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"I gallesi dicono che il rugby sia lo sport giocato in paradiso. Speriamo anche all`inferno e in purgatorio. Di sicuro lì ci sono più giocatori." (Alessandro Troncon)

 

Non so se ci avete mai fatto caso, ma la parola che più di ogni altra è stata accostata al nome di Alessandro Troncon è “eroe”. L’eroe di Grenoble (1997). L’eroe del Flaminio (2000). L’eroe di Murrayfield (2007). Peccato non si possa dire anche l’eroe di Saint-Etienne (2007), altrimenti, chissà…

 

Niente da dire, Tronky è davvero l’eroe d’Italia, dell’Italia ovale naturalmente, colui che ha dominato con la Benetton e che in maglia azzurra ha fatto la storia del rugby nostrano. Lui c’era nei trionfi con Irlanda e Scozia. È stato protagonista assoluto a Grenoble, la madre di tutte le partite. Ha partecipato a quattro edizioni della Coppa del Mondo e ha preso per mano la nazionale accompagnandola nel primo Sei Nazioni.

 

 

 

 

Alessandro Troncon è nato a Treviso, il 6 settembre 1973. Dopo la trafila nelle giovanili della Benetton, cominciata quando aveva 6 anni, ha esordito in prima squadra con il CT Villepreux nella stagione 1991. Il Treviso si è laureato campione d’Italia, anche se lui ha contribuito solo con quattro presenze. All’epoca non era ancora l’eroe, e neppure Tronky. All’epoca era “il castoro”, per quegli incisivi all’infuori e per come s’intrufolava tra i piedi degli avanti a recuperare i palloni.

 

 

 

 

Nel 1993 la Benetton lo ha parcheggiato una stagione a Mirano, neopromosso in A1, tanto per farsi le ossa. E le ossa Alessandro se le è fatte davvero, perché l’anno seguente, oltre a tornare nel club bianco-verde, è arrivata anche la convocazione di George Coste per la nazionale.

 

Il CT francese era da poco subentrato al connazionale Fourcade e aveva in testa il progetto di far cresce il rugby italiano in maniera esponenziale. All’apertura aveva appena chiamato un certo Diego Dominguez e per completare quella fondamentale cerniera in mezzo al campo non aveva che l’imbarazzo della scelta: da Ivan Francescato a Umberto Casellato, dall'aquilano Francesco Pietrosanti ad un giovanissimo Alessandro Troncon.

 

La prima partita di Alessandro in azzurro è stata il 7 maggio 1994, contro la Spagna a Parma, una sfida valida per la Coppa FIRA. Lui è entrato dalla panchina per sostituire l’altro trevigiano DOC, Ivan Francescato, e ha giocato in mediana con Luigi Troiani. Il risultato è stato di 62 a 15.

 

 

Una settimana più tardi l’Italia è stata sconfitta dalla Romania a Bucarest (26 a 12). La partita è comunque passata alla storia in quanto è la prima dove si è vista in campo la coppia Dominguez-Troncon, un connubio che in futuro si sarebbe ripetuto per altre 52 volte.

 

 

Dieci giorni più tardi, nello stadio di Viadana, Troncon ha trovato i primi punti in azzurro, siglando due mete nella vittoria record per 104 a 8 contro una derelitta Repubblica Ceca. Ancora una settimana e il mediano di mischia ha schiacciato di nuovo l’ovale oltre la linea, questa volta all’Olanda, in quel di Calvisano. Erano entrambi incontri validi per la qualificazione alla Coppa del Mondo del 1995: l’Italia, allora, “il posto al sole” doveva guadagnarselo sul campo.

 

 

L’estate successiva Alessandro si è visto finalmente promosso ed è partito per l’Australia. Nella terra dei canguri il mediano di mischia ha giocato per la prima volta da titolare in due test match. A Brisbane, l’Italia ha ottenuto la migliore sconfitta di sempre contro i Wallabies: 20 a 23: un piccolo scarto di 3 punti, eguagliato nel 2012 a Firenze (19 a 22).

 

 

Il 6 maggio 1995, nella sua Treviso, Troncon, insieme a Dominguez, ha guidato la nazionale azzurra nella sua prima vittoria su una squadra britannica. Si tratta dell’Irlanda e il risultato è stato di 22 a 12, con meta di Paolo Vaccari e il resto dei punti per merito del piede magico di Diego.

