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   Il punto di Francesco Pierantozzi

Ci vuole testa e non per usarla come un ariete. Spesso ci si dimentica che serve parecchio nel gioco del rugby, prendere le decisioni giuste nel tempo più breve possibile senza lasciarsi travolgere dal puro istinto. Avete già capito: stiamo parlando di Parra, il mediano di mischia di Clermont, che invece di piazzare una punizione e prendersi 3 punti con tanto di…punto di bonus difensivo, decide istintivamente di giocare. Risultato, Clermont fuori dalla Champions, con i 3 punti sarebbe andato ai quarti di finale. Il grande giocatore si vede da queste cose.

Anni fa, 2007, Sir Brian Lochore, leggenda degli All Blacks, allenatore campione del mondo nel 1987 e poi selezionatore, suggeriva al rugby moderno di costruire, accanto a muscoli, tecnica, tattica, la capacità individuale dei giocatori di decidere nei momenti alla…”Parra”, suggerendo di far lavorare anche la testa, quasi tornando indietro nel tempo, e di obbligare in qualche modo i campioni ad avere interessi, passioni fuori dal campo. McCaw e il volo aereo, elicotteri e non solo, Carter e il business, negozio di abbigliamento e non solo, Conrad Smith e la legge, gli studi e la pratica forense.

Come dire: l’abitudine a dover prendere decisioni, un piano di volo, un bilancio di un negozio, una causa, si sarebbe rivelata utile nei momenti difficili in campo. Forse suggerimenti non così sbagliati…

La Champions non è celtica, non è mai stata così poco celtica nella sua storia. Nemmeno una squadra del Pro12 nei quarti di finale in 21 stagioni. Ecco la novità 2016, col record assoluto di presenza inglese, 5 squadre su 8, 9 su 16, considerando anche la Challenge. Una questione francese e inglese, i riformatori dell’Europa del rugby, che tanto avevano spinto per cambiare regole di qualificazione al torneo e, soprattutto, per spartirsi più soldi.

Cosa succede? Cosa fa la differenza?

I budget, certo, ma anche pianificazione, competenza che non dimenticano la tradizione e una crisi irlandese che sta pagando il ricambio generazionale e stranieri non proprio “top”. Chi se li può permettere, Francia e Inghilterra, fa la differenza…Cotonou poi vale per tutti (…il trattato che sostanzialmente parifica Sudafricani e isolani (australiani e neozelandesi con sangue isolano compresi) agli europei…) ma chi ha di più in cassa si prende il meglio. E un pensiero, visto che tanto quelli “buoni” sappiamo dove vanno, perdere per perdere, si potrebbe pensare, guardandola dall’Italia, dal nord est più che dall’Emilia (bravi anche nel sottobosco dell’equiparabilità), a mettere in campo solo azzurri, aspettando un mondo “celtico” migliore…

 

Foto Alfio Guarise

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