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Quando esistevano le cabine, si telefonava ancora con i gettoni e gli unici cellulari in circolazione erano quelli della questura, il presidente della squadra di rugby di Treviso un giorno mandò in campo i suoi ragazzi con un’anonima divisa bianca per “punirli” dello scarso rendimento dimostrato nella precedente giornata di campionato. A Rovigo, invece, il presidente del club cittadino ha multato di euro cinquanta tutti i 23 tesserati in lista nell’ultimo turno di campionato, ancora per scarso rendimento. I due episodi, che quanto a contenuto e a procedure di comportamento si assomigliano come due gemelli monovulari, sono distanti nel tempo qualche decennio. Ma è curioso rilevare che, in entrambi i casi, la sconfitta del tutto imprevista e da stigmatizzare, è avvenuta a San Donà di Piave, contro il locale XV biancoceleste. Solo i terreni di gioco dove si sono consumate le ignominiose sconfitte sono diversi. Ma poco lontani, dal momento che distano meno di centro metri l’uno dall’altro.

La risposta dei giocatori di Treviso al diktat presidenziale fu tutto sommato garbata e vagamente ironica. Ci togli i colori sociali e la scritta dalle maglie? Pensarono in gruppo. E noi veniamo allo stadio senza la borsa ufficiale. Un sacco di plastica nero dell’immondizia per le scarpe, mutande di ricambio, shampoo, sapone e l’accappatoio sarà più che sufficiente. Notizie di piazza (dei Signori, dalle parti del bar Biffi, lato piazza Indipendenza) riferirono anche di una decurtazione (che oggi chiameremo taglio lineare) di tutti i rimborsi spese percepiti dai “cei” come sorta di pena sussidiaria. Su base percentuale, un tot in meno a tutti. Ma proprio tutti, anche quelli che “in busta” si trovavano mensilmente un paio di carte da 10mila per la benzina del motorino perché abitavano a Lanzago o a Carbonera.

Non è dato sapere quale sia stata la reazione dei Bersgaglieri dell’anno di grazie 2017 all’annunciata ammenda. Sul cui importo, però, varrebbe la pena di spendere qualche parola. Cinquanta euro in meno sullo stipendio perché a San Donà hai giocato male/non ti sei impegnato/non hai onorato la maglia (a scelta). Non è tanto la motivazione che un poco indigna, quanto il fatto che si tratti dell’equivalente di un paio di margherite innaffiate da due rosse medie, un Magnum, un Maxi Bon e due caffè. Con l’aggiunta, forse, di un limoncello della casa a testa. Delle due l’una: o la cifra irrisoria, detratta dagli emolumenti dei professionisti che vestono e difendono i colori del club, è tale perché, in fin dei conti, la presidenza voleva “dare un segnale senza creare malumori o problemi”, o trattasi di ammenda vera e propria, magari contemplata da accordi (verbali?) in sede di firma di contratto. Nel qual caso sarebbe interessante capire quanto “guadagna” nel nostro campionato di Eccellenza, un giocatore che punta allo scudetto. Uno che alla domanda “che lavoro fai?”, si sente autorizzato a rispondere: “gioco a rugby”. E quale possa o debba essere l’effetto catartico della 50euro sfilata di tasca in previsione dei prossimi impegni agonistici. Della serie: “Ragazzi, adesso conviene giocare bene e dare il massimo se no ci rimettiamo di brutto!”. 

Non sarà che aveva ragione il prof. Andrea Rinaldo quando, in anni non sospetti, a chi gli propose di rendere con una parola la dimensione del professionismo ovale nel nostro paese, non trovò di meglio che definirlo “straccione”?

 

Foto Alfio Guarise