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Leonardo Ulises Gamboa, coach argentino e attualmente allenatore della squadra di serie B Caimani Rugby Viadana Cadetta, ci commenta il cambio delle regole rugbistiche che entreranno in vigore da questa stagione. Gamboa, ex pilone destro ed ex allenatore della mischia di L’Aquila e Viadana, dice la sua sul cambio del regolamento in mischia chiusa.

Cosa ne pensi del cambio delle regole in mischia?

Le regole sono cambiate perché si sta cercando di velocizzare il gioco. In particolare nella mischia vengono fatti dei piccoli passi indietro per porre più chiarezza sul regolamento.
Quando allenavo all’Aquila nella stagione 2013/2014, per esempio, per l’introduzione della palla in mischia veniva chiamato il mediano dicendo “Sì, nove”: a metà stagione, la regola è stata tolta perché si avvantaggiava la squadra in difesa.
Il cambiamento delle regole non fa la differenza sul modo in cui lavoro: introdurre il tallonaggio non significa smettere di spingere tallonando, porti la palla dietro e, se spingi, è solo un vantaggio. La mischia di Viadana non dovrebbe avere problemi, visto che è stata la mischia più prestante della scorsa stagione. Nei Caimani abbiamo sempre tallonato per dare velocità e dinamicità al gioco.
Anche le Fiamme Oro saranno avvantaggiate: l’anno scorso, la mischia portava la palla dietro all’otto, Amenta, che prontamente la prendeva dalla seconda linea. Questa tecnica prima era calcio contro, ora no.

 

E’ difficile trovare dei piloni da inserire nelle rose?

E’ la problematica che io ed il mio staff stiamo affrontando nei Caimani. Il pilone è un ruolo molto specifico: mentre un’ala puoi adattarla a centro, un dieci ad estremo e così via, il pilone non puoi inventartelo. Bisogna aiutare i giovani a crescere rugbisticamente fin dalle giovanili, seguendoli costantemente.

 

Dall’Eccellenza alla serie B: perché?

Non ho smesso di allenare la mischia di Viadana in virtù del cambio delle regole, bensì perché non mi sentivo più attratto dal progetto, non avevo più stimoli e avevo bisogno di cambiare. Ero indeciso, infatti, anche su alcune proposte di lavoro all’estero. Non sono dispiaciuto di aver lasciato spazio a Sciamanna, che sicuramente avrà modo di crescere come allenatore. Io ho preferito concentrarmi sui giovani e sulla Cadetta. Per me, allenare è un continuo studiare e migliorarmi.
Questa stagione è il mio terzo anno di collaborazione con i Caimani Rugby, squadra che ho seguito negli anni scorsi mentre allenavo anche la mischia di Viadana. I Caimani sono una squadra di giovani provenienti dalle giovanili di Bondanello (Moglia) e di Viadana: mi è sempre piaciuto lavorare con i giovani, per aiutarli a crescere e a svilupparsi rugbisticamente. L’obiettivo di un club credo sia quello di far crescere i giocatori del proprio vivaio giovanile per puntare sempre più in alto: come è successo nel 2013 all’Aquila, una squadra composta tutta da giovani aquilani con cui ho vinto la serie A.
Mi è piaciuto fin dall’inizio il progetto dei Caimani e credo che diventeranno fonte indispensabile per Viadana. Intraprendere almeno un campionato di serie B è indispensabile per far crescere ex giocatori dell’Under 18 che puntano all’Eccellenza.
Per me è stimolante lavorare con questa Cadetta che disputa il girone veneto, paragonabile alla serie A di anni fa: è un girone difficile, ricco di squadre che hanno anni ed anni di storia.

 

Torniamo al rugby giovanile, ti stai occupando del settore propaganda e dell’Under 14 del Viadana…

Sì, non mi dispiace seguire il rugby di base, anzi volevo tornare a quel livello per provare a cambiare un po’ la mentalità rugbista ed aiutare i giovani a formarsi. Avrei preferito lavorare su tutto il settore giovanile per seguire i giovani dall’Under 14 all’Under 18, aumentando poi il numero di giocatori che possono essere indispensabili per la Cadetta e, in futuro, per l’Eccellenza. Io credo che i giovani abbiano possibilità di crescita.

 

E per quanto riguarda l’educazione?

Bisogna abituare un giocatore fin dalle giovanili a fare ciò che è bene per la squadra: parliamo di togliersi le scarpe prima di entrare nello spogliatoio, pulire la panchina o sistemare lo spogliatoio dopo le docce. Quando si tratta di squadre di uomini già formati, punire i giovani per il mancato senso di ordine e pulizia della squadra è come punirlo perché è giovane. L’educazione non è mai un problema di età. La vera cultura di squadra è fare ciò di cui la squadra ha bisogno. Non bisogna dettare le regole o scriverle ovunque per renderle note: è il gruppo che crea lo spirito di squadra.
Il capitano dei Caimani Rugby Viadana, Matteo Manghi, è un esempio sia in campo che fuori, oltre che nella vita. Se i giovani vedono che lui raccoglie la spazzatura, pulisce la panchina e sistema lo spogliatoio, lo seguiranno da esempio.
Bisogna valorizzare chi fa per insegnare a chi non fa.

 

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Foto Francesca Pone