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"Quando giocava Ivan, salivano dal campo melodie forti e dolci come se ci fosse uno zingaro, figlio del vento, a suonare il violino." (Franco Paludetto)

Lo chiamavano "zingaro", per via dei capelli lunghi e della carnagione scura, e anche "indiano", sempre per lo stesso motivo. Vederlo correre era uno spettacolo. La velocità, il cambio di passo, la leggerezza: sembrava danzasse al ritmo di una musica che solo lui sentiva. Quando varcava la linea di meta, con i capelli mossi dal vento e il sorriso sulle labbra, era l'immagine più vivida della libertà.


Ivan Francescato è nato a Treviso, il 10 febbraio 1967. La sua era una famiglia di rugbisti. I suoi cinque fratelli, Bruno, Rino, Nello, Manuel e Luca, erano tutti giocatori di serie A; i primi tre anche della nazionale. Una dinastia, quella dei Francescato, che abbraccia trent'anni di placcaggi e tuffi nel fango. Gente vera, appassionata, ricca di quei valori che solo il rugby possiede. Il piccolo Ivan, naturalmente, non poteva intraprendere strade diverse.

A 19 anni ha esordito in serie A2 con il Tarvisium, vincendo a Milano contro la A.S.R. (allora MAA). A fine stagione, a causa della retrocessione del Tarvisum, Ivan è passato alla Benetton, squadra dalla quale non si sarebbe più staccato.

Un anno di corse e mete e Ivan era già campione d’Italia, grazie alla vittoria per 20 a 9 nella finale del 27 maggio 1989 a Bologna, contro il Rovigo di Naas Botha. Mete di John Kirwan e Gianni Zanon, con 12 punti al piedi di Stefano Bettarello a chiudere le danze.

Il debutto in azzurro di Ivan Francescato è arrivato nel 1990. Bertrand Fourcade gli ha consegnato la maglia numero 9 per disputare un incontro di Coppa FIRA contro la Romania, a Padova. Era il 7 ottobre e Ivan ha realizzato pure la sua prima meta in azzurro.
Anche un mese e mezzo più tardi il ragazzo ha varcato la linea bianca. Ancora in Coppa FIRA, ancora in veneto (a Rovigo), ancora una squadra dell’Est Europa (L’Unione Sovietica).

Nel 1991 Ivan ha preso parte alla seconda edizione della Coppa del Mondo, che si è svolta in Inghilterra. All'esordio contro gli Stati Uniti il trevigiano ha segnato una superba meta, una corsa piena di finte sulla fascia dopo una touche vinta, che ha aiutato gli azzurri a conquistare un netto 30 a 9. Purtroppo resterà questa l’unica vittoria dei nostri ragazzi. Le altre due sfide erano improponibili. L’Italia, infatti, ha dovuto giocarsela con i padroni di casa dell’Inghilterra e con i mitici All Blacks, anche se questi ultimi ci hanno piegato a fatica, con soli 10 punti di differenza (31 a 21), tanto che Wayne Shelford, alla fine, ha dichiarato: "Gli All Blacks hano vinto, ma a trionfare è stata l'Italia.".

Nel 1992 la Benetton Treviso ha vinto il suo scudetto numero cinque. Il secondo per Ivan. Dopo avere terminato la fase a gironi al quinto posto ed essere entrati nei play off per il rotto della cuffia, i trevigiani sono arrivati fino alla finale, giocata il 6 giugno a Padova, dove ad attenderli c'erano ancora i "cugini" di Rovigo. La partita è terminata 27 a 18, con 19 punti del neo campione del mondo Michael Lynagh e le mete di Coppo e del compianto Raffaele Dolfato.

Intanto gli azzurri stavano salendo sul trampolino di lancio. L’arrivo di Georges Coste, nel 1993, ha fatto compiere alla nostra nazionale un notevole salto di qualità. Plasmata secondo gli standard delle grandi squadre, l’Italia ha cominciato a macinare un gioco gustoso e a mietere vittime illustri. E con la squadra è cresciuto Ivan. Forte, ma con un fisico non certo imponente, ottimo mediano di mischia, con l'avvento di Alessandro Troncon si è reinventato trequarti centro, diventando presto uno dei migliori numeri 13 del pianeta. Contro il Galles a Cardiff, il 12 ottobre 1994, ha giocato anche una partita da ala e ha segnato l'unica meta azzurra della gara.

Il 6 maggio 1995 Ivan era in campo nella sua Treviso, quando la nazionale azzurra ha ottenuto la prima vittoria su una squadra britannica. 22 a 12 contro l’Irlanda, meta di Paolo Vaccari e il resto dei punti per merito del piede magico di Diego Domnguez.

Sempre nel '95, Francescato è partito con la nazionale per il Sudafrica, dove ha disputato la sua seconda Coppa del Mondo. Come già quattro anni prima, anche allora il ragazzo ha giocato in tutte e tre le partite: la sconfitta dolorosa con Samoa, quella con l'Inghilterra per soli 7 punti e la vittoria sull'Argentina.

Ivan Francescato e Jonah Lomu


Dopo un 1996 in cui l’unica gioia per Ivan è arrivata dalla doppietta rifilata al Portogallo a Lisbona, eccoci nel 1997, l’anno d’oro del rugby italiano.

Lo “zingaro” di Treviso non c’era il 4 gennaio, quando gli azzurri hanno battuto l’Irlanda a Dublino, ma era nel XV titolare il 22 marzo, a Grenoble, in quella che sarebbe diventata la madre di tutte le partite dell’Italia. Per l'occasione gli uomini di Coste hanno sconfitto la Francia, fresca vincitrice del Grande Slam, con un meraviglioso 40 a 32. Una vittoria che è molto di più della conquista della nostra unica Coppa FIRA.

