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Articolo pubblicato su Allrugby numero 145

Davide Ruggeri è stato uno dei protagonisti della prima parte della stagione del Rovigo. E racconta come da trequarti a terza linea il passo può essere breve.

“Quando uno pensa di essere arrivato, per lui è già finita”. Vent’anni di saggezza, quelli di Davide Ruggeri, flanker che a Rovigo sta vivendo la prima stagione in Top12, e lo fa da titolare della maglia n. 6. Umiltà sembra più di una parola d’ordine per il ragazzo comasco: è un propellente che, raccontano i suoi compagni del minirugby, non è mai mancato nel suo serbatoio di giocatore.

Un percorso verso l’alto senza saltare nemmeno un passaggio: dal centro federale U16 all’Accademia di zona, dall’Accademia nazionale all’ingresso definitivo nel mondo seniores con la società polesana, dopo i campionati di Serie A prima con l’Asr Milano e poi con il XV “accademico”. Nel frattempo, anche la Nazionale giovanile (U17, due anni in U18 e altri due in U20) con tanto di fascia da capitano nel 2016/2017 e nel 2018/2019.

“Ho cominciato a 12 anni - racconta - prima giocavo a tennis e riuscivo bene ma volevo anche provare uno sport di squadra. Sono partito dal rugby e mi sono fermato lì: amore a prima vista. Nel Rugby Como (società in cui ha iniziato anche Stefano Betti, pilone del Mogliano in Top12, ndr) sono partito come trequarti, estremo o ala. È durata un bel po’, perché non ero tanto grosso ma in compenso ero veloce. Tutta l’U14 e l’U16 (compreso il centro di formazione a Varese), più il primo anno di Accademia U18. Nel frattempo ero cresciuto e i due tecnici dell’Accademia, Daniele Porrino e Andrea Di Giandomenico, mi hanno proposto di cambiare e andare in terza linea. A me bastava giocare per essere felice, ovviamente ho dovuto imparare delle cose nuove ma è stato bello. Hanno avuto ragione”.

Un metro e 90 per 103 chili, le dimensioni giuste sono arrivate. E le soddisfazioni pure, soprattutto in azzurro. Prendiamo l’U20: un quarto e un quinto posto nel Sei Nazioni (con tre vittorie su 10 partite giocate) sono un bottino senz’altro accettabile, mentre ai Mondiali - dove in passato si lottava al massimo per non scendere nella seconda divisione - l’ottavo posto nel 2018 è stato seguito dalla nona piazza dell’anno scorso, quando a retrocedere è stata a sorpresa la Scozia. “Quella di affacciarsi alle competizioni internazionali - dice Davide - è stata una opportunità non da poco. Giocare in due edizioni del Sei Nazioni significa trovarsi di fronte ragazzi della tua età che però spesso giocano a un livello più alto del tuo. D’altronde anche noi negli ultimi anni abbiamo dimostrato di avere elementi all’altezza, e ora li vediamo nella Nazionale maggiore”.

Ruggeri cita i vari Cannone, Fischetti, Riccioni, Licata, Zilocchi. Tutti passati dalle Accademie. “Un sistema che farà vedere in pieno i suoi risultati tra qualche anno. Ma intanto dico che a me è servito tantissimo e d’altronde abbiamo seguito quello che altri Paesi fanno da tanto tempo. I ragazzi hanno a disposizione strumenti di crescita notevoli e sono inseriti in un ambito professionale”.

Ma non c’è il rischio di fare un passo indietro andando poi in un club del Top12? “Se devo basarmi su questi mesi a Rovigo posso dire che se ti vuoi impegnare hai tutto per prepararti come si deve: parlo dei due allenamenti al giorno e di tutto il lavoro individuale che si può fare. E poi un passaggio nel Top12 può aiutare a migliorare l’approccio sul piano fisico. Se si finisce nel club giusto vale la pena”.

E Rovigo... “Rovigo è una storia a parte. Un pubblico fantastico, che si emoziona quando vede l’attaccamento alla maglia. C’è rispetto per lo spirito di sacrificio. Ti fermano per strada, ma non per chiederti l’autografo: ti invitano a cena, ti fai degli amici. C’è un legame forte con la gente, è logico affezionarsi”.

Nella prima metà della stagione i rossoblù hanno conquistato la Coppa Italia (“Bella emozione, peccato per il campo un po’ distrutto dalla pioggia: a noi piace correre...”) e anche il titolo ufficioso di campioni d’inverno. Davide è partito molto spesso dal primo minuto, è già andato in meta ed è già stato nominato man of the match (in Coppa Italia contro il Colorno, ndr).

Tra le sue caratteristiche mette un buon rendimento in touche e una velocità che può derivare anche dagli inizi come trequarti. “Forse mi sento un po’ più numero 7 ma queste sono sfumature. I miglioramenti devo farli in tante aree. Intanto dovrei avere un fisico un po’ più pesante e dominante, poi chiaramente bisogna crescere nella mole di lavoro, placcaggi fatti, palloni recuperati e così via. Spero di continuare a crescere, confermarmi in prima squadra e rimanere un altro anno a Rovigo. C’è un grande staff che lavora per noi, i consigli di Casellato e Properzi (capo allenatore e tecnico della mischia, ndr) sono molto utili”. Alle spalle c’è una preparazione atletica estiva alle Zebre, con cui Ruggeri ha giocato un match di Pro14 la stagione scorsa come permit player. “So che ci tengono d’occhio, magari arriva qualche altra chiamata”. Una porta aperta sul futuro, forse. Davide non esclude nulla, nemmeno la possibilità - da rugbista adulto - di andare all’estero. “Perché credo che sarebbe una esperienza importante: mi aiuterebbe anche fuori dal campo, ad esempio a migliorare la conoscenza delle lingue. La maturità in Economia e turismo l’ho presa, ora mi sono iscritto a Scienze motorie e poi vorrei specializzarmi in Economia e management dello sport. Non posso concentrarmi completamente sulla carriera nel rugby. Bisogna costruirsi da subito la strada per un’alternativa. Non siamo mica calciatori...”.

 

Davide Ruggeri è nato a Como il 7 maggio 1999. Questa è la sua prima stagione in Top12. L’anno scorso è stato titolare in tutte e cinque le partite del Sei Nazioni e in quelle del Mondiale U20. Con le Zebre ha disputato una partita da permit player contro i Cardiff Blues a novembre 2018.

 

 

di Giacomo Bagnasco

Foto Massimiliano Sandri

 

 

 

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