazione contro una burrasca forza venti. Boot ha siglato 16 punti anche nel successo per 22 a 3 con cui Waikato ha sconfitto Les Blues nella gara infrasettimanale.

Nel 1962 Clarke ha continuato ad essere una macchina da punti incredibile. Gli Home and Away Test con l'Australia, due sfide nella terra dei canguri e tre in quella della Grande Nuvola Bianca, hanno visto gli All Blacks vincere quattro volte e pareggiarne una, con il loro numero 15 che ha aggiunto al suo score un totale di 29 punti, grazie a calci di punizione e trasformazioni.

L'anno successivo la Nuova Zelanda ha incontrato e sconfitto l’Inghilterra in due test, a Auckland e a Christchurch. Nel primo di essi, Don ha marcato la sua seconda meta internazionale. A Christchurch, invece, l’estremo ha siglato un mostruoso calcio da mark da quasi 60 metri, nei giorni in cui i giocatori potevano ancora farlo. Mancavano cinque minuti alla fine dell’incontro, il punteggio era ancorato sul 6 a 6. Incredibilmente, Clarke ha agguantato la palla e con il fratello Ian a tenere fermo l’ovale ha calciato quel tiro lunghissimo, che ha concesso agli All Blacks la vittoria per 9 a 6.

In inverno, sempre del ’63, gli All Blacks sono approdati in Europa per un tour nel Regno Unito e Francia. Clarke è apparso in tutte le cinque prove, con i Kiwis che hanno sconfitto Irlanda, Galles, Inghilterra e Francia, ma hanno mancato lo slam a causa dello 0 a 0 di Murrayfield, contro la Scozia di Brian Neill.
I ragazzi allenati da Neil McPhail hanno vinto anche tutti gli incontri infrasettimanali, tranne quello con il Newport al Rodney Parade, terminato 3 a 0 per i padroni di casa.

Nell’agosto del 1964 gli All Blacks hanno disputato due match con i Wallabies, vincendo il primo a Christchurch, ma uscendo sconfitti dal successivo, il 29 agosto a Wellington. È stata questa l’ultima partita disputata da Don Clarke e i due punti realizzati con la trasformazione della meta di Peter Murdoch sono stati il suo regalo d’addio. L’estremo, infatti, era pronto per affrontare gli Springboks ancora una volta, ma il fastidio al ginocchio ha avuto l'ultima parola.

Don ha chiuso con un record di 781 punti, suddivisi in 8 mete, 173 trasformazioni, 120 calci di punizione, 15 drop, 2 calci da mark, nelle sue 89 partite per la Nuova Zelanda, delle quali 31 test match. Il record è rimasto tale per 24 anni, fino a quando è stato superato da Grant Fox nel 1988.
Considerato con gli standard moderni i suoi 207 punti nelle gare ufficiali non sembrano impressionanti; ora l'estremo è 89° nella lista di tutti i tempi, con Daniel Carter che ha più che raddoppiato la sua media di circa 6,7 punti a partita. Per il suo tempo, però, Clarke era un colosso. Quando si è ritirato, il secondo al mondo in fatto di punti realizzati era il francese Jean Prat con 144. Il secondo All Black in graduatoria, invece, era Bob Scott che di punti ne aveva realizzati 74. Immaginate l'impatto di un giocatore moderno che ha segnato 2500 punti nel rugby internazionale: è come Clarke guardava ai suoi coetanei.

Di 31 test ufficiali Don è uscito sconfitto soltanto da quattro, e solamente in tre occasioni ha terminato l’incontro con uno score di zero punti.

Clarke ha rappresentato North Island dal 1956 al ‘59 e dal 1961 al ’64, e ha giocato per New Zealand XV nel 1958.
Il ragazzo di Pihama è stato anche un giocatore di cricket di talento, che ha rappresentano Waikato, Auckland e Northern Districts dal 1951 al 1963, anche se è stato suo fratello Doug a ricevere i maggiori riconoscimenti internazionali tra le fila dei Black Caps.

Una volta appese le scarpette al chiodo, Don è diventato selezionatore e allenatore della rappresentativa della Waikato Secondary School.

Dopo un periodo di lavoro nel settore del commercio di liquori come venditore, nel 1970 Boot è emigrato in Sudafrica, dove ha gestito un’impresa di abbattimento alberi e insegnato rugby al King David Victory Park High School di Johannesburg. Raramente l’ex All Black è tornato nel suo paese natale, anche se non ha mai smesso di sentirsi neozelandese.

Nel 1997 Clarke è rimasto gravemente ferito in un incidente d'auto, quando il suo veicolo è stato schiacciato da un camion di 15 tonnellate.

Nel 2001 Don è stato ammesso nella International Rugby Hall of Fame. Nel marzo dello stesso anno gli è stato diagnosticato un melanoma.
L’ex estremo degli All Blacks ha passato l’ovale il 29 dicembre dell’anno seguente, a Johannesburg. Aveva 69 anni.

 

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