Elezioni Fir: quattro domande e risposte ad Andrea Duodo
"Dobbiamo essere al fianco dei club per dare loro competenze e sostegno"
Domenica prossima 15 settembre il rugby italiano è chiamato al voto, i club italiani eleggeranno il prossimo Presidente per il quadriennio 2024-2028. Rugbymeet nella settimana pre elezioni ha voluto intervistare i tre candidati (Gianni Fava escluso dal momento che si è immediatamente schierato in appoggio a Duodo) porgendo loro quattro domande significative su quattro argomenti “caldi” della campagna elettorale.
Il candidato uscente Marzio Innocenti, Andrea Duodo e Massimo Giovanelli, uno di questi tre nomi guiderà la Federazione Italiana Rugby al prossimo mandato, nell'intervista a loro dedicata parleremo del bilancio in rosso e di come sanarlo, degli obiettivi futuri per le due franchigie Zebre e Benetton, delle accademie Under 23 e di come aumentare il numero di praticanti e dei club.
E' il momento di Andrea Duodo, 53 anni, originario di Mirano (Venezia), Duodo è dottore commercialista e revisore contabile di Treviso, ex giocatore e poi manager delle Nazionali (Under 20, Under 25 ed Emergenti) per tre mandati è stato revisore contabile della FIR, di cui due volte presidente del Collegio, durante le amministrazioni Dondi, Gavazzi e Innocenti.
1) Fra spese ed entrate c’è una differenza di 8 milioni, 43 a 35. Come pensa di aumentare le entrate o diminuire i costi?
"Le entrate si aumentano con una strategia integrata di marketing e comunicazione che non guarda solo all'oggi, ma al medio periodo. La prima cosa da fare sarà quella di valorizzare i diversi prodotti della Federazione e non solo il prodotto "nazionale maggiore": sempre di più il mercato della pubblicità lavora per target e non più in maniera generalista. Il femminile ha delle potenzialità commerciali inespresse. Così come l'area del sociale che mette a terra valori propri del rugby e che, se opportunatamente valorizzata, può far crescere l'interesse di tante aziende per il nostro sport. La sostenibilità sociale ed ambientale sono aree di lavoro con importanti prospettive. Per quanto riguarda le voci di spesa, non mi piace affatto la definizione di diminuzione dei costi: preferisco parlare di ottimizzazione delle risorse. Quando parlo di lavoro di squadra e competenza intendo dire che a FIR serve un approccio manageriale ai temi della gestione, una pianificazione precisa e una verifica continua".
“Costi e ricavi non possono essere una sorpresa ogni volta, serve un lavoro scrupoloso sulle aree di dispersione e sui potenziali inespressi. Due cose sono certe: il recupero di risorse non peserà sui club. Inoltre, noi non saremo la squadra delle epurazioni e dell'austerity ma quelli della riorganizzazione efficiente e della trasparenza”.
2) Quali obiettivi futuri per le due franchigie Zebre e Benetton in URC?
"Benetton sta continuando virtuosamente un percorso iniziato molto tempo fa, con una continuità di gestione e una costanza di investimenti che molto spesso hanno garantito respiro e immagine a tutto il movimento. Forniscono gran parte degli atleti alla nazionale. Da Zebre questo non c'è: le ragioni sono di diversa natura e non è questa la sede per approfondire il tema. Certo è che le Zebre vanno ripensate, ma per farlo serve progettualità a medio termine e servono azioni certe. La situazione delle Zebre non è delle migliori ed è sotto agli occhi di tutti: la privatizzazione è un’opzione ma servono lucidità, coraggio, saggezza e interlocutori adatti".
3) Novità e struttura del sistema di formazione, dai centri Fir per i più giovani alle accademie U23 nelle franchigie.
"Il nostro focus è tutto sulla lotta alla dispersione, non vogliamo perdere praticanti e talenti. Al contrario, vogliamo aumentarli. Per fare questo, daremo vita a un progetto di reclutamento, e vogliamo che sia proprio a livello locale che la formazione esprima già qualità con il supporto di FIR, le sue competenze a momenti di formazione continua. Lavoreremo affinché i centri U16 che siano sempre più seminati su tutto il territorio per fare lavoro di prossimità in modo costante. Poi c'è la fase di valorizzazione del talento: su questo nell'immediato lavoreremo per far sì che il percorso federale che ha ottenuto risultati importanti sia di nuovo efficace. Al contempo si dovrà lavorare per incentivare la formazione di qualità anche sui territori, sia per aumentare le opportunità di arrivare all'alto livello per un numero più elevato di ragazzi e ragazze, sia per riconoscere sempre più il ruolo di formazione ai club più strutturati che con la supervisione federale possono diventare un "pezzo" importante della filiera formativa. D'altro canto, dovremo tenere sempre a mente la sostenibilità dei progetti".
“Per quanto riguarda le accademie under 23 presso le Franchigie, l'ho già detto: è un progetto molto oneroso che non ha dato risultati. I ragazzi non hanno trovato spazio in partita e i talenti non maturano se non giocano e i club d'Elite hanno sofferto della mancanza di giocatori. Quindi vanno chiuse”.
4) Cosa intende fare per sviluppare il rugby di base e aumentare praticanti e società iscritte a FIR?
“Trasformare la Federazione in un centro di servizi a supporto dei club 365 giorni l'anno. Supportarle sempre e non solo durante la campagna elettorale. Abbiamo bisogno di recuperare più di cento società che non fanno attività e aumentare il numero di praticanti: rispetto al 2019, mancano ancora cinquemila atleti all'appello. Dobbiamo puntare ai 100mila in cinque anni. FIR non è un genitore distratto e nervoso che ogni tanto e nervosamente si concede, FIR è la somma di tutte le società italiane, pronta a restituire servizio non solo dal punto di vista tecnico. Quando parlo di centro servizi e di manageralizzazione della Federazione, intendo che dobbiamo essere al fianco dei club per dare loro competenze e sostegno nelle relazioni istituzionali, nelle relazioni con le scuole, nelle relazioni con le famiglie, per l'impiantistica, per il marketing e la comunicazione, per aiutarli a reperire risorse attraverso la partecipazione a bandi. Non possiamo limitarci a dare ai club notizia dei bandi, dobbiamo aiutarli nella progettualità per aumentare le loro probabilità di vincerli. Tutto questo vedrà un ruolo importante dei comitati che non dovranno più limitarsi alla gestione dei campionati giovanili e territoriali: le competenze manageriali dovranno passare da lì. Dal punto di vista tecnico, sarà importante impostare un programma di formazione continua, studiata ad hoc per i vari settori: le competenze che servono sono diverse per il minirugby rispetto allo juniores, per il maschile rispetto al femminile. I tempi sono cambiati: gli allenatori devono avere competenze tecniche, ma debbono anche avere empatia e capacità di aggregazione rispetto a una generazione complessa. I ragazzi e le ragazze di oggi sono più consapevoli ma anche più difficili da fidelizzare. Pensiamo a tutto il mondo dei social e, ora, anche dell'IA. Lavoreremo duro per fare tutto questo. E sarà un lavoro che sfrutterà appieno le potenzialità della digitalizzazione”.