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Al termine del derby n.161 del Battaglini fra Petrarca e Rovigo, ad andarci di mezzo è stata la bandiera “di guerra” delle Ombre nere, il club che raggruppa un buon numero di pacifici ed equilibrati tifosi del Petrarca rugby (parlo per conoscenza diretta). Il drappo, esposto sulle ringhiere della tribuna Lanzoni, è stato trovato, a fine gara, a terra e ricoperto di sputi. Ed è diventato, insieme con il presunto errore dell’arbitro che avrebbe decretato la fine delle ostilità con quasi un minuto e mezzo di anticipo sul 40’, argomento di discussione e confronto sui social. L’ipotesi più accreditata è che i colpevoli del gesto vadano ricercati fra i giovanissimi che frequentano le gradinate dello stadio rossoblu, quindi giocatori del settore giovanile di casa, tesserati e praticanti. Bella roba, se fosse vera.

Come accade di solito in queste occasioni, la gran arte dei commenti è improntata alla dissociazione più netta, agli inviti a non fare di tutte le erbe un fascio e a distinguere fra tifosi educati (la stragrande maggioranza) e frange assolutamente residuali. La riedizione dei vecchi “compagni che sbagliano”, la stessa tiritera che riemerge ogni volta che in uno stadio di calcio salta fuori il Gino la carogna di turno a marcare la differenza. Poi c’è chi sbraca, e non avendo nulla da dire evita di stare in silenzio e assicura che “l’avessimo trovata noi (la bandiera sputazzata a terra) l’avremmo lavata e riconsegnata”. Stirata no?

Ricordo il pre partita di una finale scudetto al Plebiscito fra Benetton e Rovigo, e i giocatori di Treviso, appena scesi dal pullman diretto verso il campo di gioco per saggiarne la consistenza. E ricordo distintamente la pioggia di sputi che su di loro si abbatté, proveniente dalle prime due gradinate della tribuna sul lato dell’ingresso in campo. I più veloci si salvarono imboccando per primi il sottopasso con tettoia che collega il campo al sotto tribuna, i meno rapidi, con annessa giacca di rappresentanza per il terzo tempo in spalla: lavati. Non sono in grado di dire che età avessero gli sparatori di allora. Ma fatti due conti e risalendo il fatto alla primavera del 1992, potrebbero essere stati i padri di quelli che sabato scorso… O no?

Non lo sapremo mai. E forse è meglio così.

 

Foto Elena Barbini