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In città non si parla d’altro. A tenere banco sono le dimissioni del presidente della Rugby Rovigo Delta Francesco Zambelli, rassegnate qualche giorno fa con un secco comunicato stampa in cui il numero 1 del glorioso club di via Alfieri si dichiarava non più disposto a tollerare un clima intorno a lui e alla società, divenuto di fatto invivibile. La materia del contendere, i rapporti usurati fra la Rugby Rovigo e la Monti Junior, le due società che storicamente hanno fatto la storia e le fortune della pallovale rossoblu nel settore seniores e in quello giovanile, non risultano, a un non rodigino, di facile e immediata comprensione.

  • Commendatore Zambelli, ci vuole spiegare cosa è successo?
  • Niente di particolarmente rilevante. Dopo anni di una gestione che definirei ibrida del settore giovanile, che la Monti gestiva in quasi completa autonomia, abbiamo deciso di rivedere certi nodi strutturali. E di portare il settore under 18 (2 squadre iscritte al campionato di categoria, ndr) nella diretta e totale pertinenza della casa madre.
  • Perché definisce “quasi completa” l’autonomia della Monti?
  • Perché i costi dell’attività delle due under 18 e della Cadetta iscritta al campionato di serie C gravavano sul bilancio della Rugby Rovigo. Nella stagione appena terminata la cosa è costata alle case del club di cui sono presidente 100 mila euro. Senza contare che i due allenatori della prima squadra, Joe MdDonnell e Jason Wright, in quanto referenti e responsabili tecnici del club, avevano in carico anche la cura di quelle tre formazioni.
  • Ma i giocatori delle under 18 e della squadra Cadetta, con chi risultavano tesserati?
  • Tutti con la Rugby Rovigo Delta. Ripeto, la commistione di responsabilità e di titolarità del settore era il portato di una situazione che si era cristallizzata nel tempo e che aveva prodotto, insisto, una formula ibrida e poco sensata. Una situazione in merito alla quale ho promosso una riflessione.
  • Che alla dirigenza delle Monti non è piaciuta. Diciamo così..
  • Si tratta di chiarire una volta per tutte a chi spetta il potere di decisione e di indirizzo. Io dico alla Rugby Rovigo, in quanto realtà delegante. Non certo alla Monti che è soggetto delegato. Detto questo, le due realtà è bene, direi assolutamente necessario, che vadano verso una forma di collaborazione sostanziale, sommando risorse e competenze nel nome di un rugby sempre migliore e vincente.
  • Qualcuno ha definito le sue dimissioni una provocazione per scuotere l’ambiente. Si ritrova in questa interpretazione?
  • A Rovigo vengo percepito e considerato come il presidente che “mette i soldi”. Cosa per alto assolutamente vera, ma io sono anche altro! Sono colui che ha salvato e risollevato le sorti di un club che era precipitato in una crisi dagli esiti potenzialmente devastanti. E se l’ho fatto l’ho fatto per l’amore che mi lega ai colori rossoblu e alle sorti di una squadra che ha scritto la storia del rugby nazionale. E quando dico che l’operazione di cui si parla è stata pensata e realizzata per il bene del nostro rugby, vorrei essere creduto. Penso di aver ampiamente dimostrato di meritare la fiducia di tutti.
  • Rugby Rovigo e Monti Junior sono divise anche sui rapporti con la Fir…
  • È vero. Io da anni accuso il governo federale di aver spinto Rovigo e il rugby di club in una poco decorosa serie B. Gli amici della Monti la pensano diversamente, e al presidente Gavazzi piace pensare che Rovigo sia la Monti. Non è così.
  • Il problema del rugby italiano è ancora la non centralità dei club?
  • Ora più che mai. Io ho dato al movimento nazionale un arco temporale di ancora qualche anno. Il biennio 2019-2020 sarà quelle decisivo. Occorrerà arrivarci preparati. Meglio se uniti, ma soprattutto con idee chiare e con un credibile piano di sviluppo. Io spendo 500 mila euro all’anno per onorare un patto d’amore nei confronti di una città e di una maglia. Mi aspetterei che altre sensibilità simili emergessero. E che sparissero una volta per tutte le troppe mani lunghe che si muovono nel nostro movimento. Certo che spendere così tanto per scoprire di non avere voce in capitolo praticamente su nulla e, in sintesi, non contare niente…
  • Torniamo alle dimissioni. Le stanno arrivando inviti a recedere dalla posizione assunta?
  • Numerosi e univocamente orientati alla richiesta di un mio ritorno alla presidenza. Io so, come sanno in molti, che non esiste un’alternativa pronta a subentrare. Ma mi piacerebbe che a questa sorta di plebiscito in mio favore seguisse una presa di coscienza più responsabile cui rapporti con la Fir e su un diverso modello di sviluppo. Abbiamo chiesto di legarci alle franchigie, ci è stato risposto di no da Zebre e da Benetton. Quasi a voler ribadire che c’è chi frequenta l’Olimpo del rugby e chi è condannato a continuare a vivere nei bassifondi. Da questo punto di vista, purtroppo, la sensazione e che poco o niente si stia muovendo nel segno del cambiamento. Me ne dispiaccio, ma ai tifosi e agli amici della Rugby Rovigo dico semplicemente che io ci sono.
  • A quando il ritiro delle dimissioni?
  • Non c’è fretta. Questi sono giorni di riflessione e di approfondimenti. La mia posizione è nota, occorrerà capire quelle degli altri.