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Dopo tre stagioni - due e mezzo in realtà - le strade di Gianluca Guidi e delle Fiamme Oro Rugby si dividono. Il tecnico toscano era in scadenza del contratto dopo tre anni da capo allenatore dei cremisi, con lui alla guida le Fiamme hanno ottenuto un 4° posto playoff, un 5° posto nella passata stagione, e il 2° momentaneo posto fino a quando il covid ha bruscamente interrotto il campionato di Top12 come tutto lo sport. Da registrare anche una finale di Coppa Italia persa al Battaglini di Rovigo contro il San Donà. Come anticipato da Rugbymeet nelle scorse settimane Guidi dovrebbe accasarsi a Calvisano.

 

Alcune dichiarazioni di Gianluca Guidi pubblicate dall’ufficio stampa delle Fiamme Oro Rugby, a cura di Cristiano Morabito.

 

Si sente tanto parlare, dal di fuori, delle Fiamme come di un ambiente molto particolare, spesso anche in modo poco gentile. Com’è stato il tuo impatto con il mondo della caserma?

L’ambiente Fiamme Oro è unico nel suo genere e al primo impatto può anche spaventare e lasciare interdetto chi non conosce dall’interno la famiglia della Polizia di Stato. Un’altra cosa che porterò con me ovunque andrò è la “vita di caserma”. Non conoscevo bene la Polizia e ho avuto l’opportunità, attraverso tanti piccoli riti quotidiani come il prendere un caffè tutti insieme oppure il mangiare a mensa con altre 200 persone, di condividere una vita a me prima ignota. Frequentando anche tanti dei poliziotti che popolano la caserma “Gelsomini” e osservandoli prima di entrare in servizio o di ritorno dal loro lavoro, ho davvero scoperto un mondo che assolutamente non avrei mai potuto immaginare esistesse, se non vivendolo dal suo interno: ragazzi che lottano quotidianamente anche con problemi che abbiamo tutti noi, come il dover mantenere la famiglia o avere figli e affetti lontani. Sono persone depositarie davvero di valori come la lealtà, protezione e etica del lavoro.

 

Un bilancio positivo di questi tre anni. Qualche rimpianto?

Innanzitutto la finale di Coppa Italia a Rovigo con il San Donà, in un momento in cui eravamo nel pieno carico fisico e qualche partita buttata al vento e lasciata agli avversari per episodi che, rivedendoli oggi, sarebbero stati più che evitabili. Però gli obiettivi principali, come quello di dare un’identità al progetto Fiamme Oro, ringiovanire la rosa e valorizzare le risorse interne sono stati ampiamenti raggiunti. Penso che un playoff e un secondo posto conquistato già alla metà di febbraio con la squadra in piena corsa e tanti giovani in campo che assicureranno un futuro di 10 anni a questa squadra, possano far pesare la bilancia sicuramente dal lato del “più”.

 

C’è una persona, al di fuori del rugby, che hai conosciuto in questi anni alla “Gelsomini” e che non dimenticherai mai?

Una figura che, prima di venire qui, non immaginavo neanche potesse esistere: don Walter, il cappellano della caserma. Pur essendo un uomo di Chiesa, è riuscito a starci vicino in tanti modi, anche al di fuori di quello religioso, trovando delle chiavi di lettura e di accesso con me e con i ragazzi che mi hanno sorpreso più di una volta. Ci ha fatti sentire parte di qualcosa di speciale. Pur non essendo formalmente un poliziotto, io mi sono davvero sentito parte della polizia di Stato per tre anni. E questo lo porterò con me per sempre nel mio cuore, dove mi sento ormai un po’ poliziotto.

 

 

Foto Stefano Delfrate