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Massimo Camerin è il presidente della Lega Italiana Touch Rugby, l'unica realtà italiana riconosciuta dalla FIR che si occupa di promuovere il touch rugby in Italia. Ci siamo conosciuti durante un torneo di touch a Prato che aveva come scopo promuovere la cultura del rispetto verso il mondo femminile e l'ho ricontattato dopo pochi giorni per farmi raccontare meglio storia e prospettive del touch rugby in Italia.

“La Lega Italiana Touch Rugby è nata nel 2008 intorno al progetto benefico maidiremeta.it. Passo dopo passo siamo finiti a parlare con la Federazione Italiana Rugby e dal 2012 siamo ufficialmente riconosciuti come il braccio destro della federazione per tutte le attività di promozione del rugby al tocco.”

Come si inquadra il touch rugby nell'ambito più vasto del mondo del rugby?

“La World Rugby in questo senso è stata molto chiara e ha fornito delle linee guida che stiamo cercando di diffondere con il manuale distribuito su rugbytouch.it. La World Rugby pensa che il touch rugby possa essere un buon sistema per trovare nuovi giocatori di qualsiasi età, a partire dai genitori e dai volontari che aiutano a organizzare le varie attività del rugby. In più il touch rugby è visto come un sistema di rientro degli “Old”, cioè di quei giocatori che devono smettere di giocare il rugby a 15 e anche come un sistema di mantenimento di quei giovani che per vari motivi, ad esempio lo studio, non possono continuare il rugby agonistico.”

“Quali sono i casi internazionali dai quali prendete ispirazione?”

“Per fortuna l'Italia è una delle prime nazioni che si occupa di rugby al tocco in modo serio, siamo tra i pionieri. Ovvio che altre nazioni abbiamo già trovato una loro strada, in Francia ad esempio c'è un bel movimento che è nato dall'esigenza di promuovere il rugby attraverso le aziende. Qui in Italia non c'è stato ancora un contatto diretto con altre federazioni internazionali e ci siamo occupati noi direttamente dello sviluppo delle attività”

La Federazione sta investendo in questo settore?

“Beh, la federazione francese nel primo anno ha messo in campo quasi due milioni di euro, qui invece si basa tutto sullo sforzo dei volontari della Lega Touch (che colgo l'occasione per ringraziare) che sono sul territorio e aiutano i comitati della federazione a fare promozione“

Quali sono le principali iniziative della Lega?

“La stagione non si ferma mai ed è divisa in due: la parte invernale comprende Coppa Italia, Campionato e qualche torneo di promozione e lì giocano le squadre formate appositamente per il rugby al tocco. Il vero boom però c'è in estate e si giocano i tornei della solidarietà, un circuito nato otto anni fa e formato da tornei da 40-50 squadre che riguardano AIL, piuttosto che Emergency o Amnesty International”

Qualcos'altro che pensi sia importante trasmettere?

“Sì, so che molte squadre e molte realtà non vedono di buon occhio il touch rugby perché pensano che sia qualcosa che distoglie dal contatto fisico. In realtà il rugby al tocco non serve solo a imparare a stare in campo, ma soprattutto a tirar su gente che venga a giocare, ha una funzione promozionale molto alta ed è giusto che ogni realtà abbia la sua squadra di touch rugby. Quindi “Sotto a chi tocca!” che poi è il nostro motto”.