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In Italia ultimante stiamo assistendo a una buona crescita per quanto riguarda le nazionali giovanili Under 18 e Under 20. Una crescita tramutata poi in buoni risultati in considerazione del 4° posto dell’Italia U20 all’ultimo Sei Nazioni di categoria e all’8° posto nel Ranking ottenuto al Mondiale U20 giocato lo scorso Giugno in Francia. Perché allora i risultati delle nostre nazionali giovanili poi non si rispecchiano in quelli della Nazionale Maggiore? Perché il gap del rugby di casa nostra aumenta in maniera esponenziale superati i 20 anni?

Abbiamo provato a dare una risposta a queste domande parlando con Nick Scott, ex Head of coach per la RFU (una sorta di allenatore degli allenatori della federazione inglese), oggi Direttore Sportivo del Rugby Colorno. Per 12 anni dai suoi uffici a Twickenham sono stati formati migliaia di allenatori inglesi. Il 57enne originario di Lincoln (Inghilterra) risponde così alle domande di Rugbymeet.

 

Hai avuto modo di conoscere il sistema delle Accademie in Italia, cosa pensi del lavoro che si sta facendo qui?

“Non ho visto direttamente sul campo il lavoro svolto qui dalle Accademie, lo ho osservato solo da lontano. Ma ho parlato con dei colleghi inglesi che stanno osservando molto attentamente le selezioni Under 18 e Under 20 italiane, dicono di essere ben impressionati, sono squadre molto competitive.”

Nick, nonostante il gap che c’è tra Italia e Inghilterra a livello di cultura rugbistica e a livello di numero di tesserati, hai notato anche tu che le selezioni italiane U18 e U20 stanno facendo bene. Perché i buoni risultati delle nostre nazionali giovanili non si ripetono a livello Seniores o con la Nazionale maggiore?

“Non c’è la stessa concentrazione sullo sviluppo dei giovani giocatori una volta che questi sono usciti dalle accademie. Questi giovani, superati i 20 anni, passano nelle squadre seniores di Serie A e Top12 dove l’obbiettivo principale è vincere. La ricerca della “vittoria ad ogni costo”, che sia per vincere il campionato, accedere ai playoff, o salvarsi, limita enormemente la creatività dei giocatori, i giovani hanno quindi paura di sbagliare perché altrimenti l’allenatore non li farà giocare.”

“Italia U20 è competitiva perché sia fisicamente che a livello di skills individuali è a un livello ancora molto simile a quello delle altre Union.”

Nick Scott però vuole precisare.

“Questo è un problema che c’è, in un certo senso, anche in Inghilterra dove in alcuni club  spostano il focus delle squadre U14, U16, U18 sulla vittoria. Si scelgono ragazzi fisici e grossi. Piccoli gruppi di ragazzi con le giuste qualità fisiche vengono seguiti maggiormente rispetto al resto dei giovani. Penso ci vogliano gruppi più grandi di lavoro e vedere poi col tempo se qualche ragazzo, magari inizialmente in dubbio, può migliorare.”

Hai lavorato molti anni con la RFU (federazione inglese). Come si risolve questo problema in Inghilterra?

“In Inghilterra abbiamo i campionati delle seconde squadre, li i giovani possono crescere liberamente senza il “peso” di dover vincere a tutti i costi. Ma voglio sottolineare che anche imparare a vincere è una skills.”

“Forse qui in Italia il sistema dei campionati giovanili porta gli allenatori a scontrarsi nel muro del “dover vincere” e non a concentrarsi sull’effettivo sviluppo dei giocatori. Posso dirvi che nei campionati giovanili inglesi non ci sono fasi di Barrage o Playoff. Hanno solo le Coppa delle regioni. Inoltre nei campionati giovanili  ogni giocatore in lista gara deve giocare almeno metà partita. E’ una regola!”

Vivi a Colorno da qualche mese, Parma dista pochi chilometri. Hai avuto modo di assistere a qualche partita delle Zebre? Cosa pensi dello stato attuale della franchigia federale?

“Le Zebre all’inizio mi hanno molto impressionato, ho assistito alle vittorie con Bristol e Edimburgo, mi hanno ben impressionato per il tipo di gioco che facevano. Poi probabilmente è passato il “momentum”, forse i troppi infortuni e la mancanza di una rosa ampia hanno pesato sulla performance della squadra.”

Le Zebre però hanno molte meno risorse economiche rispetto a squadre come Leinster e Munster per allestire una rosa numerosa e competitiva…

“Faccio l’esempio del Galles, là ci sono campionati non professionistici ma di alto livello dove c’è un reale scambio di giocatori tra il Club e le squadre di Pro14 quando la franchigia ha bisogno. E’ una cosa che in Italia si sta facendo con i permit players dal Top12 ma questa sinergia avrebbe bisogno di essere sviluppata ancora molto. La cosa migliorerebbe l’ambiente attorno alla franchigia e ne gioverebbe anche il livello delle squadre che collaborano con essa.”

Capitolo Sei Nazioni: le tue favorite per questo torneo?

“Questo è un Sei Nazioni molto interessante in ottica Rugby World Cup. Nessuno vorrà tirarsi in dietro, testeranno il livello per il mondiale.”
“Ci sono 3 nazionali che a mio avviso puntano a vincere il 6 Nazioni: Irlanda, Inghilterra e Galles. In questo ordine. Ma attenti al Galles perché ha gli sconti diretti in casa”.

 

Un piccolo squadro verso la Coppa del Mondo.

“Per vincere la Rugby World Cup c’è bisogno di 30 giocatori di altissimo livello. L’Irlanda li ha, l’Inghilterra è vicina ad averli, il Galles non ancora e il suo obbiettivo maggiore sarà testare durante queste partite una rosa di 30 giocatori. Warren Gatland può fare due scelte: spremere i migliori giocatori al Sei Nazioni per vincere, oppure testare la squadra per la Coppa del Mondo e capire quale giocatore servirà portare in Giappone.”

 

E dell’Italia cosa pensi?

“Se fossi in Conor punterei tutto su battere la Scozia la prima partita e mi concentrerei sulla Francia nell’ultima partita del torneo. La Francia probabilmente non punterà a vincere il 6 Nazioni quindi potrebbe arrivare all’ultima giornata già fuori dai giochi. Quella sarebbe una buona opportunità.”

“L’Italia ha fatto molto bene a Novembre nel test contro l’Australia, se gli azzurri riusciranno a giocare a quel livello probabilmente riusciranno a vincere queste due partite.”

 

 

Il calendario del Guinness 6 Nazioni 2019

Foto Rugby Colorno

 

 

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