 

 

Il ’95 è stato anche l’anno della Coppa del Mondo in Sudafrica, quella di Jonah Lomu che schianta gli inglesi e di Mandela con la maglia di Pienaar. Alessandro è ormai il proprietario unico della numero 9 azzurra, con la quale ha giocato in tutti e 3 i match del girone B. Due sconfitte, contro Samoa e Inghilterra, e la vittoria con l’Argentina (31 a 25) è il bottino ricavato dall'Italia in quell'edizione che, si sa, è stata vinta dai padroni di casa.

 

 

L’anno in cui Troncon è diventato un mito, e il rugby targato Italia è entrato nell'Olimpo della palla ovale, è il 1997.

 

 

I botti di capodanno erano appena terminati che già il 4 gennaio, una serata fredda e piovosa, gli azzurri hanno compiuto la storica impresa di vincere in terra irlandese.

 

 

L’Italia era priva di Ivan Francescato e del capitano Massimo Giovanelli, infortunato alle costole, ma avevano un Dominguez che ha fatto la differenza. Quattro le mete azzurre. La prima avviata da Diego, che ha lanciato Cristian Stoica nello spazio il quale, a sua volta, ha passato lungo per Paolo Vaccari. Il trequarti del Calvisano ha bucato la difesa, andando a schiacciare l’ovale in mezzo ai pali. Per la seconda segnatura bisogna ringraziare Giambattista Croci, che ha conquistato una touche nei 22 avversari dando così avvio all'azione che ha spinto Massimo Cuttitta, capitano di giornata, a marcare.
Gli uomini di Keith Wood sono stati in partita grazie ai piazzati dell'apertura Paul Bourke e sono riusciti a chiudere il primo tempo sul 18 a 17 per loro.
Nel secondo tempo gli azzurri hanno continuato a macinare gioco e conquistare terreno, vincendo tutte le battaglie con gli avanti irlandesi. Dopo qualche minuto, però, gli italiani hanno combinato un pasticcio che sembrava porre fine alle loro velleità. Calcio di Bourke in profondità. Sull’ovale si sono avventati Vaccari e Javier Pertile, ma i due non si sono capiti e hanno lasciato spazio all’ala Dominique Crotty, che l’ha portato avanti a calci fino nell'area di meta azzurra, lasciando poi l’onore di schiacciarlo a Jonathan Bell. Sembrava fosse arrivato il tempo della solita sconfitta onorevole, invece, con grande sorpresa, Alessandro Troncon si è caricato sulle spalle il pack azzurro e ha spinto i ragazzi di Coste nei 22 avversari. Paolo Vaccari è andato ancora oltre la linea bianca per un’altra meta. Dominguez l’ha trasformata e quando mancavano solo 10 minuti alla fine l’Italia era in vantaggio di un punto: 30 a 29. Gli irlandesi si sono buttati avanti a testa bassa ma, sotto pressione, hanno perso l’ovale a 10 metri dalla loro area di meta, a tempo ormai scaduto. Stefano Bordon l’ha recuperato e gettato indietro. Se si fosse calciato in touche la partita sarebbe finita, ma gli azzurri quella sera volevano stupire. La palla, recuperata da Nicola Mazzuccato, è stata data a Carlo Orlandi, il quale con un funambolico passaggio dietro la schiena ha servito Diego Dominguez. L’apertura non ha dovuto fare altro che andare a schiacciare nei pressi della bandierina. La trasformazione ha fissato il risultato sul 37 a 29 per l’Italia.




 

 

Due mesi e mezzo più avanti, esattamente il 22 marzo, l’Italia ha incantato il mondo battendo la Francia a Grenoble. Un meraviglioso 40 a 32 contro i freschi vincitori del Grande Slam. Una vittoria che va oltre la conquista della nostra unica Coppa FIRA.

 

 

Come a Dublino, anche questa volta le mete azzurre sono state quattro, con le mani di Troncon che hanno costruito tutte le fasi d’attacco che hanno portato alle segnature. La prima è arrivata dopo solo 5 minuti, quando Diego Dominguez ha lanciato in meta uno scatenato Ivan Francescato. Quindi, alla fine del primo tempo, dopo il ritorno di fiamma della Francia che era passata in vantaggio, è arrivata la svolta. La mischia azzurra è riuscita a sfondare la linea difensiva francese e ha fatto in modo che Gardner schiacciasse l’ovale a terra.
Nella ripresa Troncon e Dominguez hanno continuato a gestire il gioco con grande intelligenza tattica e i nostri, dopo aver subito in avvio la meta di Pierre Bondouy, hanno preso in mano le redini della gara. La terza meta italiana ha visto due fasi con il pallone giocato da un lato all’altro del campo e con Croci che ha finalizzato l’azione impostata da Vaccari e Troncon.
A quel punto ci si aspettava la reazione dei blues, che però non c’è stata. L’Italia ha così preso il largo e l’apice è arrivato al 30’, quando Paolo Vaccari, dopo un altro break devastante di Gardner, s’è lanciato in meta, portando l’Italia sul 40 a 20. Sentire i tifosi francesi che fischiavano la loro squadra era musica per le orecchie degli italiani. Due mete negli ultimi tre minuti dei galletti, frutto del loro orgoglio ferito, non sono riuscite a cambiare l’esito della partita. Al fischio finale, gli azzurri hanno potuto sfogare tutta la loro gioia, repressa da tempo.

