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Se ogni tanto vi sentite soli provate a pensare a un arbitro mentre cerca di far rispettare le regole di gioco in mezzo a trenta giocatori carichi di adrenalina, dopamina ed endorfine e circondato da un pubblico non proprio incline a perdonare.

Vi sentite meglio adesso?

In verità, ciò che deve fare un arbitro è molto più che far rispettare le regole, perché è corresponsabile del corretto svolgimento agonistico dell'intero match.

Scrivo dopo aver visto, recentemente, un match di Eccellenza sfuggito completamente di mano alla terna arbitrale e finito con giocatori estremamente nervosi, con un gioco duro fine a se stesso, con poco spettacolo e un pubblico inferocito.

Perché è accaduto?

Come può un arbitro evitare che tutto questo accada?

Inizierei riflettendo sul fatto che un arbitro (esattamente come un genitore con i figli) deve mostrarsi autorevole senza cadere nella tentazione dell'autoritarismo. Nel primo caso (autorevolezza) sono i giocatori stessi a riconoscere la forte, carismatica presenza dell'arbitro in campo e vengono così portati a limitare spontaneamente i propri comportamenti. Nel caso dell'autoritarismo, invece, si assisterà a uno scontro di personalità in cui l'arbitro cerca di prevalere nella battaglia psicologica con i giocatori basandosi solo sull'importanza del proprio ruolo.

Come si può, allora, diventare autorevoli?

Comunicando tanto e bene. Con le parole e con il linguaggio del corpo. Accettando il confronto senza fuggire dalle responsabilità.

Pensiamo a Nigel Owens e questa riflessione diventerà quasi banale.

Per riuscire a comunicare bene, l'arbitro dovrà essere in grado di accettare e gestire il proprio livello di stress. Se riuscirà in questo compito, tutto gli diventerà più facile: anche accettare di poter sbagliare, di doversi correggere, di dover chiedere aiuto ai giocatori per riportare alcuni comportamenti lungo i binari stabiliti.

Queste considerazioni sono valide non solo quando l'arbitro si interfaccia con i giocatori in campo, ma anche con i soggetti fuori dal campo: allenatori, addetti ai lavori e pubblico. Con questi non potrà utilizzare le parole, ma dovrà affinare le sue capacità di comunicare con il corpo: gesti chiari e decisi, seppure calmi e ragionati, e una chiara capacità di prendere decisioni.

Un arbitro autorevole, che conosce la sua psicologia e quella degli altri, avrà sicuramente risultati significativi: nelle manifestazioni di rispetto che riceverà, nel gioco ordinato in campo e, perché no, anche nello spettacolo che le squadre potranno regalare a tutti gli appassionati.

 

Foto Daniela Pasquetti