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Johnny Wilkinson è stato uno dei giocatori più forti di sempre. Difficile trovare un gesto tecnico che non sapesse compiere perfettamente anche nei momenti di maggiore pressione: calcio, drop, passaggio o placcaggio, Johnny è un esempio per tutti i giocatori arrivati dopo di lui.

Com'è arrivato a questa eccellenza nelle sue abilità?

Molto lavoro, a quanto ci risulta. In merito ai calci, ad esempio, si sa che Wilkinson si applicava in lunghe sessioni post allenamento per affinare le sue capacità.

E' questo dunque il segreto? Ripetere un gesto all'infinito ci porta automaticamente a perfezionarlo?

Gli studi scientifici ci dicono che la sola ripetizione non ci dà garanzia di risultato.

Per raggiungere una prestazione ottimale dobbiamo essere in grado di combinare molte abilità diverse, con la giusta intensità e il giusto tempismo. Ma più alleniamo separatamente queste abilità, meno il nostro cervello si prepara a impiegarle insieme e a “recuperarle” al momento in cui ce n'è necessità.

Gli studiosi hanno elaborato allora metodologie di allenamento integrato, detto “allenamento intervallato” (“interleaved practice”).

Invece di allenare in modo specifico e prolungato delle singole abilità, l'allenamento intervallato prevede di allenare a rotazione, per breve tempo, tutte le abilità.

I benefici di questa impostazione sono molti.

Oltre a prepararci a cambiare l'attitudine in modo efficiente tra la “modalità allenamento” e la “modalità partita”, ci aiuta a evitare la noia e il calo di motivazione derivante dalla ripetizione continuata, ad esempio.

Ma anche evitare che un giocatore, sentendosi un semplice “specialista” del suo ruolo, non riesca ad aiutare la squadra quando serve agire in modo diverso o reagire a situazioni inaspettate.