Rugby, Chabal shock: "Non ricordo nulla della mia carriera"
Interrogativi sulla gestione dei traumi cranici e sul futuro del rugby

L’ex stella del rugby francese, il seconda e terza linea Sebastien Chabal, ha recentemente rivelato di non avere "alcun ricordo" della sua carriera internazionale con la Francia, una dichiarazione che solleva nuovamente l’allarme sulle possibili conseguenze delle commozioni cerebrali nello sport professionistico ed in particolare nel rugby.
Chabal, celebre per il suo stile di gioco aggressivo e la sua figura iconica nel mondo del rugby, ha vestito la maglia della Francia in 62 occasioni tra il 2000 e il 2011, giocando principalmente come back-row forward.

Chabal in un’intervista rilasciata sul canale YouTube Legend, ha affermato:
“Non ricordo un solo secondo di una partita di rugby che ho giocato. Nemmeno una delle 62 volte in cui ho cantato la Marsigliese prima del fischio d’inizio.”
Nonostante non abbia mai pronunciato esplicitamente il termine “commozione cerebrale”, Chabal ha lasciato intendere che la perdita di memoria possa essere legata agli impatti subiti durante gli anni sui campi di rugby. L’ex nazionale ha anche ammesso di non essersi mai rivolto a un neurologo e ha concluso con parole toccanti:
“Cosa vuoi fare, la mia memoria non tornerà.”
“Non ricordo nemmeno la nascita di mia figlia.”
Steve Thompson e la causa a World Rugby e RFU
Il caso di Sebastien Chabal si inserisce in un contesto sempre più preoccupante. Nel dicembre 2023, quasi 300 ex giocatori – tra cui i campioni del mondo inglesi Steve Thompson e Phil Vickery – hanno avviato un’azione legale contro World Rugby, la Welsh Rugby Union e la RFU, accusandole di non aver adottato misure adeguate per tutelare la salute dei giocatori.
Molti di questi atleti, incluso Thompson, hanno oggi diagnosi gravi come demenza precoce, epilessia, morbo di Parkinson e malattia del motoneurone, tutte potenzialmente collegate a traumi ripetuti alla testa.
L’intervista a Chabal riaccende il dibattito sulla sicurezza nel rugby professionistico, sollevando interrogativi sulla gestione dei traumi cranici e sul futuro della disciplina.