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Le reali differenze tra uomo e donna sono sempre state oggetto di barzellette, scherzi e pseudoverità molto dibattute. Con gli studi sul cervello umano portati avanti dagli scienziati negli ultimi trent'anni, il tema è stato affrontato in modo oggettivo e i risultati sono stati sorprendenti, tanto da portarci a dire che tra uomini e donne... forse il rugby è uno sport più adatto a queste ultime.

Prima o poi, ogni uomo si trova davanti a una donna che lo rimbrotta dicendogli: “Voi uomini non riuscite proprio a svolgere più compiti insieme come invece facciamo noi donne”. Beh, nonostante le nostre resistenze maschili, questa frase è molto vicina a essere una verità scientifica e la ragione sta proprio nella diversità di genere a livello di struttura del cervello.

Si è pensato per moltissimo tempo che la parte più interessante del cervello umano fosse costituita dalla materia grigia, cioè dalla struttura neuronale. Più recentemente si è scoperto che anche la sostanza bianca è importantissima, perché serve a connettere le aree cerebrali responsabili di funzioni diverse. Qui arriva la sorpresa: il cervello femminile presenta in media dieci volte la quantità di materia bianca presente nel cervello dell'uomo. Uno studio del 2014 pubblicato da ricercatori dell'Università della Pennsylvania ha potuto così mostrare che “i cervelli maschili sono strutturati per facilitare la comunicazione tra le percezioni e il movimento coordinato, mentre i cervelli femminili sono disegnati per facilitare la comunicazione tra i processi analitici e quelli intuitivi”.

Il rugby, come altri sport, presuppone la capacità di reagire a molti stimoli esterni contemporanei ed estremamente diversi tra di loro. In più richiede la resistenza a impatti fisici stressanti sia nel numero che nell'intensità. La sola componente fisica non è sufficiente per ottenere una prestazione rugbystica completa. Come ha sottolineato Pasquale Presutti nell'ultimo workshop organizzato a Firenze da I Medicei, la prestazione ottimale deve contemplare anche “creatività e capacità di adattamento”, che sono effettivamente innate nel cervello femminile più che in quello maschile. Quindi, care lettrici, giocate a rugby!

C'è un rovescio della medaglia. Gestire più stimoli insieme potrebbe aumentare la probabilità di un sovraccarico di tensione, del sopraggiungere di ansia da prestazione o difficoltà di concentrazione. Nel dubbio, consiglierei a una giocatrice di rugby di alto livello di conseguire una preparazione in gestione dello stress  di livello ancora superiore rispetto a un suo corrispettivo di sesso maschile.

 

Foto Martina Sofo