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In riva al Sile con Fabio Ongaro (classe 1977, nato a Venezia, cresciuto a Casale, poi Benetton, Saracens, Aironi e 81 caps azzuri) fra pronostici, auspici, analisi solo in apparenza impietose ma attendibili, in quanto oggettive e filtrate da anni di esperienza sul campo. Con varie maglie e con alterna fortuna, ma sempre nel nome di un rugby di sostanza, vero. Più giocato che parlato. Oggi è nello staff della Benetton celtica, si occupa di mischia. Cominciamo da qualche nome.

ï         Un voto e un’idea di futuro. Simone Ferrari.
-          Ha compiuto un salto notevole di categoria (Asr in serie A, ndr), possiede tutte le potenzialità per diventare un pilone di livello internazionale. La natura gli ha dato tanto, l’occasione di crescere ce l’ha. Il resto deve metterlo lui. La questione è tutta e solo di testa. Diventerà quello che la qualità del suo impegno gli consentiranno di diventare. Dipende tutto e solo dal lui.

ï         Cherif Traore.
-          È arrivato da poco, è molto giovane, è un sinistro che abbiamo dovuto convertire a destro per esigenze interne. È reduce da un infortunio. Sospendo il giudizio. Lo aspetto l’anno prossimo nel suo ruolo naturale, augurandogli più continuità.

ï         Marco Lazzaroni.
-          È un gran lavoratore, lui la sua scelta l’ha già fatta! Si comporta come un giocatore professionista dovrebbe comportarsi. È un ottimo professionista. Ha 21 anni, ha per le mani l’occasione della vita e i mezzi per sfruttarla. Il futuro è suo, se sarà in grado di afferrarlo, glielo auguro.

ï         Federico Ruzza, il nuovo arrivato.
-          Non ho fatto in tempo a giocarci insieme ma ultimamente l’ho seguito in più di un’occasione. Me ne avevano parlato molto bene, quel che ho visto ha confermato quanto si diceva di lui. L’ho conosciuto personalmente: ottimo carattere, persona equilibrata e molto curata nella forma. La prima impressione è stata ottima. Ora, tanto per cambiare, sta a lui…

ï         Ma per giocare “là davanti”, venti, ventidue anni, non sono pochi?
-          In prima linea di sicuro. Il picco di massimo rendimento per un pilone o un tallonatore non arriva prima dei 27. Il consolidamento, quello stato di assoluta affidabilità che dura fino al termine della carriera, si definisce al meglio fra i 29 e i 30. È vero però che anche da giovane si possono fare passi importanti nella costruzione della propria cifra tecnica. La ricetta è semplice e nota a tutti.

ï         Lavorare?
-          Per la precisione: lavorare, lavorare, lavorare. C’è da dire che l’approccio a una fase tanto delicata del gioco come la mischia ordinata mi pare che, da noi, sia vissuto in maniera corretta e costruttiva. In Italia, intendo. Non che fare mischie sia divertente… Però vedo dedizione e molta seria applicazione. Buon segno. Senza una mischia chiusa affidabile non si fa molta strada. In Pro 12 come in serie B. Il rugby è rugby!

ï         Passiamo al Pro 12, che rugby si gioca, e non solo in chiusa?
-          Io lo chiamo: il rugby dei dettagli. Nel senso che, più si alza il livello medio di competenza delle squadre e dei giocatori in campo, più sull’esito finale del confronto pesano i particolari. A volte minimi, talmente sottili che sono in pochi a notarli, non certo il grande pubblico, non certo chi risolve tutto leggendo i numeri finali sul tabellone segnapunti.

ï         Davvero?
-          Garantito. Treviso in questa stagione celtica ha perso partite anche con 40 punti di scarto. Analizzate le quali si è scoperto che oltre i due terzi dei punti subiti sono stati generati da piccoli ma fondamentali errori esecutivi. Un calcio di alleggerimento che non esce per pochi centimetri, una salita difensiva ritardata di meno di un secondo, un angolo di corsa appena appena troppo largo, o stretto, una legatura a chiudere un drive… Piccole, piccolissime cose, che al cospetto di avversari di alto livello si traducono in punti subiti. A volte in misura davvero notevole.

ï         Errori per evitare i quali…?
-          La ricetta cambia di poco. In questo caso è: ripetere, ripetere, ripetere. Ovviamente: i gesti che abbiamo eseguito in maniera non corretta, e quindi inefficace. Semplice, a bene vedere, ma faticoso! E con tempi di realizzazione lunghi, lunghissimi

ï         Nel senso?
-          Che volendo arrivare a 100, passare da zero a 90 è, tutto sommato, anche abbastanza semplice. Il difficile comincia quando si vuole passare da 90 a 91, e poi fino a 92, magari 93… E se per arrivare a 90 ho impiegato 3 anni, per toccare 91 me ne occorreranno 5, per il 92 saranno 6… Quando dico che, al momento, i risultati del campo non sono la cosa più importante nel bilancio di Treviso in Pro 12 intendo esattamente questo. Lavoro in corso!

ï         Questo vale per le franchigie e anche per la Nazionale?
-          Soprattutto per la Nazionale! Anche perché in Nazionale il rapporto con i giocatori è meno continuo, più episodico. In un club è più facile programmare e seguire passo passo l’evoluzione dei singoli e del gruppo. Club ben strutturati aiutano la Nazionale, non viceversa.

ï         Lo dicono anche i fatti. Due irlandesi di Pro 12 in semifinale di Champions…
-          In compagnia di un’inglese e una francese, prodotti di due campionati che non lavorano per le rispettive Nazionali. Si tratta di modelli differenti. Tutto sta a scegliere e, se possibile, a scegliere bene.

ï         Ongaro, che la Premiership la conosce bene, cosa consiglia?
-          Non ho dubbi. Scelgo la via irlandese: club controllati dall’ente centrale e da esso coordinati per il bene della nostra massima espressione. Lo fa anche la Scozia, guardate Glasgow! Lo fa il Galles, stiamo provando a farlo anche noi. Occorre insistere e, soprattutto, crederci.

ï         I club di Eccellenza potrebbero non essere del tutto d’accordo, idem quelli di serie A…
-          Sbagliano, sbaglierebbero se davvero non condividessero una tale impostazione di fondo. L’Eccellenza è scesa di livello, lo so. La cosa è del tutto naturale: via i 70 migliori, spostati in Benetton e Zebre, era ovvio che la media si abbassasse. Ma ai club io chiedo una sola cosa: fate giocare i giovani! Usate il meglio che il nostro movimento di base riesce a produrre e concedete ai migliori opportunità di crescita. I giovani buoni ci sono, ma trovano poco spazio nei club. E questo non è bene.

ï         A proposito di serie A, il suo Casale è retrocesso…
-         L’aver mancato di pochissimo la poule promozione qualcosa, all’interno del gruppo, secondo me ha danneggiato. Forse ha tolto certezze, alimentato dubbi. Non so. Ma sono cose che succedono, nello sport come nella vita. Inutile tentare di capire.

ï         Scudetto?
-          Calvisano. Che in finale batterà il Petrarca che in semifinale farà fuori Rovigo semplicemente perché ha dimostrato di essergli superiore nel corso dell’intera stagione, e non solo negli scontri diretti. Ma sull’esito della sfida tricolore ho davvero pochi dubbi. Mi spiace per il mio amico Andrea Cavinato, ma è così. E qualcuno doveva pure dirglielo!

 

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