 

 

L’incredibile 1997, l’anno dei titani vestiti di azzurro, si è chiuso con un’altra vittoria sull’Irlanda, un 37 a 22 nello scenario di Bologna. 27 punti sono stati di Diego Dominguez, divisi tra una meta, 2 trasformazioni e 6 punizioni, e poi altre due mete azzurre marcate da Corrado Pilat e Cristian Stoica.

 

 

Chi pensava che l’Italia fosse appagata si sbagliava. Il 1998, infatti, si è aperto con la vittoria anche contro la Scozia. Ancora a Treviso (25 a 21). Meta di Vaccari a 2 minuti dalla fine e il resto dei punti messi nel sacco dal solito Dominguez.

 

 

Il 7 novembre, a Piacenza, una buona Italia ha sconfitto l’Argentina 23 a 19, grazie alle mete di Moscardi e Checchinato e al solito piede di Diego. Il 22 novembre, a Huddersfield, per la qualificazione ai mondiali del 1999, per poco gli azzurri non hanno battuto gli inglesi.
Le due squadre erano già qualificate. In un girone da tre passavano le prime due e la terza contendente, l’Olanda, era stata disintegrata da entrambe. Quando mancavano 10 minuti al termine dell'incontro i nostri ragazzi erano sotto di un solo punto (15 a 16) e 3 minuti dopo sarebbero stati in vantaggio se l’arbitro francese Didier Mené non avesse dichiarato "No Try" su una meta sacrosanta di Troncon (il TMO era ancora lontano dall’essere introdotto). A quel punto, alla beffa se n'è aggiunta un'altra. Gli inglesi sono scesi nella metà campo azzurra e Rory Greenwood ha schiacciato l'ovale oltre la linea di meta per il falso 23 a 15 finale.

 

 

Ormai l’Italia era arrivata. Nessuno poteva fare a meno di notarla e finalmente si sono aperte le porte del Cinque Nazioni, che dal 2000 sarebbe diventato Sei Nazioni.

 

 

troncon99In mezzo a questo uragano azzurro, come se non fosse sufficiente, per Alessandro ecco tre scudetti di fila con la Benetton, dal ’97 al ’99, e la Coppa Italia del 1998.

 

 

Ormai il ragazzo aveva raggiunto lo status di campione; era diventato l’eroe, il condottiero e non poteva più passare inosservato. Così, nel 2000 è stato acquistato dai francesi del Clermont (che allora si chiamava Montferrand).

 

 

Non solo gioie però. Tronky è riuscito ad evitare l’umiliante 101 a 0 di Durban contro il Sudafrica di Nick Mallet (con il numero 9 ha giocato Giampiero Mazzi), ma era in campo a Huddersfield, quando nulla ha potuto contro la marea nera neozelandese che ha travolto gli azzurri 101 a 3. Era una sfida valida per il mondiale 1999, durante il regno a interim di Massimo Mascioletti. Un pessimo mondiale, con tre sconfitte in altrettante gare, contro Inghilterra, Tonga e, appunto la Nuova Zelanda di Jonah Lomu.

 

 

Il Sei nazioni è arrivato come una liberazione. Pronti e via. 5 febbraio 2000, Stadio Flaminio di Roma. L’Italia, ora affidata alle cure di Brad Johnstone, affrontava la Scozia, ultima vincitrice del defunto Cinque Nazioni. Alessandro Troncon era alla sua prima volta da capitano. Alla fine sarà portato in trionfo, sulle spalle di Orlandi e Giovanelli. Sul tabellone campeggiava un favoloso ITALIA 34 – SCOZIA 20. Hanno deciso una meta di forza del romano De Carli, pilone entrato dalla panchina, e il solito piede di Dominguez.

 

 

Con tanta speranza si è volati in Galles, ma lì è arrivata la doccia fredda: si è perso 47 a 16. Poi in Irlanda 60 a 13. Con l’Inghilterra in casa non c’è stata storia: la perfetta squadra di Woodward vincerà il torneo. L'ultimo atto si è svolto allo Stade De France, con Troncon che ha realizzato 2 mete e ha reso meno amara la sconfitta (42 a 31).

