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Dove e quando è stata giocata la prima partita di rugby in Italia? Sulla questione si dibatte da quando la storia della disciplina ha conosciuto un rinnovato interesse, attirando l’attenzione di alcuni appassionati le cui ricerche intendono ampliare l’orizzonte dei libri “classici” di Giuseppe Tognetti, Luciano Ravagnani e Francesco Volpe. Il novero delle città candidate è ristretto, mentre chi scrive ritiene che documenti alla mano la prima partita disputata in Italia sia da considerare quella del 27 marzo 1910 al Velodromo Umberto I° di Torino. Non Bologna, Genova o Roma, dunque, non Milano nonostante il ruolo decisivo svolto nel primo sviluppo della palla ovale, ma sede dell’esordio assoluto sarebbe il capoluogo piemontese che si appresta ora ad ospitare gli All Blacks.

Una prima possibile partita a Bologna

Andiamo con ordine nello scoprire le varie ipotesi. Cronache documentano una possibile partita a Bologna già il 10 maggio 1891 sotto la regia di Daniele Marchetti, cultore dell’educazione fisica nativo di Vicenza, il quale è anche il primo a nominare il rugby nel suo trattato “Salute e forza. I giuochi ginnastici nelle scuole”. Sappiamo che nello spazio di piazza Otto Agosto si sarebbero confrontate due squadre composte di atleti giunti per celebrare il ventennale della prestigiosa società ginnastica Virtus (quelle “V nere” che poi diventeranno sinonimo di basket). Sappiamo anche che lo spettacolo fu sgradito al pubblico, che abbandonò la piazza fischiando per il gran polverone e le regole incomprensibili. Non vi è tuttavia certezza che si sia trattato proprio dello sport della palla ovale e non di calcio, se non addirittura di un rabberciata miscela dei due, vista la confusione che circondava ancora i due codici del “foot-ball” di importazione britannica, l’Association e il Rugby. Marchetti ci avrebbe riprovato a Milano nel 1897. Divenuto docente all’istituto tecnico Cattaneo, organizza una sfida fra i suoi e gli studenti del Bonaventura Cavalieri nel cortile del Castello Sforzesco. «Interessantissima partita di “Palla a Calcio” giuocata da 40 giovani», informa la Gazzetta dello Sport, «durò un’ora e mezza senza che alcuna fazione potesse vantarsi di avere vinta una meta». Di nuovo, di quale foot-ball si tratta?

Ai genovesi piacerà invece sapere che la primogenitura ligure è confortata da una nota del più qualificato storico della disciplina, l’inglese Tony Collins. In “The Oval World” Collins scrive che “il rugby era stato giocato da espatriati inglesi nel 1893 a Genova, mentre partite venivano disputate regolarmente fra le navi della Royal Navy Mediterranean Fleet in sosta al porto”. La notizia rimane comunque piuttosto vaga e qualora fossero effettivamente avvenute, queste sfide fra marinai britannici avrebbero carattere comunque accidentale. La città ligure per ora si deve accontentare di aver dato i natali al calcio. Va ricordato il tentativo nel 1909 di fondare una squadra di rugby nell’ambito del Genoa Cricket & Football Club. Il progetto viene però scartato per l’indisponibilità di un terreno “erboso e soffice” ritenuto indispensabile “per evitare delle disgrazie”. Resta a Genova anche il primato dell’impianto più lungamente in uso al rugby, quello di San Martino oggi denominato Carlini-Bollesan. Su quel terreno, allora Stadio della Nafta, un pallone ovale cominciò a rimbalzare il 26 dicembre 1928, quando si incontrarono i francesi del Lancey Sport (Grenoble) e i torinesi della Michelin.

Sono tracce consistenti quelle che conducono a Roma grazie alle fonti rese note dallo storico dello sport Marco Impiglia. Nella capitale esperimenti di pratica della palla ovale daterebbero 1906 se non addirittura 1901. L’ambito è quello dei club polisportivi cittadini, Lazio e Virtus, e l’ipotesi è senz’altro legittima poiché gli atleti in divisa biancazzurra sperimentavano a quel tempo le più svariate discipline d’importazione, dalla pallanuoto alla pelota basca. Una notizia del Messaggero rivela a proposito dell’esibizione della Virtus che “il gioco nuovo per Roma, in quanto chè varia dal «foot-ball association» potendosi anche fare uso delle mani, piacque molto alla folla accorsa in piazza d’Armi” (20 marzo 1906). L’iniziativa tuttavia non ebbe seguito.

