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Ho letto una frase attribuita a Carl Gustav Jung, il celebre psicoanalista, che recitava all'incirca così: “La forza più potente che conosciamo è l'autosuggestione”. Mi chiedo se sia davvero così e se questo elemento possa essere utilizzato in modo positivo per avvicinarsi alla prestazione ottimale in campo sportivo. Ma cos'è l'autosuggestione, prima di tutto?

E' la capacità di indicare volontariamente una direzione precisa alla nostra attenzione, ai nostri pensieri e alle nostre emozioni. Con uno sforzo di volontà, tentiamo di piegare il nostro atteggiamento naturale verso l'atteggiamento desiderato.

Molto spesso, nelle interviste agli sportivi o negli interventi di un certo genere di motivatori, compaiono frasi che rimandano direttamente alla necessità di compiere questo gesto, quello dell'autosuggestione. 

Volere è potere”

“Ce la dobbiamo fare”

“Se giochiamo come sappiamo, possiamo battere tutti”

“Dipende solo da noi”

Con questi mantra, ripetuti come un rito propiziatorio, sportivi di tutto il mondo cercano la chiave della loro migliore prestazione.

Con buona pace dei primi psicoanalisti come il citato Jung, che agivano mossi dall'istinto e dalle proprie impressioni, la psicologia comportamentale ha affrontato questi temi con metodo scientifico e con raffinati strumenti di analisi del nostro sistema nervoso.

Le ricerche hanno mostrato che l'autosuggestione può avere davvero un ruolo positivo nella prestazione sportiva. Ci sono però alcuni problemi. L'autosuggestione ha effetti di breve durata (avete presente la classica reazione veemente della squadra che ha appena subito dei punti?) e l'autosuggestione non favorisce atteggiamenti flessibili, cioè non rende uno sportivo capace di adattarsi in modo flessibile a un andamento di un match che non sia monodirezionale (ad esempio: una vittoria schiacciante). In più, rischia di caricare lo sportivo di una tensione superiore a quella necessaria per ottenere davvero la sua migliore prestazione, schiacciandolo con la sua stessa determinazione.

Volere non è potere dunque, ma solo una parte della faccenda.

L'altra parte consiste nel conoscersi tanto bene da riuscire ad allenare il proprio sistema nervoso ad agire e reagire al meglio, qualunque evento accada.