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Sergio Lanfranchi giocava in qualsiasi ruolo della mischia; forte, scattante, devastante nei placcaggi, unico nei rapporti umani, sempre pronto a trascinare con il suo esempio." (Silvio Bocchi)

As corra coj pè, miga con la tésta.” (Sergio Lanfranchi, dopo una partita giocata con i punti di sutura ancora freschi in testa)

Castellania ha Fausto Coppi, Sequals Primo Carnera, Rovigo Mario Battaglini e Parma...ha Sergio Lanfranchi. Soprannominato Braccio, Lanfranchi è stato, assieme allo stesso Maci, uno dei più grandi rugbisti italiani di tutti i tempi e ha detenuto per 50 anni il record della carriera azzurra più longeva, superato soltanto nel 2015 da Mauro Bergamasco. Il parmense ha indossato per 15 anni la maglia della nazionale, con la quale ha guadagnato 21 caps; tantissimi, considerando che all’epoca si giocava un paio di volte l’anno, delle quali 8 da capitano. Guerriero indomabile, leader nato, giocatore leale e altruista, Sergio possedeva un fisico incredibile, che gli ha permesso di schierarsi in tutti i ruoli del pacchetto di mischia, e qualità tecniche da trequarti e da calciatore.

Lanfranchi vanta uno scudetto con la maglia del Parma nel 1950, ma è stato in Francia che ha raggiunto lo status di leggenda. Chiamato dai tifosi transalpini Il Pazzo, per la sconsideratezza con la quale si lanciava a scavare palloni nei grovigli delle mischie spontanee e per il coraggio con cui placcava, grazie ad una sua meta il Grenoble ha potuto fregiarsi dell’unico Bouclier de Brennus della propria storia.


Sergio Lanfranchi è nato il 27 settembre 1925 a Parma, nel Borgo del Naviglio, uno dei quartieri più poveri della città emiliana. Orfano di entrambi i genitori, Sergio ha trascorso l’infanzia tra orfanotrofio e collegio, per poi combattere durante la seconda guerra mondiale tra le fila dei partigiani in Piemonte con il nome di battaglia di Dick.

Nel 1946, terminata la guerra, Lanfranchi è tornato nella sua città natale, dove ha iniziato a praticare il rugby, sport che già aveva conosciuto ai tempi della scuola, con il Rugby Parma Football Club 1931.

Nel 1949 Braccio ha ricevuto la sua prima convocazione in una nazionale azzurra da rifondare dopo le vicissitudini belliche. L’Italia aveva ripreso le attività l’anno precedente sotto la guida di Tommaso Fattori, il quale aveva lasciato il posto alla coppia formata da Giorgio Briasco e Antonio Radicini. Sono stati loro a schierare Lanfranchi in campo nel ruolo di pilone il 27 marzo 1949 a Marsiglia, contro la seconda squadra della Francia. Capitano azzurro era Piermarcello “Bubi” Farinelli, trequarti centro della Roma campione d’Italia, il quale aveva come partner Paolo Rosi, futuro telecronista di imprese epiche. Il pilone e il tallonatore che hanno formato la prima linea con Sergio erano Mario Turcato e Italo Mattacchini. La partita è terminata 27 a 0 in favore dei padroni di casa, che hanno superato sei volte la linea proibita.

Due mesi più tardi Lanfranchi ha guadagnato il secondo cap a Praga, dove gli uomini guidati da Briasco e Radicini hanno perso 14 a 6 con la Cecoslovacchia.

Nel 1950 il Rugby Parma ha vinto lo scudetto.
Era il ventesimo campionato nella storia dell'ovale italiano. Dodici le squadre partecipanti, ma alla fine sono arrivate in undici, perché la Ginnastica Torino, scudettata due anni prima, aveva deciso di ritirarsi dopo due giornate del girone di ritorno a seguito di una squalifica da parte della Federazione, dovuta alla sua partecipazione ad un incontro di rugby a tredici giocata in Francia senza la debita autorizzazione.
Quell'anno i giallo-blu hanno vinto 15 partite e pareggiate 2 e hanno chiuso il campionato con 32 punti, tre in più dell’Amatori Milano, loro diretta concorrente nella corsa al titolo.

