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E’ prassi comune che venga scelto come Capitano uno tra i giocatori più esperti e rappresentativi della rosa.

Ma quali sono le caratteristiche giuste per ricoprire questo ruolo fondamentale?

Il Capitano non deve solo posare per le foto di rito, con le braccia conserte e il canonico sguardo truce. I compiti di un Capitano, in campo, sono complessi e possono essere determinanti perché i singoli giocatori e la squadra nel complesso raggiungano la prestazione ottimale.

Un ruolo sottovalutato è quello del confronto con l’arbitro. Il Capitano ideale sa essere empatico anche con gli arbitri, sa capire cosa e interpretare i messaggi provenienti dal Direttore di Gara, sia ovviamente quelli espliciti (stile Nigel Owens), sia quelli impliciti che sono ricavabili dalle varie espressioni del linguaggio del corpo. Adattarsi a questi messaggi può fornire vantaggi interessanti alla prestazione della squadra: meno penalità, più penalità riconosciute agli avversari, una tolleranza maggiore verso i comportamenti al limite del regolamento. Come ci si adatta a questi messaggi? Riconoscendoli, in primis. Poi facendo capire esplicitamente all'Arbitro che i messaggi sono stati recepiti e trasmessi alla squadra. Infine esponendo le proprie ragioni con rispetto e decisione.

Il compito naturalmente più importante per ogni Capitano è quello di guidare la squadra nelle decisioni tattiche, nell’applicazione del piano di gioco, ma non solo. I meccanismi di apprendimento più ancestrali si basano sull’imitazione e anche gli studi recentissimi sui neuroni-specchio sembrano dimostrare scientificamente questa evidenza empirica. Quando diciamo che “il Capitano deve dare l'esempio” (un altro dei tanti mantra sportivi) intendiamo allora che con il suo comportamento deve mostrare ai compagni di squadra come devono essere affrontati i compiti di ciascuno: con dedizione, concentrazione e responsabilità. La responsabilità (cioè l' ”abilità a rispondere”) è fondamentale per ogni Capitano soprattutto quando c'è da gestire una situazione difficile dove la squadra non gira o dove qualcuno ha sbagliato qualcosa. Il Capitano dovrebbe riuscire a sopportare la pressione del possibile fallimento nell'esatto momento in cui si manifesta sul campo, per aiutare i compagni a preservare le energie mentali e permettere loro di continuare a concentrarsi sulla loro singola prestazione.

Il Capitano può riuscirci solo se comunica molto, combinando alla perfezione il linguaggio verbale e quello del corpo, un mix che è sempre diverso a seconda delle partite, dei compagni, delle situazioni di gioco.

Un ultimo aspetto che metto in risalto tra i tanti possibili è (nell'alto livello) quello delle interviste. Un Capitano non dovrebbe mai commentare la prestazione di un singolo compagno attraverso i media. Le relazioni all'interno dello “spogliatoio” sono sempre molto delicate e l'esposizione mediatica rischia di deteriorarle continuamente. Un Capitano subirà pressioni anche in questo campo, ma se saprà resistere e riportare ogni commento al livello di squadra farà un passo decisivo per rafforzare la fiducia degli altri atleti nei suoi confronti. Questa stima profonda, in fondo, è l'unico fattore che può permettergli di sopportare le sue sofferenze sportive in modo sostenibile nel tempo e senza intaccare pericolosamente le sue energie mentali.