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Dal 2002 veste la maglia azzurra della Nazionale Italiana di Rugby, dal 2008 ne è diventato il capitano, il simbolo, la bandiera che sventola all’estero, prima su Parigi quando per 14 anni ha giocato per lo Stade Français, ora su Tolone nella sua nuova pagina di una illustre carriera. Sergio Parisse è il giocatore più presente nella storia del rugby italiano con la bellezza di 142 caps, l’ultima presenza nella Rugby World Cup in Giappone chiusa in anticipo con una partita, quella contro gli All Blacks, cancellata a causa del tifone Hagidis.

Sergio Parisse ha 36 anni ma non poteva certo chiudere la sua carriera in azzurro con una partita cancellata. “Ha rovinato i nostri Mondiali, ma ormai è storia passata. Vorrei chiudere con il prossimo Sei Nazioni, ma prima ne devo parlare con Franco Smith” dichiara il capitano azzurro dal Secolo XIX.

 

Franco Smith guiderà l’Italia almeno fino al prossimo 6 Nazioni in sostituzioni del dimissionario Conor O’Shea, Parisse conosce bene il tecnico sudafricano di cui è stato compagno di squadra a Treviso con la maglia del Benetton Rugby. “Il prossimo allenatore dell’Italia per fare bene dovrà avere rispetto per la nostra storia e capire chi sta allenando. Inglesi e neozelandesi sono più rigorosi di noi, ma non avranno mai la nostra passione. Non si può fare copia e incolla con altre culture. Noi tendiamo però ad accontentarci, a rilassarci, per questo serve un tecnico che sappia mantenere alta la tensione. Franco ha giocato e allenato in Italia - e io sono così vecchio da aver giocato con lui a Treviso - conosce bene il nostro ambiente. Può fare bene.”

 

L’Italia non vince nel Sei Nazioni dal 2015, con Conor O’Shea, salvo l’exploit con il Sudafrica, non ha mai battuto una nazionale che conta. Il ciclo di O’Shea è stato fallimentare? “No. - risponde Parisse dal Secolo XIX - Per me è stato importantissimo: per quello che Conor ha dato in termini di organizzazione, di crescita delle franchigie. Rispetto a 4-5 anni fa l'Italia ha molta più profondità in tutti i ruoli”.

“Io gioco in Nazionale da 15 anni e i progressi li ho visti. Certo, avessimo vinto due o tre partite in più - contro Tonga nel 2016 dopo la vittoria sul Sud Africa, contro la Francia e la Scozia nell'ultimo Sei Nazioni - i progressi sarebbero stati più consistenti. Si poteva fare meglio. Ma è inutile recriminare. Ora dobbiamo pensare a dare il meglio nei prossimi 8-12 anni”

 

Come si potrà fare meglio? Parisse si sbilancia, cosa rara, rispondendo a come il rugby italiano e la Nazionale potranno crescere. “Dalla base. Dai giovani. Allargando il bacino, dando a tutte le società campi e infrastrutture, lavorando su formatori e tecnici. E poi bisogna portare il rugby al Centro Sud, non accontentarsi di quello che succede al Nord.”

 

A 36 anni che traguardi si è scelto per Sergi Parisse per il 2020?
“Vorrei vincere qualcosa a Tolone, il mio nuovo club dopo tante stagioni a Parigi. E poi battere l'Inghilterra all'Olimpico il prossimo marzo: sarebbe un finale da favola.”

 

Sergio Parisse ora ha 142 caps internazionali, il terzo giocatore al Mondo livello di presenze dietro solo al gallese Alun Wyn Jones (143) e al due volte campione del mondo con gli All Backs Richie McCaw (148). Che l’obbiettivo del numero 8 nato in Argentina sia battere ogni record e salire nell’Olimpo del rugby mondiale?

 

 

 

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