Dopo avere dato un grosso contributo a portare il primo scudetto a Parma, Lanfranchi è stato costretto a lasciare il club. Il lavoro da elettricista, infatti, lo ha portato oltre le Alpi, a Grenoble.
Con i giallo-blu Sergio ha disputato 101 partite in quattro stagioni, realizzando 26 mete, 8 trasformazioni e 3 piazzati. Grazie alle sue qualità fisiche e tecniche ha giocato in tutti i ruoli della mischia e a volte è stato schierato anche trequarti centro ed estremo. Il giorno che se n’è andato lo scrittore Piero Saccenti ha affermato: “La squadra è orba di Sergio, emigrato a Grenoble… La perdita non è lieve, non tanto per l’eccezionale vigore che Lanfranchi dà alla squadra, quanto per la miticità che lo circonda e accompagna le sue leggendarie imprese sportive, la sua schietta esuberanza, il suo comportamento generosissimo in ogni frangente, la franca e rude lealtà sportiva nei confronti di amici ed avversari, doti tutte che lo hanno portato a divenire il numero uno del rugby italiano”.

In Francia Lanfranchi ha proseguito l'attività sportiva aggregato al Football Club de Grenoble Rugby, che allora partecipava al campionato di seconda divisione, grazie all'aiuto dell'allenatore e dirigente Julien Saby. Il ragazzo abitava in un appartamento che si affacciava sul fiume Isère e girava la città per lavoro sulla sua Citroen 2CV piena di cavi e strumenti da elettricista. Purtroppo, a causa del regolamento vigente in quel periodo, il suo trasferimento all’estero ha fatto sì che fosse escluso dalla nazionale italiana.

Il 26 aprile 1953, dopo quattro anni di assenza, Sergio è tornato ad indossare la maglia azzurra numero 1 per una partita contro la Francia a Lione. In quel periodo la nazionale era guidata da Julien Saby, che aveva appena lasciato la panchina del Grenoble, coadiuvato dal milanese Renzo Maffioli. Un ritorno per il francese di Saint-Fons, che già era stato allenatore degli azzurri negli anni ’30. Il capitano, invece, era il leggendario Maci Battaglini. Oltre a Sergio, nel XV c’erano altri atleti parmensi, tutti nel pacchetto di mischia: il terza centro Gianni Aiolfi, il flanker Primo Masci ed il tallonatore Mimmo Mancini. Per la cronaca, Les Blues hanno sconfitto i nostri ragazzi 22 a 8.

Il successivo 17 maggio, nella sfida con la Germania Ovest a Hannover, un Lanfranchi schierato flanker ha realizzato la sua prima meta con la nazionale. Arrivata a due minuti dal termine, quella di Braccio è stata l’ultima di cinque marcature con le quali gli uomini di Saby hanno vinto 21 a 3.
Una settimana più tardi l’Italia ha sconfitto a Bucarest la Romania con il risultato di 16 a 14, grazie alle mete di Giorgio Fornari e di capitan Battaglini.

Sergio ha giocato nel ruolo di terza linea anche le due sfide di Coppa FIRA del 1954: con la Spagna a Napoli, il 19 aprile, e poi, una settimana più tardi, con la Francia allo stadio dei Centomila (il futuro Olimpico) a Roma, dove ha oltrepassato nuovamente la linea di meta.
L’8 maggio gli azzurri hanno disputato a Milano un incontro non ufficiale contro London Counties, un XV londinese in visita nel nostro Paese, vincendo 12 a 5.

Pochi giorni dopo il Grenoble ha conquistato quello che fino ad oggi è l'unico titolo del campionato francese.

Nel 1951 Sergio aveva aiutato il club rosso-blu a vincere il campionato di seconda divisione, sconfiggendo in finale il Charmes 9 a 0, ma nei due anni successivi nella massima serie la squadra non era riuscita neppure ad approdare ai sedicesimi di finale. Nella stagione 1953-54, invece, i ragazzi guidati da Roger Bouvarel, che presentava in rosa i quattro italiani Innocenzo Bionda, Duilio Parolai, Sergio Lanfranchi e Varo Cardesi, hanno scritto quella che fino ad ora è la più bella pagina della propria storia.
Dopo essere passato indenne dal girone E della complessa fase di qualificazione, il Grenoble si è sbarazzato del Mazamet ai sedicesimi vincendo con il risultato di 14 a 12 e dell’Agen agli ottavi. In questa gara Lanfranchi, che è stato schierato nel ruolo di flanker per tutto il campionato, ha marcato la meta per i suoi al 45° minuto, pareggiando così il conto con gli avversari. Alla fine gli uomini di Bouvarel hanno trionfato 11 a 3.
Ai quarti è bastato un piazzato del trequarti centro Échevet per vincere 3 a 0 il derby dell’Isère con il CS Vienne e passare in semifinale, dove è stato sconfitto l’US Romans con il risultato di 8 a 5.

