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Un'altra stagione da rugbistica si chiude, ma la programmazione della prossima è già in pieno svolgimento. In questo periodo non sono solo le squadre professionistiche o semi professionistiche a muovere le pedine sulla scacchiera, ma anche quelle minori e le giovanili.

Proprio tra l’under 12 e l’under 18 ci si trova a prendere quotidianamente decisioni molto delicate, in particolare sulla pelle dei ragazzi che appaiono più promettenti. Parliamo di trasferimenti lontano dalla famiglia e di scegliere uno sport come la ragione di vita che giustifica ogni sacrificio.

Tutti sappiamo che l l'adolescenza è un periodo molto delicato per lo sviluppo della persona, ma non sempre ci comportiamo con la necessaria sensibilità. Continuiamo a raccontarci che i ragazzi devono affrontare il mondo di petto per formarsi il carattere e pensiamo che l’unico modo che hanno per farlo sia affrontare da soli piccoli e grandi traumi. In questo modo giochiamo col fuoco. Il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta richiede diversi anni in cui il corpo e mente vengono stravolti, una situazione che genera un inevitabile stress da adattamento. Aggiungere stress a stress ci mette davanti al rischio di reazioni avverse. Fobie, dipendenze (come quella verso l’alcol nel mondo del rugby), comportamenti di auto sabotaggio o autolesionismo possono comparire proprio come soluzioni sbagliate verso un livello di stress che appare altrimenti ingestibile.

Decisioni importanti come quella di trasferirsi lontano da casa, in un ambiente educativo sconosciuto, dovrebbero essere prese quindi con estrema attenzione e con il massimo rispetto delle emozioni del ragazzo o della ragazza. Siamo sicuri che i ragazzi vivano l'esperienza in modo positivo, con le giuste aspettative? Oppure vogliono solo rispondere alle aspettative di qualcun altro? Riuscire a interpretare queste emozioni nel periodo di crescita non è facile per i ragazzi stessi e può rivelarsi incredibilmente difficile per un genitore o per un educatore. In ogni caso è una fase fondamentale perché serve per dare ai ragazzi gli strumenti più importanti per affrontare davvero il mondo là fuori: autostima e accettazione di se stessi.

Si tratta di nuovo di combattere contro quelle false impressioni che vedono nella repressione dei sentimenti la strada per diventare “veri uomini” o “vere donne”, un vicolo cieco che ci fa dimenticare che lo sport è, prima di tutto, un modo per allenarsi alla vita. E se il nostro obiettivo è proprio una carriera sportiva professionistica, dovremmo riflettere a fondo sulla necessità di allenare a fondo la nostra mente, non solo il nostro corpo. A partire dalla più tenera età.

 

Foto Elena Barbini