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Marco Bortolami, il professore. Padovano, figlio d’arte (il padre Pasquale fu buon tallonatore in serie A negli anni’70), formato nel vivaio del Petrarca, attuale specialista della rimessa laterale in Pro12 nello staff Benetton di coach Crowley, 112 caps azzurri fino al Mondiale 2015, due stagioni a Narbonne, quattro a Gloucester, carriera conclusa con la maglia delle Zebre.

·         Partiamo dalle belle notizie. Benetton – Ospreys 13-5. Che partita è stata?
-          Bella, mi verrebbe da dire. Vera, per come si è sviluppata nell’arco dei due tempi. Dura, per l’impegno che entrambe e squadre hanno messo in campo. Vincente perché Treviso ha evidenziato quella crescita cui sta lavorando da tempo.

·         Ottenuta contro un avversario…
-          Venuto a Treviso per vincere, non certo per turismo.

·         Fattori determinanti del successo?
-          Nel primo tempo la nostra capacità di imporci nella zona di collisione, nella ripresa la capacità di prolungare il possesso. E su tutto: le fasi statiche gestite al meglio.

·         Si temeva il gioco al piede tattico dei gallesi…
-          Una fase di gioco che sanno governare al meglio. Ne eravamo consapevoli, ci abbiamo lavorato sopra e, sul campo, abbiamo messo in atto le contromisure appropriate. La differenza di cilindrata fra noi e loro è un dato oggettivo, impossibile da cambiare, per ora. Ma se continuiamo con questo trend…

·         Sarà un finale di stagione…
-          Fatto di partite che per noi avranno il sapore di altrettante finali e che affronteremo con lo spirito di chi vuole cominciare a raccogliere i frutti del lavoro svolto. Incontreremo: Scarlet, Edimburgo, Munster e Zebre. Più che le ultime giornate del campionato 16-17, le prime di quello 17-18.

·         Ma che campionato è questo Pro 12 Celtico?
-          Attualmente direi: una competizione a tutti gli effetti di alto livello. Certo, in Premiership ogni partita è un Test match e l’intensità è ancora sensibilmente più elevata. Ma dopo il 2010, superato il momento di appannamento delle due irlandesi più forti, direi che la distanza si è accorciata, abbiamo riempito parte del solco che ci divideva. Lo dicono gli andamenti delle Coppe europee. Credo che gli Ospreys, per rimanere all’attualità, potrebbero ben figurare anche nel massimo campionato inglese.

·         …dove, intensità e folle a parte, di rugby manovrato se ne vede pochino. O no?
-          Vero. Anche per via dei campi da calcio…

·         In che senso?
-          Wasps, Leicester, London Irish giocano su campi di dimensioni ridotte rispetto agli standard del rugby internazionale. Campi da calcio, appunto. Altri club dispongono di impianti comunque più stretti, quando anche non più corti. Logico che: alta intensità, spazio ridotto… Fasi statiche, autoscontri e tanto gioco al piede.

·         Sei Nazioni. Che edizione è stata?
-          Bella e avvincente come era logico che fosse. Ma dal punto di vista tecnico non mi pare abbia detto cose nuove. Nel senso di: non conosciute o non previste alla vigilia.

·         Nel senso?
-          Ha vinto un’Inghilterra che, sfida con la Scozia a parte, non credo abbia dato il meglio che è in grado di produrre in termini di qualità complessiva del gioco. Non mi ha stupito né sorpreso che abbia perso a Dublino. Peraltro contro un’Irlanda deludente e che aveva una sola possibilità di salvare il proprio Torneo. Battendo l’Inghilterra, appunto, come ha fatto. Confido che per gli inglesi la battuta d’arresto contro i verdi avrà l’effetto di una medicina. Amara ma… utile.

·         E le altre?
-          Francia in fase di profondo rinnovamento. Se non di rifondazione. Non so quanti e quali giocatori arriveranno al prossimo Mondiale. Noves è uno che sa dove mettere le mani, ha a fiducia dell’ambiente, potrebbe confezionare una grande Nazionale. O fallire come hanno fatto altri prima di lui. Il campionato francese è un dilemma e il movimento di cui è espressione è tutto tranne che facile da decifrare. Il Galles deve decidere cosa farà da grande. I giocatori di alto livello non gli mancano. Ma le seconde scelte e le terze non sono all’altezza del resto del gruppo.

·         Scozia?
-          Per me: la vincitrice morale del Torneo. E non tanto perché ha battuto l’Irlanda all’esordio, ma per come ha giocato. Quello scozzese non è un movimento ricchissimo, non ha i numeri della Francia o dell’Inghilterra, però ha capitalizzato al meglio la ricchezza di Glasgow e il contributo dei giocatori più esperti. Il tutto convivendo con una serie non banale di infortuni e assenze.

·         L’Italia?
-          Ha pagato dazio a un ricambio generazionale che era ed è nell’ordine naturale delle cose. La Nazionale che abbiamo visto all’opera è lo specchio fedele di quanto il movimento è, al momento, in grado di produrre. Credo che il Sei Nazioni abbia consentito a O’Shea di avere un quadro oggettivo della realtà e di cominciare a capire su chi o su cosa sia giusto, sensato e vantaggioso puntare in chiave futura. È del tutto evidente che abbiamo perso contro gente più forte di noi. Non ci resta che crescere. Sperare che siano gli altri a calare…

·      Segue le partite dell’Eccellenza?
-          Più di una, sì. È il campionato dove mi sono formato.

·         Chi vincerà lo scudetto?
-          Il Calvisano perché è il più abituato a giocare finali, il Rovigo perché non ha alcuna intenzione di toglierselo dalle maglie, il Petrarca perché ne ha una gran voglia e dispone di un’ottima rosa.

·         Quindi: chi?
-          Chi arriverà più fresco mentalmente e integro fisicamente alla finale.

·         Marco Bortolami e il futuro: ancora e sempre specialista della rimessa laterale?
-          Un mio vecchio allenatore inglese mi ha insegnato che la carriera di un allenatore non si programma e non si misura sulla base dei prossimi cinque anni. Ma dei prossimi trenta. Ho molto da imparare e molto da vedere. Non ho fretta. Voglio diventare un tecnico competente e credibile. Ci sto lavorando.

 

 

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