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Non diciamo che sia una favola ma una bella storia di rugby, di quel rugby che sa sempre darti una seconda possibilità, di quel rugby che premia il coraggio, la voglia di fare e di rimettersi in gioco per raggiungere i propri obiettivi.

Parliamo del genovese Paolo Pescetto (21 anni compiuti a gennaio), che venerdì 4 marzo ha esordito in ProD2 con Narbonne (il club di Rocky Elsom, dell'ex Zebre Daniel Halangahu e di Saia Fekitoa, fratello del campione del mondo All Blacks Malakai) nel match perso per 23-7 contro Bourgoin. Ce lo ricordiamo bene questo ragazzo quando con i suoi compagni del Cus Genova era venuto al Milano Rugby Festival 2013 a giocare il torneo seven con il Team Rugbymeet, aveva appena 18 anni e ci raccontava che per giocare in prima squadra in serie B (allora il Cus Genova si era appena guadagnanto la promozione in A) i suoi genitori avevano dovuto firmare una liberatoria ovviamente.

Bravo, tecnico e forte, insomma un bel giocatore di rugby. Unico difetto? Forse un po’ piccolino, ma il nostro sport è pieno di piccoletti che hanno fatto una gran carriera e sono o sono stati dei campioni.

Riportiamo il bell’articolo pubblicato da Massimo Calandri nel suo blog Terzo-Tempo su La Repubblica

“Domenica pomeriggio Tommaso Allan ha segnato 23 punti con Perpignan nel match di ProD2 che vedeva i catalani affrontare Béziers. Lo stesso giorno e nello stesso campionato ha giocato un’altra giovane apertura italiana: Paolo Pescetto, 21 anni e 20 minuti in regìa col Narbonne. Pescetto a 17 anni era già titolare in serie A con il Cus Genova, belle mani e ottimi piedi, gran placcatore. Ma non rientrava nei parametri del nefando “progetto statura” che ha inquinato le selezioni giovanili azzurre. E così, per poter imparare il rugby di un certo livello ha dovuto emigrare in Francia. In silenzio, nel totale disinteresse di quelli che in Italia dovrebbero formare i futuri campioni – ora vi diranno che gli hanno messo gli occhi addosso da tempo: non dategli retta, bugiardi -, quasi vergognandosi di tanta passione e caparbietà. Il ragazzo ha talento e carattere, l’esordio in prima squadra in un club così prestigioso dovrebbe far drizzare le orecchie – e rimordere le coscienze – a tanti. Ma no, sono cose che evidentemente non interessano a chi ha la responsabilità di dare un futuro a questo sport. Forse Paolo avrebbe dovuto emigrare in qualche isola del Pacifico, e inventarsi un cognome esotico con tante vocali. Ecco, magari allora lo avrebbero convocato in Nazionale, un giorno.”

Giusto o sbagliato che sia questo famigerato progetto statura il ragazzo ne ha preso atto ed è andato all’estero a continuare il suo percorso di formazione, faticosamente, impegnandosi, da professionista.

Gli facciamo i nostri complimenti, Paolo ha raggiunto uno dei primi obiettivi e ora tifiamo perché raggiunga i prossimi!

 

Foto Fanny Haas