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Questa settimana le Zebre Rugby hanno ripreso gli allenamenti presso la base della Cittadella del Rugby di Parma. Lunedì 18 maggio tutti i giocatori al rientro dalla lunga quarantena sono stati sottoposti a test sierologici rapidi, strumentali alla ricerca degli anticorpi anti Covid-19. Nessun giocatore è risultato positivo al Coronavirus e dunque gli allenamenti di atletica sono potuti ripartire, rispettando le norme di distanziamento, da martedì 19 maggio.

Ogni tipo di attività alla Cittadella del Rugby di Parma sarà disciplinata da un protocollo di comportamento con l’obiettivo di poter riprendere in sicurezza. L’obiettivo sarà quello di garantire tutte misure preventive ed i comportamenti necessari al contenimento dei possibili contagi da Coronavirus.” recita il comunicato delle Zebre Rugby.

 

Al raduno dell’inizio degli allenamenti delle Zebre era presente anche Maxime Mabandà. Il terza linea milanese è stato al centro delle cronache degli ultimi mesi per la sua costante attività di volontariato presso la Croce Gialla. “Max” si è occupato durante tutto il periodo della quarantena del trasporto dei malati di Covid-19 nei centri ospedalieri di Parma e provincia. Quello del 28enne milanese è stato un comportamento apprezzato non solo nel mondo del rugby nazionale e internazionale ma in tutto il mondo dello sport. Il fatto che un giocatore professionista si sia adoperato con tanta dedizione a titolo gratuito a una causa tanto importate ha messo in risalto i valori del rugby, tra questi il sostegno.

 

A conclusione del suo periodo da volontario a bordo della ambulanze della Croce Gialla Max Mbandà ha voluto lasciare un messaggio dai suoi canali social, eccolo:

 

“Sono stati i 70 giorni più impegnativi della mia vita. Ho trasportato più di 100 pazienti, fatto turni massacranti dove pranzavo alla sera, perché non potevo togliermi quella tuta per non rischiare di contagiarmi finché non venivo sanificato. Mi sono fatto una promessa prima di entrare per la prima volta su un’ambulanza ed ho cercato di rispettarla.

Durante il periodo più intenso ho pianto la sera, sfogandomi per quello che vedevo durante il giorno ed a cui non ero abituato, non riuscivo a prendere sonno la notte nonostante fossi distrutto e mi sono ritrovato anche a svegliarmi alle 3 del mattino tutto bagnato per poi scoprire che mi ero fatto la pipì addosso. Quella tuta è stata così tanto la mia seconda pelle in questi due mesi che una volta dopo ore di servizio (e per fortuna avevo finito l’ultimo trasporto della giornata) non sono riuscito a trattenermi e me la sono fatta sotto, di nuovo. Pensavo di avere problemi, stavo vivendo una seconda infanzia in pratica, ma semplicemente non stavo rispettando il mio corpo. Volevo essere in servizio il più possibile e mi sentivo addirittura in colpa quando non ero in Croce Gialla ad aiutare gli altri volontari.
Detto questo, rifarei tutto dall’inizio.
Anzi, ho ammesso più volte in questo periodo di essermi pentito di non aver iniziato prima e consiglierò d’ora in poi a chiunque di provare a svolgere dei servizi di volontariato e di cercare di percepire le emozioni che lascia, che sono imparagonabili con qualsiasi altra esperienza. È giusto pensare ai soldi ed alla sopravvivenza nella vita, ma a volte fare qualcosa senza pensare ad una retribuzione ma facendola partire dal cuore ha un sapore che per me è paragonabile a quello di un tiramisù, il mio dolce preferito.
E spero che, chiunque mai si possa trovare a bussare alla porta di un’associazione, trovi dall’altro lato delle persone splendide che lo accolgano come una persona di famiglia come è stato per me qui in Croce Gialla.”