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Avete visto il primo test dei Lions in Nuova Zelanda? No?. Correte su You tube e provvedete! Sì? Idem e riguardatevelo. E quando siete arrivati all’80’, avendone la possibilità (leggasi: una cippa da fare, moglie e figli impegnati in altre faccende, magari assenti) ripartite dal minuto 0. Magari saltando l’haka, che non è una danza di guerra (l’ho già spiegato in un libro edito qualche anno fa da Giunti, ma lo racconterò ancora, l’estate è lunga) e che poco aggiunge allo spettacolo vero e proprio, che è quello con la palla in mano e la gente che corre e fa a sportellate.

Dopo averlo visto e rivisto, il Test n. 1 della Serie, sono giunto alla conclusione che la partita dell’Eden Park è (non: sia. È!), a tutti gli effetti, la bibbia del rugby di alto livello. Il testo unico cui tutti dovremmo fare riferimento, se non proprio ispirarci, quando ci poniamo il problema di dare forma e sostanza al nostro “ideale” di gioco. Meglio, di ciò che il gioco che tanto ci piace è, quando a giocarlo sono i migliori giocatori al mondo.

E a proposito di domande epocali, ce n’è una che ricorre con una certa regolarità nei dibattiti e nelle chiacchierate estiva davanti a pubblici attenti o a boccali di rossa appena svuotati. E che suona più o meno così: ma la squadra ideale, quella in assoluto più credibile e vincente, è quella composta dai migliori nei vari ruoli, insomma, da tutti campioni, o non è forse preferibile un complesso che schieri un certo numero di super star circondato (e calmierato) da altri giocatori “normali”? Fosse calcio: meglio 11 Maradona o un Pelè, un Beckenbauer, un Cruyff, Yashin e 7 Furino? E nel rugby: Campese, Carter, Farr Jones, Spanghero, Lomu, McBride e 9 onesti maneggiatori di bislunga o…

Io voto la seconda. O… Come fece (il grande) Pasquale Presutti qualche anno fa, nel corso di una conferenza (in platea docenti, allenatori e sportivi di varie discipline), quando alla domanda “Meglio un campione e tanti mediani o…?”, preso atto della risposta esplicita che l’interlocutore, chiaramente orientato, aveva espresso, si limitò a rispondere: “Voi datemela, una squadra composta da 15 super campioni, uno per ruolo. Che a vincere ci penso io, dal bar dello stadio. Birra, noccioline sul tavolo e doppio pacchetto di Multifilter in tasca (al tempo ancora fumava, ndr)”.

L’illuminata risposta del Maestro sopra riportata è stata, per anni, il mio manifesto ideologico, la mia convinzione più radicata. Una certezza non provata. Fino a quando non ho visto NZ-B&I. Non è vero che la “squadra di tutti super campioni” non esiste, o che si ritrova casualmente e in occasioni non rilevanti da un punto di vista agonistico (partite di addio, per beneficienza, eventi commerciali), o che se esiste non è vincente. Quella squadra c’è, si chiama Nuova Zelanda e schiera, nell’ordine: il miglior estremo del mondo, la migliore ala destra, il miglior secondo centro e giù (o su, fate voi) fino al pilone dalla parte dell’introduzione e alla panchina. Vincono, fanno spettacolo, sbagliano quasi niente e, di fatto, viaggiano su un binario parallelo (e distante) rispetto al resto del pianeta ovale. Lions compresi, che proprio una squadretta non sono.

Due, fra le tante, le istantanee che mi piace riportare in questa nota. Entrambe riferite a singoli giocatori. Entrambe, mi auguro, generatrici di qualche riflessione. 

Immagine n.1 – il tallonatore Codie Taylor che al 18’ raccoglie un passaggio (sx-dx da cp giocato rapido dal mediano di mischia dentro i 22 dei rossi) in velocità e (azzardo) a non più di 4 o 5 cm da terra e fila in meta. Il tutto senza abbassare di una virgola la velocità di esecuzione e senza scomporre o mettere in crisi la catena cinetica. Gli ingredienti: 80% talento naturale, 19% esercizi propedeutici e tante ripetizioni, il resto sarà anche fattore C che, come si sa, arride solo a pochi e meritevoli soggetti.

Immagine n.2 – a uso e consumo dei tanti educatori di mini rugby e allenatori delle giovanili che perdono la voce, spesso la pazienza e la serenità, nel pretendere che i ragazzi loro affidati portino la palla “con due mani!”. Incursione di Kruis (George, Saracens, minuto 21), corpo a corpo con Sam Cane (flanker da Bay of Plenty)… Vedere, rivedere e far vedere il resto. Per credere!

Molto altro e di bellissimo, in quella partita c’è. Non a caso l’ho definita una sorta di bibbia ovale e tale la considero. Con la differenza che nella Bibbia, quella vera, qualcosa di non esattamente… lineare, comprensibile e condivisibile c’è (pare vieti i tatuaggi, il percing e di mangiare crostacei). In NZ – B&I Lions: no. 

 

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