Pietro Mariani, il padre del rugby italiano

Chi si impegna maggiormente a diffondere la palla ovale è l’ingegnere milanese Pietro Mariani, il quale può ritenersi a tutti gli effetti il padre del rugby italiano. Rientrato da un soggiorno in Francia, dal 1909 si adopera nella promozione con articoli e lettere sui giornali. Al contempo allestisce una formazione con l’amico italo-francese Emmanuel Gibert e cerca ospitalità nei terreni cittadini, “dalla Cagnola al Sempione, dall’Acquabella alla Bovisa”. Dopo un’interessamente del Milan rossonero Gibert e compagni sono infine accolti nell’alveo dell’Unione Sportiva Milanese, terza forza calcistica meneghina.

L’attività di Mariani trova un riscontro a Torino per l’interessamento dell’avvocato Corrado Corradini, che compie frequenti viaggi a Parigi dove il rugby è già popolare. Pioniere del giornalismo sportivo, Corradini sarà il fondatore del “Guerin Sportivo”. L’idea di mostrare lo spettacolo della palla ovale ai torinesi si concretizza con l’invito ad un club parigino di buon livello, lo Sporting Club Universitaire de France, forse per il contatto di Emmanuel Gibert che ne era stato giocatore. L’appuntamento è per il 27 e 28 marzo 1910 (giorni di Pasqua e Pasquetta) al Moto Velodromo Umberto I°, sede del Torino Football Club. Si tratta dei primi incontri autenticamente organizzati fra due squadre e a favore di un pubblico: per questo motivo, mi sembra, luogo e data possono essere adottati come il punto di partenza per l’avventura della disciplina nella penisola. La stampa contemporanea ci offre ampia documentazione dell’evento, propagandato in grande stile a Torino. E’ stata disposta, infatti, “larga réclame con immensi cartelli tipo americano”. A fare da sparring-partner allo Scuf è stata chiamata una squadra ginevrina, il Servette, che per il vero si dedica prevalentemente alla pratica della palla rotonda. Lo stesso capitano degli svizzeri, l’ingegnere genovese Edoardo Garrone, è un buon calciatore tanto da avere capitanato anche la nazionale rossocrociata nel suo esordio del 1905.

Scuf a Torino

Secondo la cronaca (di certo parziale) della Stampa Sportiva al Velodromo Umberto I° sarebbero convenuti circa tremila spettatori, in un’atmosfera che possiamo immaginare di belle époque. Per l’alta società cittadina, che ammira gli stili di vita francesi, la dimostrazione del nuovo sport è un’occasione di esibizione. «Tutta Torino elegante e sportiva vi accorse; veri bouquets di elegantissime signore affollarono la vasta tribuna sfarzosamente addobbata». In campo i parigini si impongono nettamente. I più in evidenza sono il capitano Jules Cadenat, stella del Béziers che si sta laureando in diritto nella capitale, e il guizzante Paul Vasseur: più volte campione di Francia nel nuoto, bronzo nella pallanuoto alle Olimpiadi del 1900, parteciperà a quattro edizioni dei Giochi fino ad Anversa 1920. Ai francesi viene donata una targa d’oro e a Cadenat un prezioso portasigarette; ai perdenti e all’arbitro Émile-Georges Drigny una medaglia d’argento.

Da un fonte meno coinvolta, quella della Gazzetta dello Sport, sappiamo invece che l’evento si risolse in un fallimento tanto che “buona parte del pubblico abbandonò il giuoco dopo il primo tempo per giungere ancor in tempo ad assistere all’ultima ripresa dell’Association giuocata, però, in altro campo”. Certo è che alla replica del giorno seguente presenziarono appena una manciata di spettatori e che rapidamente lo slancio degli sportivi torinesi si sarebbe spento. “A dispetto del sacro entusiasmo che ci invase tutti, poco a poco la buona volontà cominciò a far difetto”, ricordò lo stesso Corrado Corradini. Di palla ovale si tornerà a parlare alla fine degli anni Venti grazie a Mariani e al gruppo dei pionieri milanesi, con la nascita della Federazione che porta la data del 1928. Da Torino il contributo di quella che possiamo considerare la prima partita di rugby in Italia, in attesa che la ricerca consegni i documenti per riscrivere la storia.

 

Elvis Lucchese, storico dello sport, è autore di “Pionieri. Le origini del rugby in Italia, 1910-1945”, Piazza Editore.