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Marcello Cuttitta, ex ala azzurra (54 caps e 52 mete con l'Italia) ed ora presidente de IDP Italian Classic esprime le sue considerazioni direttamente dal Principality Stadium di Cardiff dopo la sconfitta dell’Italia nell’ultima giornata del 6 Nazioni. Le sue dichiarazioni dal comunicato ufficiale di Italian Classic:

 

Presidente, che partita ha visto?

Assistere alle partite dal vivo è diverso che tramite la video analisi. Permette di percepire l’atmosfera, parlare con i tifosi. E la sensazione è che ormai questa sia una Federazione al capolinea. Non c’è fiducia, l’atmosfera anche scrutando i volti attorno dei rappresentanti federali era che si presagisse già il duro risultato. Ma 67 punti fanno male non solo alla Nazionale ma a tutto il movimento e sono il frutto di quanto si è seminato negli ultimi anni.

 

In questo torneo hanno esordito tanti giovani. Come li ha visti?

Innanzitutto bisogna sempre fare i complimenti ai ragazzi che scendono in campo, mettendoci la faccia e dando sempre tutto. I pesanti risultati non sono certo causa loro, ma frutto di una mancanza da imputare alla Federazione. Non c’è un progetto sportivo adeguato per far crescere il movimento. Ci sono tanti esordienti che hanno l’opportunità di fare esperienza, è giusto ma questi giovani devono arrivare all’alto livello con una preparazione diversa da quella che attualmente viene loro data. 

 

Cosa manca ancora?

Ci sono gravi pecche nelle skills di base come placcaggio e passaggio, mancanze tecniche individuali che a questo livello si pagano. Non le hanno perché il percorso precedente non è sufficiente: i settori giovanili sono di livello mediocre, ci sono troppe soste nei calendari che fanno sì che si giochi poco e male e che andrebbero riformulati. La competitività bisogna acquisirla prima di entrare nell’alto livello. 

 

Meritiamo il Sei Nazioni?

La Nazionale italiana si è meritata questo posto e non è accettabile l’idea di perdere l’occasione di rimanerci per colpa di mancanze e scelte sbagliate. Negli sport ci sono alti e bassi, ma qui è un problema più profondo. E non dimentichiamo che la Federazione è espressione di un movimento, è espressione della scelta di qualcuno che ha espresso il proprio voto. 

 

Che futuro vedi per il rugby italiano?

La strada è lunga ma non serve demoralizzarsi. Ci sono forze nuove e soprattutto competenti che potrebbero aiutare e facce vecchie che sarebbe ora lasciassero spazio a idee nuove. Quelle proposte negli ultimi anni hanno fallito e nessuno ha pagato. Il Presidente Gavazzi ha più volte detto di voler una FIR più vicina ad un modello aziendale. Benissimo, io sono uomo d’azienda e so che in azienda ci si dà degli obiettivi con cadenza regolare. Poi si attuano delle verifiche per capire se sono stati raggiunti, e se così non è si cambiano strategie e persone. Ma evidentemente l’attuale gestione pensa ad un modello di azienda familiare con porte chiuse e solite facce…