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Articolo pubblicato su Allrugby numero 145

La strada tracciata per genealogia, con quel papà lì sarebbe stato difficile crescere pensando che la vita non fosse una continua mischia. E così per Niccolò Zago, figlio di Vanni, pilone e rugbista vecchio stampo, ritrovarsi da bambino a maneggiare un pallone ovale è stato solo un naturale passaggio, come imparare a camminare o pronunciare la prima parola. La scuola al Cus Padova, come fu per Vanni, all’inizio da terza linea, con papà che gli scandiva in continuazione il verbo: “Ricordati sempre la schiena!”. E quel consiglio è servito, eccome, negli anni del Petrarca, quando con un’intuizione delle sue Andrea Cavinato decise di spostarlo nel cuore del problema, da flanker di peso a pilone di movimento: “All’inizio ero perplesso - racconta Niccolò - non è facile accettare un cambiamento del genere. Poi ho capito che la scelta era giusta e il cerchio si è chiuso: pilone sinistro papà Vanni, pilone sinistro io. L’onore della famiglia era salvo”.

Poi la scelta di vita, due anni fa il concorso in Polizia, l’arruolamento nelle Fiamme Oro, il futuro assicurato e il presente colorato di cremisi e di voglia di scudetto: “Una scelta che rifarei anche oggi, alle Fiamme Oro c’era Gianluca Guidi che mi dava garanzie sulla bontà del progetto, una squadra sempre giovane e sempre alla ricerca di fare un passo in avanti anno dopo anno, tante possibilità di crescere lavorando. E se mi guardo indietro dico che tutto quello che avevo pensato si sta realizzando...”.

Eppure le Fiamme Oro sembrano sempre una splendida incompiuta, un rifugio sicuro dove mettersi al riparo dai pericoli di un futuro incerto: “Forse in passato, forse nell’immaginario di chi ci osserva dall’esterno, ma posso dire che in questi due anni in cui sono stato a Roma abbiamo sempre alzato il livello del nostro lavoro e della nostra ambizione. Siamo una squadra giovane, solo lavorando tutti con le stesse motivazioni e lo stesso obiettivo si può crescere. Quest’anno i risultati, mi sembra, stiano lì a dimostrare che stiamo andando nella giusta direzione”. Una scelta, però, che potrebbe aver escluso Niccolò Zago dal giro più grande, da un sogno azzurro: “Il mio è stato un percorso diverso da quelli che oggi si fanno per raggiungere l’alto livello. Io sono figlio della scuola dei club, cresciuto nella provincia del rugby italiano, senza passare per programmi federali, Accademie, selezioni. Capisco e vedo come quel percorso produca giocatori di livello, ma soprattutto crei ragazzi che già a 20 anni sono strutturati, hanno alle spalle tante ore di rugby e di lavoro di qualità, una grande differenza rispetto a quello che potevo essere io alla loro età. L’importante è avere sempre un obiettivo di crescita, io per esempio non ho abbandonato l’idea di poter un giorno fare il percorso che stanno facendo i miei compagni di squadra Licata e Canna e respirare un po’ di atmosfera internazionale. D’altronde si sa che i piloni ci mettono un bel po’ a maturare...”.
Eppure la nidiata accademica dei Lovotti, Zilocchi, Fischetti, Riccioni, Drudi, sembra aver già prenotato il prossimo decennio in azzurro. Stiamo tornando un Paese di piloni? “Finalmente c’è un po’ di concorrenza e può far solo bene. Sono giovani e hanno già la consapevolezza di giocatori di alto livello, ma devono fare ancora tanta esperienza. Il pilone è un ruolo maligno, guai sentirsi arrivati prima di iniziare”.

Un anno da vivere in prima linea... “Come tutti quelli della mia vita! Vorrei finire ogni partita contento per aver dato tutto quello che avevo dentro. Mi piace tanto il gioco aperto, forse ricordo del mio passato da flanker, mentre devo migliorare la visione di gioco”.

 

di Valerio Vecchiarelli

 

 

 

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