Le mete azzurre sono state quattro. La prima è arrivata dopo solo 5 minuti, quando Dominguez ha lanciato proprio a Ivan Francescato, che ha trovato un pertugio, vi si è infilato e ha iniziato a correre senza che nessuno riuscisse a stargli dietro, fino a depositare l'ovale sull'erba. Alla fine del primo tempo, dopo avere lasciato sfogare la Francia che era passata in vantaggio, ecco la svolta. La mischia italiana è riuscita a sfondare la linea difensiva dei transalpini e ha fatto in modo che Julian Gardner schiacciasse la palla in meta.
Nella ripresa Troncon e Dominguez hanno continuato a gestire il gioco con grande intelligenza tattica e i nostri, dopo aver subito in avvio la meta di Pierre Bondouy, hanno preso in mano la gara. La terza segnatura italiana ha visto due fasi con il pallone giocato da un lato all'altro del campo, con Giambattista Croci che ha finalizzato l’azione impostata da Vaccari e Troncon.
A quel punto ci si aspettava la reazione dei blues, che però non è arrivata. L’Italia ha così dilagato e l’apice è arrivato al 30° minuto, quando Paolo Vaccari, dopo un altro break devastante di Gardner, s’è lanciato in meta, portando l’Italia sul 40 a 20. Due mete negli ultimi tre minuti dei galletti, frutto del loro orgoglio ferito, non sono riuscite a cambiare l’esito della partita. Al fischio finale, i ragazzi di Coste hanno potuto sfogare tutta la loro gioia, repressa da anni di batoste, mentre i tifosi francesi inveivano contro i propri beniamini.

A forza di mete e spinte della mischia, gli azzurri erano finalmente entrati nell'Olimpo del rugby europeo, il Cinque Nazioni, che dal 2000 in poi sarebbe diventato Sei Nazioni. Gli altri ci giocheranno, Ivan Francescato no. La partita di Grenoble è stata una delle ultime con la nazionale per il trevigiano. Uscito per un infortunio nel corso della gara, ha disputato solo altri quattro incontri, tra cui un pareggio con l’Argentina a Lourdes e una vittoria contro la Romania a Tarbes, dove ha marcato le due ultime sue mete.

L’8 novembre 1997 Ivan ha giocato a Bologna la sua ultima sfida internazionale, contro il Sudafrica di Nick Mallett. Una sconfitta per 31 a 62, dopo che gli azzurri avevano chiuso il primo tempo in vantaggio 22 a 20. A quel punto, colpa di nuovi problemi fisici, il trequarti centro è rimasto lontano dai campi da gioco per tutta la stagione 1998.

Intanto Treviso vinceva il campionato nella stagione 1996/97, battendo in finale a Verona il Milan, per 34 a 29, grazie al piede dell'apertura sudafricana Lance Sherrell, che ha vinto il duello con Diego Dominguez.

La squadra della Marca si è ripetuta anche l'anno seguente, vittoria per 9 a 3 sul Petrarca a Bologna, e ha completato la sua tripletta nel campionato 1998/99, quando ha sconfitto di nuovo i padovani in finale. Ivan, purtroppo, quest'ultima stagione non sarebbe riuscito a portarla a termine.

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Domenica 18 gennaio 1999 c'era la partita contro Rovigo, ma Ivan non era stato schierato da Gajan, a causa dei postumi di un infortunio al ginocchio. Così aveva approfittato del giorno di chiusura del Players, il locale che gestiva insieme al compagno della Benetton Piermassimiliano "Piero" Dotto, per trascorrere una serata fuori con la sua compagna Silvia e con gli amici. Quando è tornato a casa era l'una del mattino. Due ore più tardi, improvvisamente, Ivan ha accusato dolori alla testa e allo sterno, seguiti dal vomito. Poi ha perso i sensi. A quel punto era già troppo tardi e ogni tentativo di aiuto è risultato vano. La sua irresistibile finta di passo, incubo di tutti gli avversari, quella volta non è bastata. A 31 anni lo zingaro ha subito il placcaggio più duro, quello del destino.

L'autopsia ha stabilito che la causa della morte è da attribuirsi ad un arresto cardiaco, dovuto ad una arteriosclerosi delle arterie coronariche, una malattia che difficilmente colpisce all'età di Francescato.

I funerali di Ivan hanno coinvolto una folla enorme. Oltre cinquemila persone hanno riempito la piccola Chiesa di San Giuseppe, la parrocchia trevigiana dove il ragazzo è nato e cresciuto. I cinque fratelli di Ivan e l'amico Piero Dotto hanno trasportato il feretro, che è passato tra gli applausi di numerose personalità dello sport e dei tifosi.
Alessandro Troncon ha posato sulla bara la maglia azzurra numero nove, il numero con il quale Ivan ha esordito, mentre Walter Cristofoletto la numero 13 della Benetton. I giocatori della Tarvisium una delle loro magliette rosse. L'allora capitano della nazionale Massimo Giovanelli, invece, ha deposto il tricolore.
Ivan riposa nel cimitero di Santa Bona, a Treviso.

A quel punto la Benetton ha ritirato la maglia numero 13, facendo giocare il suo secondo centro con il numero 18. Solo dieci anni più tardi l'European Rugby Cup ha chiesto alla società veneta di ripristinarla.

Nel 2012, l'amico, compagno di squadra e socio di Ivan, Piero Dotto, morirà dello stesso male, mentre faceva jogging. Un destino crudele ha voluto i due ragazzi di nuovo insieme, a correre tra i campi del Paradiso.

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