La finale è andata in scena il 23 maggio 1954 allo Stadium Municipal di Tolosa, alla presenza di circa 35.000 persone. Di fronte c’era l’US Cognac, squadra che in semifinale si era sbarazzata a sorpresa del Lourdes di Jean Prat, vincendo 21 a 20 all’ultimo minuto.
La sfida è iniziata con le due linee di avanti che si sono scontrate in maniera molto vigorosa, scambiandosi “buffetti” in diverse occasioni. Il gioco, però, non si è mai alzato al di sopra della mediocrità. L'arbitro ha riportato sovente all’ordine Lanfranchi e Lagrange per il loro eccesso di vitalità e proprio un brutto fallo di Sergio sul seconda linea avversario al 22° minuto ha permesso al giovane Jacques "Jacky" Meynard, non ancora diciannovenne, di sbloccare il punteggio con un piazzato. Qualche minuto dopo Lanfranchi ha marcato una meta, ma l’arbitro Roger Taddei ha annullato per fuorigioco e il primo tempo si è chiuso con il Cognac avanti 3 a 0.
Nella ripresa il gioco ha mostrato un maggior vigore. Il Grenoble ha accentuato la pressione grazie alla posizione dominante della propria mischia. Échevet ha sbagliato un calcio di punizione facile prima della meta che ha segnato il destino della finale. Al 58° minuto, a seguito di una touche sulla linea dei 22 metri del Cognac, il pilone Martin è scattato avanti e ha dato l’ovale a Coquet. Il flanker ha servito l’accorrente Lanfranchi, il quale ha marcato sotto i pali. La trasformazione di Échevet ha avuto successo e ha portato il risultato sul 5 a 3. È così che si è chiusa la sfida, con il Grenoble a festeggiare il Bouclier De Brennus. Questa impresa è ancora oggi ricordata da un busto del nostro atleta sistemato davanti alla sede del club rosso-blu.

Il Grenoble campione di Francia 1953-54. Lanfranchi è il quinto in piedi da sinistra.


L’unica partita ufficiale giocata da Lanfranchi con la nazionale nel 1955 è stata disputata il 10 aprile proprio a Grenoble, dove gli azzurri hanno affrontato per la prima volta dal 1937 la prima squadra francese. Allenatore dell’Italia era diventato quel Bubi Farinelli che era stato il primo capitano di Sergio nel giorno del suo esordio nel 1949, coadiuvato da Aldo Invernici e Umberto Silvestri, mentre la fascia da capitano era affidata a Giorgio Fornari. Il match, che ha visto Lanfranchi schierato Numero 8, ha visto i francesi vincere 24 a 0.

Il mese precedente gli azzurri avevano vinto il Torneo di Tolosa, sconfiggendo lo Stade Toulossain e la nazionale militare francese.

Nel 1956 l’Italia ha battuto prima la Germania Ovest a Hedelburg, con Sergio nel ruolo di seconda linea che ha calciato tra i pali una punizione, e poi la Cecoslovacchia a Praga, dove Braccio, tornato flanker, ha messo sul tabellone cinque punti grazie ad una meta e ad una trasformazione.

L’anno seguente, ad Agen, il parmense ha realizzato un altro piazzato nella sfida persa con la Francia 6 a 38, così come ha calciato in mezzo all’acca un penalty a Napoli il 7 aprile del 1958, sempre con i cugini d’oltralpe. Questa volta la sfida è terminata 11 a 3 per i francesi.
Il XV dei Blues in quel periodo era l’unico affrontato dalla nostra nazionale; tra il 1957 e il 1963 le due nazionali si sono scontrate sei volte, con i nostri ha subire passivi piuttosto pesanti, terminando spesso a zero punti. C’è da dire che la panchina azzurra è stata sede di una vera e propria girandola di allenatori: da Giulio Fereoli a Sergio Barilari, da Romano Bonifazi al ritorno di Aldo Invernici.
A Chambery, il 2 aprile 1961, Lanfranchi ha indossato per la prima volta la fascia da capitano; quel giorno l'avanti azzurro ha invaso la tribuna perché stanco di sentire i tifosi francesi urlare "macaroni". Il 22 aprile dell’anno successivo a Brescia, invece, Braccio, che ha giocato in seconda linea, ha insaccato tra i pali francesi un altro penalty, concedendo così agli azzurri i primi tre punti contro la Francia nelle ultime quattro partite, dopo i tre realizzati sempre da lui nel 1958 a Napoli.