 

 

Gli azzurri erano comunque appagati da quella vittoria iniziale. Per essere la prima volta andava bene così: ormai erano tra i grandi.

 

 

Nel 2001 è arrivato il trionfo nel campionato francese con il Clermont. Quindi Tronky è tornato in Italia, per rivestire la maglia della mai dimenticata Benetton, giusto in tempo per fregiarsi dei titoli 2003, 2004 e 2006.

 

 

Intanto, nel 2002, per sostituire Johnstone alla guida della nazionale, è stato chiamato l’ex stella di All Blacks e Benetton Treviso John Kirwan, il quale non ha avuto dubbi su chi lasciare la maglia numero 9. Anzi, è stato proprio all’eroe di Grenoble che ha affidato la fascia di capitano in vista dei mondiali australiani del 2003.

 

 

Ormai Tronky in testa non aveva più i capelli, ma la grinta in campo era rimasta quella dei primi giorni. La tanto attesa qualificazione ai quarti di finale di una Coppa del Mondo, l’obiettivo cui punta da sempre la nazionale azzurra, è però sfumata anche quella volta. Colpa del Galles e di un calendario infame, che ha lasciato poco spazio al riposo. La sconfitta con i soliti All Blacks ci sta (70 a 7) e le vittorie su Tonga e Canada lasciavano ben sperare. Ma poi sono arrivati i dragoni e quel 27 a 15 di Camberra ha lasciato un po’ di amaro in bocca ai ragazzi di Kirwan.

 

 

Un serio infortunio al ginocchio ha fatto saltare a Troncon il Sei nazioni del 2004. La maglia è passata a Paul Griffen, ma non era ancora il momento dell’addio. Il passaggio di consegne è stato solo momentaneo.

 

 

Sei Nazioni 2005: a Twickenham l’Italia ha perso, ma Alessandro ha avuto l’onore di marcare una meta nel tempio del rugby. Non c’era più Dominguez ed era iniziato il valzer delle aperture, che dura ancora oggi: Scanavacca, De Marigny, Orquera e un altro nascituro di Cordoba, Ramiro Pez.

 

 

Nella stagione 2006 la Benetton ha conquistato lo scudetto, sconfiggendo allo Stadio Brianteo di Monza il Calvisano. Questa è stata l'ultima partita con la maglia biancoverde di Troncon, in procinto di ritornare a Clermont. Purtroppo, l'addio è stato funestato da una violenta rissa, causata dall'argentino del Treviso Hernàn Mazino. Il pilone, che si trovava in tribuna, al fischio finale di Carlo Damasco è sceso sul terreno di gioco per festeggiare con i compagni e ha pensato bene di rifilare un pugno al trequarti del Calvisano Paolo Vaccari. A quel punto sembrava di essere in un saloon del vecchio West, con tutti a darsele di santa ragione. A farne le spese è stato proprio Alessandro, che è uscito dal campo sanguinante a causa di un colpo all'arcata sopraccigliare, che ha necessitato di sette punti di sutura.

 

 

Quindi il 2007, un’altra annata magica per Troncon. Per lui c’è stata ancora una stagione a Clermont, con la squadra arrivata in finale di Top 14, persa contro la Stade Francais di Sergio Parisse, e la conquista della Challenge Cup, battendo in finale il Bath 22 a 16.

 

 

La nazionale, ora guidata dal francese Pierre Berbizier, ha invece messo in mostra il miglior Sei Nazioni di sempre, escluso quello del 2013.

 

 

La partenza è stata pessima; in casa con la Francia sono stati dolori (3 a 39). Ma i transalpini erano i più forti e vinceranno il torneo. Una settimana più tardi a Twickenham gli azzurri hanno giocato bene. Hanno perso 7 a 20, è vero, ma Troncon è stato comunque eletto Man Of The Match, e questo la dice lunga.
Alessandro è stato Man Of The Match anche contro la Scozia, il 24 febbraio, data che segna la prima vittoria esterna degli azzurri nel torneo. Gli Highlanders sono andati subito in palla e hanno regalato agli azzurri 3 mete in sei minuti: le hanno segnate Mauro Bergamasco, Andrea Scanavacca e Kaine Robertson. Un’altra meta tutta di fisico di Tronky ha chiuso le danze: ripartenza da una ruck sulla linea di meta dei padroni di casa, e tuffo del mediano di mischia a sfondare di forza la difesa. L’immagine di Troncon che esulta picchiando tre volte il pugno sull’erba è entrata nell’immaginario collettivo del rugby nostrano.

