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Lanfranco Massimi, aquilano, avvocato, già capitano del XV neroverde, esperto di diritto sportivo e consulente di molte realtà che hanno a che fare con lo sport dilettantistico, nel 2005 ha superato l’esame (il primo nella storia del rugby italiano) acquisendo la qualifica di Agente sportivo. Procuratore, secondo la definizione che della sua attività si è soliti dare.

  • Come ha cominciato?
  • Interpellato dai miei compagni di squadra di allora, che si chiamavano Caione, Castellani e Zaffiri. I quali, sapendo della mia attività di avvocato, mi avvicinarono per avere una consulenza amichevole in tema di contratti e di accordi economici. Sono stati loro a “mettermi in mezzo”. Ma soprattutto sono stati loro che mi hanno spinto ad addentrarmi in un campo, quello del diritto sportivo e della contrattualistica degli sportivi, che poco conoscevo e che mai avevo frequentato.
  • La sua attività forense ha lambito più di una volta il mondo dello sport…
  • Ho difeso ciclisti accusati di doping, ho preso parte ad arbitrati nel mondo del calcio e sono stato consulente del Sole 24 ore per alcune importanti ricerche sulla contrattualistica del settore dilettanti. Fare l’agente di rugbisti è solo una delle mie attività professionali, non certo la sola. Molto banalmente: non riuscirei a vivere occupandomi solo di rugby.
  • Perché la concorrenza è tanta e spietata o perché nell’ambiente ovale di soldi ne circolano sempre meno?
  • La seconda che ha detto, senza alcun dubbio. Pe ragioni anagrafiche, vengo dal rugby della pagnotta e di qualche raro e scarno rimborso spese. Ho vissuto in prima persona il passaggio a quello che doveva essere un regime di professionismo allargato. Che non ha generato l’effetto pronosticato da qualcuno per la semplice ragione che il mercato non si è autoalimentato. E senza risorse che non siano quelle derivanti dal Sei Nazioni, di strada non se ne può fare moltissima.
  • Fra i suoi assistiti ci sono molti giovani?
  • Quella di rivolgersi a un agente per tutelare i propri interessi appena raggiunta la maggiore età è una realtà che si è manifestata negli ultimi anni. A quanti si rivolgono a me faccio sempre un discorso molto preciso: non è facile né scontato diventare Sergio Parisse o Mauro Bergamasco. Il successo va sempre e solo ai migliori, e la strada che porta a diventare i migliori è piena di buche, ostacoli e salite difficili da affrontare. Accarezzate pure il vostro sogno, ne avete il diritto, quasi il dovere, ma tenete presente che più del 90 per cento di voi non potrà vivere di rugby. Perciò studiate e, superati i 23 anni senza essere approdati almeno a una franchigia di Pro 14… Trovatevi un lavoro, o tenetevi quello che avete.
  • Qual è la reazione a un tale preambolo?
  • La maggior parte dei genitori concorda e si allinea. I ragazzi reagiscono con un misto di incredulità e di diffidenza. Questione di maturità. Ma dal momento che stupidi e superficiali non sono, qualche anno dopo seguono il mio consiglio. Almeno quelli che, nel frattempo, non hanno abbandonato la scuola o il percorso di formazione professionale intrapreso. Si possono fare 4 allenamenti alla settimana e continuare a dare esami, e persino avere un lavoro part time!
  • Monetizzando, quanto arriva nelle tasche di questi giovani che decidono di provare a fare il grande salto?
  • Da 5mila a 10 mila euro all’anno, non di più. a pochi viene concesso l’uso di un’automobile e a quasi tutti, da qualche tempo in molti club, viene imposto di pagare le utenze dell’appartamento dove abitano. La trovo un’iniziativa meritoria, serve a far comprendere il reale valore delle cose e induce a comportamenti maturi. Della serie: non tutto è gratuito e dovuto, anche se ti piacerebbe che lo fosse.
  • E chi diciottenne o diciannovenne non è, in una formazione di Eccellenza?
  • I meglio pagati arrivano a 30 mila euro lordi a stagione, più casa e quasi sempre anche un’auto.
  • Lordi?
  • I primi 7.500 euro sono esenti da tasse, una soglia che dovrebbe salire a 10 in tempi brevi. Il resto, fino a 28 mila circa è tassato al 23 per cento, oltre: ritenuta d’acconto normale, con eventuale cumulo e conguaglio.
  • Cifre con cui non si può esattamente pensare di non avere altre attività lavorative…
  • Evidente. L’Eccellenza è destinata a caratterizzarsi come il campionato dei giovani che sono in attesa di compiere il salto verso il professionismo e di coloro che dal professionismo ritornano, per fine carriera o per scelta. Aggiungiamoci una cinquantina di stranieri, restano circa 150 giocatori che costituiscono lo zoccolo duro del torneo e che, di fatto, ne garantiscono la continuità. E nessuno dei quali, sia chiaro, potrà mai pensare di vivere di rugby.
  • E gli allenatori?
  • Fra 25 e 30 mila euro a stagione in Eccellenza, se ricoprono altri ruoli all’interno del club anche qualcosa di più, ma non moltissimo. In serie A si parte da molto meno e sono privilegiati gli ex giocatori del posto e automuniti, meno problemi con la casa e niente benefit. Ci sono eccezioni, è vero, ma sono molto poche. L’Aquila, che ha disputato l’ultima finale con Firenze per la promozione in Eccellenza, aveva un regime di rimborsi spese che non superava i 500 euro mensili, il Valsugana di Padova mi dicono che paghi a minuti giocati. Inutile stupirsi, la realtà è questa. A rugby, prima di ogni altra cosa, si è sempre giocato per passione. Sarà ancora così, almeno me lo auguro, dal momento che un’alternativa, molto semplicemente, non c’è.

 

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Foto Elena Barbini