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Il 2022 volge al termine, con i classici alti e bassi che ogni anno porta con se. Il rugby italiano, per la prima volta in sette anni, ha dato una sonora risposta dai piani alti, con la Nazionale maggiore che ha mostrato il carattere perso nel corso di 36 dure sconfitte consecutive al Sei Nazioni.

Certo non abbiamo disperato, perché tra Italia Under 20 convincente e una Nazionale Femminile sempre motivata e in crescita, la palla ovale Azzurra ci ha fatto esultare in più occasioni. Ma vedere una Nazionale Maggiore vincente ai test match, come mai visto prima, e una vittoria strappa lacrime a Cardiff ci hanno restituito un posto di rilievo nella Tier 1, posto che mancava da tanto tempo. E poi l'exploit dei nuovi talenti: Ange Capuozzo rivelazione dell'anno, l'annata eccellente di Pierre Bruno, Lorenzo Cannone, Tommaso Menoncello. Gli Azzurri sempre più destinati ai campionati francese e inglese, dove trovano impieghi di rilievo: Paolo Garbisi e Federico Mori titolari con Montpellier e Bordeaux, il ritorno di Marco Riccioni in campo con i Saracens, Danilo Fischetti ai London Irish e tanti altri giocatori ormai sui libri paga dei club stranieri segnano un punto di svolta del rugby italiano.

Detto ciò, senza perderci in chiacchiere, diamo uno sguardo a tutto ciò che ci è piaciuto (in primis il rugby Azzurro) e al peggio di questo 2022 ovale.

 

 

Il meglio

L'ITALIA MASCHILE: sei anni, tanto ci abbiamo messo per battere una nazionale Tier 1. La vittoria del 19 marzo a Cardiff ha terminato la striscia di 36 sconfitte consecutive al Sei Nazioni. Poi le vittorie con Samoa e Australia, a cui aggiungerei il bel primo tempo con il Sudafrica, che sembrano aver segnato una svolta della nazionale Azzurra. Sarà la determinazione e le scelte di Kieran Crowley, ma i risultati di questa Italia dicono già qualcosa sul livello tecnico e sull'esperienza di un commissario tecnico che sa badare ai dettagli.

L'ITALIA FEMMINILE: le ragazze restano un passo avanti agli uomini. Due vittorie al Sei Nazioni (con Scozia e Galles) e poi il bel risultato in Rugby World Cup, con i due successi su USA e Giappone con la qualificazione ai quarti di finale (la prima per una seleziona azzurra ai Mondiali) a fare da ciliegina sulla torta.

ANGE CAPUOZZO: La sorpresa dell'anno, incoronato da World Rugby con il premio riservato al giocatore rivelazione. Un livello di gioco e una capacità di visione fuori dal comune. Cinque mete internazionali in appena 7 caps. Senza tener conto del buon esordio con Tolosa in Top14. Tutto grasso che cola, sicuramente un giocatore che mancava alla nostra nazionale. Speriamo di scoprirne altri così!

L'IRLANDA: Hanno raggiunto la vetta... ma bisogna fare tanto per mantenere il primato. Tre successi con gli All Blacks in sei mesi sono un biglietto da visita invidiabile. C'è chi parla di successo precoce, il che non va sottovalutato. Nel rugby Tier 1 c'è tanta variabilità, e i Verdi dovranno sudare ancora se vogliono arrivare ai Mondiali 2023 da favoriti.

IL SUDAFRICA: più Springboks che All Blacks. Nonostante la Nuova Zelanda il Championship lo abbia vinto alla fine, i sudafricani restano il "carro armato" che tre anni fa sollevò la Coppa del Mondo. Una mischia devastante e una tre quarti unica. Molti a criticare Nienaber per l'affezione alla squadra campione del Mondo, invece il coach ha dimostrato di sapere come valorizzare gli esordienti.

CLARA MUNARINI: designazioni di prestigio per lei quest'anno. Sei Nazioni, Rugby World Cup in Nuova Zelanda (Galles-Scozia e Fiji-Sudafrica), in più il fischietto di Parma ha diretto la finale di Coppa Italia tra Petrarca e Fiamme Oro, primo arbitro donna a dirigere una finale seniores maschile.

LA GEORGIA: la vittoria con Italia e il Galles preso in sordina hanno dato uno sprono in più verso il rugby che conta. Da anni si insidiano tra le big del Sei Nazioni e queste vittorie (più il successo sfiorato con Samoa) potrebbero essere un motivo in più a spingere il board ad ampliare il numero di partecipanti... magari nascerà un nuovo evento europeo?

