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Carlo Festuccia, 37 anni compiuti a giugno, uno dei tanti prodotti del grande vivaio aquilano, da agosto nello staff tecnico dei Diavoli di Reggio Emilia. Ultima residenza conosciuta: Londra, dalle parti di Coventry, ultima maglia indossata quella dei Wasps in Premiership.

  • Da Londra a Reggio Emilia, un percorso casuale?
  • Direi un percorso programmato e una destinazione sancita da una stretta di mano molti anni fa. Conosco Roberto Manghi dai tempi della mia esperienza al Gran Parma, anno 2002. “Quando deciderai di tornare sappi che nella mia squadra un posto per te ci sarà sempre. Se da giocatore o da qualcos’altro decidilo tu” furono le sue parole. Di anni ne sono passati. È stato di parola. Anche se…
  • Anche se…?
  • A dirla tutta avevo programmato di chiudere da giocatore con addosso la maglia delle Zebre. Ma non sempre le cose vanno come uno se l’era immaginate. A un certo punto della stagione mi resi conto che a Parma non potevo rimanere. A Londra mi fecero sapere che avevano bisogno di me… Ma il 2017 doveva essere la mia ultima stagione da giocatore e così è stato.
  • Anche se forse Manghi, un pensierino a rivederti in campo con la maglia n.2…
  • Non se ne parla nemmeno! E lui lo sa. Prima di tutto perché il ruolo è coperto. Secondariamente, anzi, soprattutto, perché se ho detto che ho smesso è perché ho smesso davvero!
  • Di preciso qual è la tua mansione?
  • Ufficialmente mi occupo della preparazione degli avanti e dell’organizzazione delle fasi di conquista. Di fatto, grazie all’ottimo clima che si respira a Reggio, sono disponibile a offrire la mia consulenza anche in altri settori della preparazione della squadra. Difesa a parte, vengo interpellato con una certa regolarità e offro molto volentieri la mia collaborazione. È il mio modo di intendere il lavoro di gruppo. E anche quello di Manghi.
  • Con la squadra hai cominciato a lavorare tardi, ad agosto. Come mai?
  • È stata l'unica condizione che ho messo quando ho accettato l’incarico. Erano vent’anni che non facevo una vacanza estiva degna di questo nome. Ne avevo bisogno, per me e per la mia famiglia. Sono stato accontentato. Mi sono messo a disposizione da agosto.
  • Che gruppo è questo di Reggio per la stagione 2017-2018?
  • Direi senz’altro interessante e con qualche profilo di originalità. Si tratta di un gruppo dove è dominante la componente territoriale. Tanti giocatori di Reggio o comunque emiliani, molti giovani e qualche elemento di provata esperienza. La miscela mi sembra ben calibrata. L’ultimo che si è aggiunto è un pilone destro sudafricano di cui avevamo bisogno per alzare la competitività in mischia chiusa. In tutto la rosa è composta da 40 giocatori e possiede potenzialità notevoli.
  • Ma l’Eccellenza senza retrocessioni come sarà? Migliore o no rispetto al passato?
  • Voglio essere ottimista. Penso che senza la pressione della retrocessione da evitare e del risultato sopra ogni cosa, potremo vedere un rugby migliore. È anche vero, però, che in assenza di un tale pericolo, qualche club sarà portato a contenere al massimo i costi e magari allestirà formazioni non del tutto competitive. Non è facile rispondere… Io mi auguro che sia la prima l’ipotesi azzeccata. Ne guadagnerebbe il rugby italiano e il pubblico di divertirebbe di più.
  • E in questa Eccellenza qual è l’obiettivo di Reggio?
  • Un posto nei play off. Non credo sia il caso di fare inutili pre tattiche. Il nostro è un traguardo annunciato e condiviso. Un’idea forte intorno alla quale costruire una squadra vincente.
  • A proposito di vittorie: domenica a Badia avete vinto il Pedrini…
  • Era la nostra prima uscita ufficiale. Vincere non era la cosa più importante, ma dal momento che abbiamo vinto, perché non godere del risultato? Abbiamo battuto Medicei e Viadana in finale, due concorrenti dirette.
  • Come le hai viste?