Il 14 aprile 1963, ancora a Grenoble e ancora con la Francia, nel giorno dell’esordio in nazionale di Marco Bollesan, dopo tanti patimenti gli italiani sono andati vicinissimi al successo. Era la Francia vera, quella appena giunta seconda al Cinque Nazioni, con campioni del calibro dei terribili fratelli Boniface, due trequarti centro soprannominati Les Boni, di Monsieur Drop Pierre Albaladejo e del capitano Michel Crauste, detto Le Mongol per via dei baffi. Lanfranchi, capitano azzurro, era osannato dai tifosi del Grenoble anche se giocava contro la loro nazionale. Oltre a lui, nel XV italiano c’erano altri due “francesi”: il flanker Franco Zani, che giocava nell’Agen, e Franco Piccinini, anch’egli al Grenoble in seconda linea.
La mischia dei padroni di casa, che quel giorno indossavano la maglia bianca per onore d’ospitalità, conquistava buoni palloni e lanciava i propri fantasiosi trequarti, ai quali Giorgio Troncon e Giancarlo Busson facevano assaggiare i loro duri placcaggi. Al decimo minuto Umberto “Lollo” Levorato è andato in meta, dopo anni in cui gli azzurri non erano più riusciti a valicare la linea proibita dei “cugini”. Due minuti dopo Jean-Vincent Dupuy ha raccolto l’ovale al volo, si è fatto beffe della nostra difesa e ha pareggiato i conti. A metà del primo tempo è stato il flanker Maurice Lira a marcare un'altra meta e le due compagini sono andate al riposo sul risultato di 6 a 3 per i Galletti.
Dopo un bicchiere di té bevuto in mezzo al campo è iniziata la ripresa, con Franco Perrini che ha calciato subito tra i pali un piazzato. Al 54° minuto ha schiacciato in meta Erasmo Augeri e poi è andato a punti ancora Perrini con un altro penalty. A 5 minuti dal fischio finale l’Italia stava vincendo 12 a 6, ma proprio in quel momento è arrivata la seconda marcatura di Jean-Vincent Dupuy. Poco male, la meta all’epoca valeva 3 punti, ai quali vanno aggiunti i 2 della trasformazione, e gli uomini allenati da Aldo Invernici, anche se di una sola lunghezza, erano ancora avanti. Purtroppo, ad un minuto dal termine gli avanti francesi hanno conquistato un pallone in rimessa. Il mediano di mischia Jean-Claude Lasserre ha servito Albaladejo, il quale ha prima fissato Augeri, quindi si è spostato di lato e ha servito Guy Boniface. Il più giovane dei Les Boni ha consegnato l’ovale al proprio capitano Crauste e lui lo ha regalato al trequarti ala dello Stade Montois Christian Darrouy. Con la sua potenza il ragazzo è partito in avanti, ha superato Perrini con un abile cambio di passo e ha schiacciato sull’erba in mezzo ai pali la meta del sorpasso. La sfida è finita 14 a 12 per i padroni di casa, con grande rammarico dei nostri.

La nazionale azzurra a Grenoble nel 1963. Lanfranchi è il quinto in piedi da sinistra.


A settembre, sempre del 1963, Lanfranchi ha affrontato un tour in Inghilterra e Galles schierato tra le fila di una squadra comprendente i migliori giocatori italiani chiamata Old Rugby Roma. Era a tutti gli effetti una nazionale azzurra, anche se la maglia era identica a quella dei Barbarians. Il super team ha giocato contro Harlequins e Stafford in Inghilterra e contro Swansea e Newport nel principato, subendo tre sconfitte (con i Quins soltanto 12 a 14) e un pareggio 8 a 8 con il Newport, regalando sempre grandi momenti di rugby.