LE BLACK FERNS E WAYNE SMITH: sesto titolo mondiale per le campionesse indiscusse del rugby femminile, il secondo consecutivo, e ancora una volta vinto contro l'Inghilterra. Con loro una guida di tutto rispetto, quella di Wayne Smith (a suo tempo dato vicino all'Italia in qualità di consulente per la difesa). Dodici vittorie consecutive per il coach neozelandese. Una vittoria che vale una rinascita: quattro anni fa all'ex allenatore di Benetton, Casale e Crociati, venne diagnosticato un tumore alla prostata, cosa che lo ha tenuto lontano dalla panchina per tre anni. Guarito dalla malattia è tornato al suo posto, vincendo il titolo mondiale e il premio di allenatore dell'anno World Rugby.

PARISSE ANCORA LI' A 39 ANNI: Sergione non ne vuole sapere di dire basta. Presenza fissa in Top14 da ben diciotto anni. A Tolone tutti a credere che avrebbe riscaldato la panchina, invece no! Sergio è sempre lì, titolare, in terza linea. In meta contro le Zebre, in meta in campionato, l'uomo ovunque che può ancora risolvere una partita. Gli anni avanzano ma lui sente ancora di voler giocare e questo non può che inorgoglirci!

LORENZO CANNONE E PIERRE BRUNO: Esplosi nei test match autunnali, si sono rivelati delle pedine fondamentali nei due reparti degli Azzurri. Speriamo di vederli performanti anche al Sei Nazioni. 

PAOLO GARBISI CAMPIONE IN TOP14: L'ultimo Azzurro a trionfare in un campionato di massima serie fu Michele Campagnaro, nel 2017, con gli Exeter in Premiership. Garbisi quest'anno solleva il Bouclier de Brennus, raggiungendo il traguardo già ottenuto da Parisse, Martin Castrogiovanni, Diego Dominguez, Mauro Bergamasco e Gonzalo Canale.

 

 

Il peggio

L'ESONERO DI JONES E PIVAC: c'è da essere chiari sulla questione, perchè entrambi questi coach hanno dalla loro grandi meriti. Eddie Jones ha portato l'Inghilterra ad una finale Mondiale, oltre ad aver incassato tre Sei Nazioni. Pivac, in appena due anni, ha vinto un Sei Nazioni con i Dragoni. Detto questo... il trattamento scelto è stato eccessivo? Nì. Jones è stato criticato in patria per i metodi dittatoriali e forse troppo militareschi, Pivac è stato il capro espiatorio di un'annata ovale affatto positiva per il Galles (le sconfitte con Georgia e Italia, la rimonta subita dall'Australia pesano tanto). Fatto sta che esonerarli restano due escelte eccessive per le aspettative di WRU e RFU. A questo va aggiunto un costo, in termini economici, che le federazioni potevano "sparagnare" visto che toccherà spendere altri bei soldini per liquidare i contratti dei due allenatori.

L'ARBITRAGGIO DI NIKA AMASHUKELI IN IRLANDA-ITALIA: il georgiano fa carriera, World Rugby lo ha messo nell'elite e nel 2023 dirigerà Francia-Scozia al Sei Nazioni. Ma la prima sfida, quella di Dublino dello scorso 27 febbraio, meglio che resti nel dimenticatoio. Nulla da ridire sul risultato di gara, perchè quell'Irlanda ci avrebbe battuti lo stesso, ma le scelte hanno un peso. Quel rosso ad Hame Faiva, dopo appena diciotto minuti di gioco, ci poteva anche stare nessuno lo mette in dubbio, ma soprassedere su un fallo analogo (anzi fotocopia) subito da Pierre Bruno... beh questo no! A questo la scarsa comunicazione, che emerge nel momento in cui il direttore di gara georgiano, per stabilire la parità numerica in mischia, manda "arbitrariamente" fuori dal campo Toa Halafihi!

IL GALLES: sicuramente non uno degli anni migliori per i Dragoni. Ma non diamoli per finiti. Parafrasando Ian Kirkpatrick "Non si può battere il Galles, al massimo si possono segnare più punti di loro".

...L'ITALIA MASCHILE: sì, gli Azzurri stanno nel meglio e nel peggio, perché se da un lato ci sono le belle performance di novembre, dall'altro c'è la vittoria sofferta di Lisbona con il Portogallo e la sconfitta subita a Batumi con la Georgia (in mezzo l'ampio successo con la Romania).

 

 

 

Foto Twitter @christydoran