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La mattinata trascorsa alla Guesthouse di Kyoto non è servita unicamente a strutturare i gironi della prossima Rugby World Cup.

Il World Rugby Council ha votato per una decisione molto importante di cui si era discusso già in passato: il periodo di residenza dei giocatori stranieri per garantire l'eleggibilità per la Nazione in cui giocano. 

E il World Rugby Council ha deciso: si passa da tre a cinque anni di residenza. In questo modo si inasprisce il meccanismo attraverso cui i rugbysti cambiano Union di appartenenza per poter giocare gare internazionali. I membri del Consiglio hanno approvato all'unanimità la regola in questione, sostenendo l'importanza di una riforma finalizzata all'integrità e la sanità del rugby internazionale, facendo si che i giocatori abbiano un legame "stretto e credibile" con la nazionale che rappresentano. 

L'estensione del periodo di residenza da 36 a 60 mesi entrerà in vigore a partire dal 31 dicembre 2020. Essa sarà preceduta dall'entrata in vigore di altre regole correlate: 

- l'ammissibilità ad essere eleggibili a quei giocatori che hanno cumulato 10 anni di residenza (in vigore dal 10 maggio 2017)

- le Union non possono nominare le proprie squadre Under 20 come loro successiva nazionale maggiore (in vigore dal 1° gennaio 2018)

A riguardo queste le parole del vicepresidente World Rugby Augustìn Pichot: "questo è un passo storico verso la tutela del rugby, dell'etica e della statura del rugby internazionale. Rappresentare la propria nazionale è la ricompensa a quei giocatori che hanno dedicato la loro carriera alla propria Nazione".

Fondamentali le scelte prese in questo mercoledì ovale, nello scenario orientale della terra nipponica, in cui c'è stato tempo per apportare modifiche anche all'organigramma di World Rugby: Bernard Laporte è stato eletto nuovo membro del Comitato esecutivo e prenderà il posto del connazionale Pierre Camou. Alfredo Gavazzi è stato nominato al Comitato consultivo del bilancio World Rugby.

 

Foto Twitter @WorldRugby