  • Firenze è una squadra che porta il marchio di fabbrica di Pasquale Presutti: rigorosa, molto ben organizzata, capace di notevole pressione e poco incline ad assumersi rischi inutili. Una squadra che sa andare al sodo e difendere con intelligenza. Viadana, allo stesso modo, riproduce nel suo modo di stare in campo il credo tecnico di Pippo Frati: piano di gioco vario, strutture credibili, alta intensità e capacità di adattamento.
  • Reggio si è vista poco in pre campionato. Il prossimo è l’ultimo week end prima del via. Avete qualcosa in programma?
  • Vogliamo arrivare alla prima di campionato integri e con una gran voglia di giocare. Arriva il Rovigo, sarebbe bello cominciare con un risultato di quelli…
  • Ma qual è la vera anima di questo campionato di Eccellenza?
  • Io so cosa dovrebbe essere: il punto di transito per i migliori elementi formati dal settore giovanile prima di approdare alle franchigie del Pro 14. Al di fuori di questo c’è solo una miope attenzione al particolare che poco di buono ha prodotto. Il rugby italiano deve guardare al giardino, non al proprio misero orticello. Prima lo capirà , meglio sarà per tutti. Sono il primo a dire che l’Eccellenza (prima si chiamava Super 10 ndr) in cui ho giocato io era, rispetto a quella attuale, una competizione di livello superiore. Ora i migliori sono in Pro 14 e di stranieri di altissimo profilo in giro ce ne sono pochi. Ma la strada da intraprendere è una sola, occorre copiare dall’Inghilterra, dove tutti i club giocano lo stesso rugby e dove passare da un livello a quello superiore diventa un processo in qualche maniera naturale. Se invece vogliamo finalizzare e ridurre tutto a uno scudetto vinto o perso…
  • Tanto per capirsi e per avere un riferimento concreto: Calvisano e Rovigo in Championship (la seconda divisione inglese, ndr) che figura farebbero?
  • Sulla figura non mi pronuncio, sinceramente non saprei cosa dire. Ma è certo per chiudere a metà classifica avrebbero davvero il loro bel da fare. Nel senso di un grande dispendio di energie…
  • E in Pro D2 (seconda visione francese, ndr), categoria che conosce per averci giocato?
  • Stessa risposta. Probabile che si salverebbero entrambe, ma dopo una serie pressoché infinita di battaglie molto cruente e dispendiose.
  • Ancora a proposito di rugby nel mondo, anche alla luce del 4 Nazioni in corso di svolgimento: All Blacks marziani?
  • Extraterrestri magari proprio no. Ma un gradino sopra a tutto la concorrenza sicuramente sì. Ho ancora negli occhi l’accelerazione di Vaea Fifita che semina l’intera linea arretrata dei Pumas… Ripeto: marziani magari no, ma quasi!
  • E il resto del vecchio continente?
  • Direi che il rugby targato UK è cresciuto e sta crescendo. I risultati dei Lions ne sono la testimonianza più evidente. L’Inghilterra rappresenta il vertice del rugby europeo, ma le altre Home Unions non scherzano. Quanto alla Francia: diamole il tempo di gestire al meglio il profondo ricambio generazionale in atto. Numeri e talenti non mancano.
  • E il resto del pianeta ovale?
  • Nel gruppo delle nazioni emergenti ci sono Georgia, Romania e Giappone. Vedremo quanta strada saranno in grado di percorrere. E quanta, nel frattempo, saremo capaci di fare noi. Mi auguro che sia sufficiente a restare nel gruppo delle Nazioni più evolute..
  • Nota e domanda dolente in chiusura: da aquilano cosa pensa della crisi in cui è precipitato il rugby di una delle città più ovali del nostro paese?
  • Credo che la causa di fondo vada ricercata nelle troppe divisioni che hanno contrassegnato la storia del rugby nel nostro territorio. È mancata la volontà di rendere comune un patrimonio di tradizione e di conoscenza che avrebbe meritato altri sviluppi. Occorre unificare, non dividere. Cominciando dai progetti, che devono confluire in una strategia che sappia mettere insieme il meglio e mandarlo in campo a competere. L’unione che fa la forza non è uno slogan, è l’anima di qualsiasi progetto vincente! Purtroppo, negli anni, a L’Aquila si è sprecato troppo e molte delle risorse a disposizione sono state male impiegate. Occorre invertire la tendenza.

 

Il calendario di Eccellenza 2017/18

Foto Daniel Cau