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Polla Roux, sudafricano da molti anni in Italia (vive dalle parti di Boara Pisani, provincia di Rovigo), è stato sulle panchine di Petrarca e dei rossoblu polesani prima di  approdare in serie A al Valsugana con il ruolo di coordinatore tecnico. In piena emergenza, un anno fa di questi tempi, con la squadra in lotta per non retrocedere, invischiata in una Pool salvezza che non prometteva niente di buono, è stato chiamato al capezzale di un malato che in molti avevano valutato in fase terminale. Ma che invece, sotto la sua guida, non ha più perso una partita, guadagnandosi sul campo il diritto a disputare un altro anno in serie A. A circa 12 mesi di distanza il Valsugana (Giovanni Boccalon, Luca Faggin, Dario Zanato e Sandro Bovo nello staff) sta marciando con il vento in poppa verso la semifinale per l’Eccellenza, dopo aver dominato la prima fase e il girone dei migliori, vincendo in casa e in trasferta con squadra apparse non esattamente poco attrezzate.

·         Tutto con la stessa squadra?
-          Quasi.

·         Il neozelandese Roden a parte…
-          Vero, Luca Roden a parte. Lui ci ha dato quella sicurezza nella gestione del gioco e quella serenità in attacco che nello scorso campionato ci erano mancate. Luca ha un piede molto preciso, le sue percentuale superano regolarmente il 90%. Superare la linea dei 10 e sapere di poter contare su uno che la butta dentro…

·         È un bell’andare, non ci sono dubbi. Altro di nuovo?
-          Un ragazzo inglese, capitato a Padova per turismo e in cerca di un lavoro. Si chiama Jed (Chappled, ndr), il lavoro non l’ha trovato, ora svolge lavoretti per il club, si occupa dei campi e delle piccole manutenzioni. Il suo ruolo è pilone, pensavo di inserirlo nella rosa della squadra cadetta che disputa il campionato di serie C, invece si è guadagnato un posto in prima squadra. Parte dalla panchina e quando è in campo fornisce un contributo importante, utile alla causa.

·         Va bene, l’organico è grosso modo quello della stagione scorsa. Ma qualcosa, se non qualcuno, deve essere cambiato. O no?
-          Mi piace sottolineare che a cambiare è stato l’approccio mentale dei ragazzi al campionato. Niente proclami, niente obiettivi, profilo basso, siamo partiti per salvarci a Natale e per evitare la roulette russa della Pool retrocessione. Abbiamo vissuto il campionato domenica dopo domenica, raccogliendo il frutto di un lavoro serio e applicando un piano di gioco elementare che si è rivelato vincente.

·         Nessuna pressione da parte della dirigenza?
-          Nessuna. Devo riconoscere al presidente e ai membri del consiglio direttivo e a tutto l’ambiente, il merito di averci fatto lavorare nella migliore delle condizioni possibili. Vicini alla squadra ma mai invadenti. Propositivi ma ma inopportuni. I ragazzi hanno molto apprezzato e, sul  campo, hanno risposto dando il massimo, sempre. Anche in partite, penso a quella recente con Colorno, che pensavamo sinceramente di perdere, magari di poco per tornare a casa con un punto di bonus. E invece…

·         Della serie: quando le cose vanno bene possono solo migliorare?
-          No. Direi, molto più banalmente, che a volte, non spessissimo in verità, uno più uno da come risultato tre.

·         E questo accade quando…?
-          Quando nella testa di ogni componente del gruppo scatta quel magico meccanismo mentale in forza del quale si acquisisce la consapevolezza che nessun risultato è precluso in partenza. E che tutte le battaglie vanno, prima di tutto, combattute. Niente di nuovo, lo ammetto, però…

·         Funziona!
-          Funziona. Confermo. Noi ci siamo arrivati con una politica che chiamerei “dei piccoli passi”. Obiettivi minimi da raggiungere, che una volta raggiunti ne svelano altri, poco distanti ma… un poco più in alto. E poi ancora un po’, e poi, e poi ancora, e poi…

·         E poi c’è l’Eccellenza, cos’altro?
-          Io veramente intendevo che il nostro attuale “più in alto” è rappresentato dalla partita con Udine. Che vogliamo vincere perché un successo ci darebbe la matematica certezza del primo posto nella Pool. Un passo alla volta, confermo.

·         Allarghiamo il discorso. Che rugby si gioca in serie A?
-          Se lo confronto con quello dell’Eccellenza, mi sento di affermare che le due realtà non sono così distanti fra loro. Le nostre attuali concorrenti hanno buona organizzazione e piani di gioco credibili. Certo, il rigore esecutivo a volte difetta, ma i miglioramenti sono costanti.

·         Nello specifico?
-          Di Colorno mi piace l’intensità, di Udine la capacità di circolazione della palla, del Brescia la solidità davanti e l’ottima predisposizione all’uso intelligente degli spazi allargati. Verona ha grosse potenzialità e la Tarvisium di Green sta usando questa seconda fase per inserire giovani. Una gestione che considero oculata delle risorse. Nel complesso: un campionato interessante. Niente mischia chiusa pesante, poco mobile e pedatoni in avanti per avanzare come unica chiave tattica della gara.

·         E l’Eccellenza?
-          Vedo favorito Calvisano. Qualità dei singoli e degli stranieri a parte, quello è un gruppo che prima di tutto sa vincere. Sa come si fa. Nella corsa allo scudetto sarà la mentalità a fare la differenza.

·         E dietro?
-          Il Petrarca di Cavinato gioca e vince, è molto prolifico in attacco e ha una rosa molto profonda. Io l’ho visto giocare e, devo confessare, non ho visto un gioco particolarmente evoluto. Ma i punteggi finali dicono il contrario. Mi sarò distratto…

·         Rovigo?
-          Poca continuità, giocatori di qualità e alcune idee chiare quanto a modalità di utilizzo dei palloni. Non credo basterà a battere il Petrarca nella doppia semifinale.

·         Quindi: finale Calvisano – Petrarca?
-          Questo è quanto mi pare di aver colto dalle partite cui ho assistito.

 

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Foto Alfio Guarise