Intanto, dopo avere registrato il suo nome nella storia del rugby francese, il Grenoble ha raggiunto i quarti di finale nel 1958 e nel 1959 e ha giocato una semifinale nel 1963, persa contro il Dax di Pierre Albaladejo. Proprio nel 1963, sotto la guida del nuovo allenatore Jean Lienard, il club rosso-blu ha anche raggiunto la finale della Coppa FIRA Campioni per Club, una sorta di Coppa dei Campioni con il pallone ovale.

La stagione 1964 ha visto Braccio scendere in campo due volte per la nazionale italiana. Il 22 marzo ha affrontato la Germania Ovest a Bologna, dove ha segnato la sua quarta meta internazionale al 22° minuto del primo tempo. Poi, il 29 marzo nella sua Parma, ha disputato la dodicesima sfida contro la Francia. I Galletti hanno vinto 12 a 3 grazie al piede di Pierre Albaladejo e alla meta di André Boniface.

È stata questa l’ultima sfida in maglia azzurra del fuoriclasse parmense, il quale ha rappresentato la nazionale per quindici anni, un record superato soltanto nel 2015 da un altro gladiatore come Mauro Bergamasco. I suoi 21 caps possono sembrare pochi, ma bisogna tenere conto che all’epoca si scendeva in campo a livello internazionale una o due volte l’anno. Se Sergio avesse giocato ai nostri giorni avrebbe raggiunto senza fatica le cento presenze. Sul suo tabellino compaiono cinque mete, due calci piazzati e una trasformazione.
Franco Paludetto, rugbista prima sul campo e poi con la penna, ha scritto: “Lanfranchi portava il paraorecchie bianco con il sottogola e le bande incrociate sulla testa. I capelli uscivano a ondeggiare nella battaglia come la criniera di un purosangue.

Nonostante i suoi 39 anni, però, Braccio non aveva intenzione di lasciare il gioco ed è rimasto a Grenoble sino al 1965, indossando anche la fascia da capitano della squadra. A quel punto si è trasferito al club di Montceau-les-Mines, in Borgogna, dove ha giocato sino al 1971, svolgendo il ruolo di giocatore e allenatore.

Lanfranchi era molto ben voluto in Francia; più di una volta i transalpini gli hanno offerto la cittadinanza per farlo giocare nel pack della loro nazionale. Un invito che, per nostra fortuna, è sempre stato rifiutato: "Sergio era italiano, orgoglioso di esserlo e tale rimase." (Antonio Zibana).
I tifosi d’Oltralpe lo chiamavano il Pazzo, per il coraggio che dimostrava in campo, mentre i giornali lo veneravano come uno dei giocatori più forti del mondo, scrivendo che: “il più grande pilone francese è un italiano.”. Il periodico della capitale Miroir du Rugby gli ha dedicato un’intera copertina con il titolo “il giovane gladiatore italiano.".

Nel 1968, dopo essere stato premiato con l’Ovale d’Oro dalla F.I.R., Sergio ha ricevuto dalle mani dell'allora presidente della federazione Carlo Montano le insegne di Cavaliere al Merito della Repubblica. Sono in molti che, durante la cerimonia, hanno visto il giocatore piangere come un bambino.

Una volta appese le scarpe al chiodo Braccio ha deciso di rimanere a vivere in Francia e si è stabilito definitivamente a Montchanin, tranne una breve parentesi nel 1978, quando è stato chiamato per allenare a L’Aquila. L’esperienza, però, è stata breve, a causa della mancanza di sintonia con la Federazione Italiana.

Sergio ha passato l’ovale il 21 gennaio 2001, a 75 anni, nella sua casa di Montchanin. Franco Paludetto lo ha ricordato così: “A noi vecchi giocatori è rimasto il ricordo di un campione che in campo ci metteva il coraggio, l’umiltà e la generosità, che sono le armi vincenti del rugby e le grandi doti di chi è nato povero.”.

A Lanfranchi è stato intitolato lo stadio comunale di via Piacenza a Parma. In seguito, dopo la sua demolizione avvenuta nel 2008, lo stadio è stato rimpiazzato dal nuovo XXV Aprile il quale, nel gennaio 2015, ha ricevuto nuovamente il nome di Stadio Sergio Lanfranchi.

 

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