 

 

Con il Galles, a Roma, per la prima volta la squadra azzurra ha conquistato due vittorie nel torneo. Il trionfo è arrivata in maniera rocambolesca. Meta di Shane Williams e risposta di Kaine Robertson. Quindi sfida di calci tra Stephen Jones e Hook per i rossi e Ramiro Pez per i nostri. A tre minuti dalla fine il Galles era avanti 20 a 16 poi, un maligno calcetto di Pez ha lanciato Mauro Bergamasco in area di meta. L’Italia è così passata a condurre. Nel finale ci sarebbe stata la possibilità per un piazzato gallese, che avrebbe concesso loro il pareggio. I rossi hanno chiesto all’arbitro, l’inglese White, quanto mancava alla fine. Non si sono capiti. Allora hanno deciso di giocare una touche. Il fatto è che il tempo era scaduto: l’Italia ha vinto.
La sconfitta in Irlanda all’ultima giornata è stata solo una formalità, se non che la meta di Roland De Marigny  nel finale ha impedito ai verdi di conquistare il titolo, che è andato alla Francia.

 

 

Lo stesso anno è si è svolto il mondiale francese: il quarto per Tronky. Pierre Berbizier ha buttato in campo Alessandro nella solita asfaltata rimediata dagli All Blacks (14 a 76), lo ha fatto partire dalla panchina con la Romania (24 a 18) e gli ha regalato la gioia del cap numero 100 con il Portogallo (31 a 5).

 

 

I quarti di finale erano lì, a portata di mano; bisognava solo battere la Scozia, qualche mese prima distrutta sul loro terreno. La sfida è andata in scena il 29 settembre, allo stadio Geoffroy Guichard di Saint-Etienne, sotto una pioggia torrenziale. Troncon, capitano carico a mille, è entrato in campo e la prima cosa che ha fatto è stata dare un bacio alla bandiera. Quindi, con la testa appoggiata con affetto al petto di Sergio Parisse, ha cantato l'inno, coadiuvato dalle voci dei dodicimila tifosi azzurri.
Una meta proprio di Troncon, trasformata da David Bortolussi, e 3 penalties dello stesso estremo italo-francese per l’Italia, uguale 16 punti. 6 piazzati di Chris Paterson per la Scozia, uguale 18 punti. E Bortolussi che a 5 minuti dalla fine ha fallito di poco il calcio piazzato che avrebbe potuto portare l’Italia a 19 punti, quindi in vantaggio, quindi ai quarti di finale. Troncon, a tempo scaduto, ha provato il calcio a scavalcare; Mauro Bergamasco ha cercato di arrivarci, ma lo hanno anticipato tre scozzesi, che hanno buttato la palla fuori.
I britannici non hanno espresso una vera e propria superiorità, ma hanno saputo cogliere con maggiore puntualità le occasioni che sono loro capitate. Gli azzurri sono stati indisciplinati, hanno concesso alcune punizioni evitabili e perso qualche touche di troppo. La mischia poi, nostro punto di forza, non è stata in grado di mettere sotto gli avanti avversari. Il sipario è così calato sull’ennesimo rimpianto, questa volta più vero che mai, ma nessun rimprovero sul piano della generosità. Un Troncon in lacrime è stato portato in trionfo sulle spalle di Del Fava e Castrogiovanni. È stata la sua ultima partita, la numero 101.

 

 

italia-troncon2Allora, per quanto riguarda l'Italia, quel 101 era record di presenze, ed è rimasto tale a lungo, finché nel 2013 non è arrivato Andrea Lo Cicero, che lo ha innalzato a 103. I record, si sa, sono fatti per essere battuti.

 

 

A quel punto Berbizier ha lasciato la nazionale e al suo posto è arrivato Nick Mallett, il quale ha voluto nel suo staff tecnico proprio Troncon. Ormai Alessandro le partite le “giocava” da bordo campo, con auricolare, microfono e la solita grinta. È così che ha partecipato al suo quinto mondiale, quello del 2011 in Nuova Zelanda, ed è da li, tra campo e tribuna, che si è tolto la soddisfazione di vedere la Francia sconfitta al Flaminio nel Sei nazioni dello stesso anno.

 

 

Nel 2011 la panchina dell’Italia è stata affidata a Jacques Brunel. Tronky ha mantenuto il suo ruolo ancora per una stagione, poi è passato ad allenare i trequarti della franchigia federale delle Zebre.

 

 

Nel maggio 2013 all’eroe d’Italia è stata assegnata la guida della nazionale azzurra under 20.