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Dan Carter che viene considerato uno dei più grandi giocatori di rugby della storia, forse il più vincente, e detentore del record di punti segnati nel rugby internazionale ha rilasciato una bella intervista all'Indipendent nella quale parla di come ha iniziato a giocare a rugby, di molti aspetti della sua carriera e di cosi significhi essere un All Blacks.

Nato e cresciuto in un paesino dove tutti si conoscono “papà mi ha messo in mano una palla da rugby appena ho iniziato a camminare. Ma solo con la Rugby World Cup del 1987, a 5 anni, sono stato rapito dal rugby. Ho visto ogni singola partita in TV e mi sono innamorato degli All Blacks. Da quel momento ho voluto diventare un All Blacks, non pensavo sarebbe stato possibile arrivando da un paesino di 700 persone”

Dan racconta che ha iniziato a calciare utilizzando la casa dei suoi genitori come pali, ma a 8 anni il padre stufo di continuare a sistemare i danni combinati gli regalò dei pali da rugby regolamentari “il più bel regalo della mia vita. Da quel momento ho iniziato a calciare da ogni posizione, oltrepassando gli alberi e calciando dal giardino dei vicini. Se ci penso bene così mi sono costruito il mio bagaglio di skills”

"Ricordo ancora la prima volta che giocai con gli All Blacks, un sogno diventato realtà, con tutti i giocatori, gli ex giocatori, i manager che ti ricordano che la maglia è più grande degli individui. Tu sei il custode di una maglia che non sarà mai tua, c'è così tanta storia e tradizione dietro la maglia degli All Blacks che quando giochi per gli All Blacks il tuo lavoro è quello di aggiungere qualcosa alla legacy"

“Non ho mai giocato con Jonah Lomu ma giocai contro a livello provinciale, quando ho provato a placcarlo mi ha sparato via a 5-10 metri, è stato forse il peggior placcaggio della mia vita!”

Dan racconta di come lo abbia conosciuto personalmente tramite degli amici, tanto devastante e feroce in campo quanto gentile, educato e premuroso fuori “un vero gentleman…ha avuto un impatto incredibile sul mondo del rugby e nonostante ciò Jonah era estremamente umile”

“In Nuova Zelanda nessuno ama le primedonne. Nell’ambiente degli All Blacks non c’è proprio spazio per loro, al primo segnale di un comportamento di quel tipo vieni subito riportato sulla terra".

"Sin dall’inizio impari l’umiltà. Ci sono queste piccole abitudini, come quella che dobbiamo sempre lasciare lo spogliatoio pulito come quando ci siamo entrati. Molto spesso vedi gente come Richie McCaw e coach Steve Hansen spazzare il pavimento”

“Questo da un esempio incredibile ai giovani. Lo porteranno avanti nel corso della carriera e trasmetteranno questi valori”

Poi parlando dei due figli Carter non sa se diventeranno dei rugbysti, la moglie, hockeysta per la Nuova Zelanda, potrebbe metter loro una mazza da hockey in mano. Di una cosa è certo che praticheranno sport poi sceglieranno loro, se decidessero per il rugby sarebbe ben contento.

“Sarebbe stupido che una volta ritiratomi lasciassi definitivamente il rugby, è ciò che conosco meglio e amo. Sarebbe stupido. Ma non penso potrei diventare un allenatore, mi sentirei frustrato a non poter mettere le scarpe e scendere in campo. Mi piace l’aspetto commerciale del rugby, negli ultimi dieci anni me ne sono occupato parecchio. Non sono ancora sicuro al 100%, prima passerò un po’ di tempo con la mia famiglia”.

 

Foto Elena Barbini

Fonte Indipendent.ie