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Eddie Jones ha dichiarato che è soddisfatto della prestazione dei suoi ragazzi che hanno rispettato il game plan contro l’Italia e soprattutto rispettato le consegne di “regalarci” una gran bella sculacciata in termini di risultato e di pedaggio a livello fisico.

In effetti la chiave del match di ieri è stata proprio questa, la brutalità con la quale gli inglesi ci hanno aggredito su ogni punto d’incontro, la differente cattiveria agonistica con la quale i giocatori di Eddie Jones ci hanno insegnato ancora una volta quale sia la differenza per arrivare ad alto livello, anzi meglio quella di giocare ad alto livello e rimanerci.

Il messaggio migliore e la migliore interpretazione non a caso l’ha data Michele Campagnaro che è entrato in campo con la giusta dose di determinazione e cattiveria agonistica. Lo si è visto da come ha placcato Jonathan Joseph alla prima occasione e da altri 2 - 3 interventi difensivi molto importanti.

Ma non è bastato, dal momento che gli inglesi ci hanno sgretolato lentamente “rompendo” , nel primo tempo, ben quattro azzurri in esecuzione di un piano prestabilito e secondo target ben definiti. Guarda caso in rapida successione sono usciti oltre a Marco Fuser, Alessandro Zanni, il nostro miglior guerriero attorno al raggruppamento, Gonzalo Garcia, cerniera difensiva dei trequarti (ha portato parecchia pressione a Owen Farrell) e veramente pericoloso palla in mano, e Ornel Gega.

L’errore di Leonardo Sarto causato da una frettolosa giocata in touche di Carlo Canna per Mattia Bellini è solo incidentale e indicativa dell’enorme pressione che i cavalieri di San Giorgio stavano portando alla nostra linea offensiva. Avete visto con che rapidità e ferocia la linea di difesa inglese saliva? Ottimo esempio della famosa “Wolfpack defence” inventata da Paul Gustard prima per i Saracens e ora portata nell’Inghilterra del suo mentore Eddie Jones.

Abbiamo visto come gli avanti inglesi giocassero ferocemente le contro ruck o avessero come dettame tattico di sporcare ogni pallone possibile, con piedi o con le mani, nei raggruppamenti di marca italiana, al fine di rallentarne l’uscita e permettere alla difesa di salire proprio come un branco di lupi affamati.

Eddie Jones aveva dichiarato di volerci sculacciare, che avrebbe giocato con un pack più dinamico e veloce e di volersi appoggiare a trequarti mobili e tecnici. È stato di parola!

Ma non basta: il suo kicking game era direzionato ad isolare Luke Mclean, o i nostri giocatori schierati profondi a copertura del campo, non dando loro il tempo di organizzare un contrattacco decente. Così è stato, anche a costo di rischiare calci di punizione o cartellini. E Haskell il cartellino giallo l’ha meritato davvero, ma l’arbitro ha ritenuto che non fossero gli estremi. L’esito finale non sarebbe, molto probabilmente cambiato. Forse sarebbe stato meno pesante il passivo

Jones ha dichiarato che una partita di rugby viene giocata sul filo del rasoio, l’equilibrio tra vittoria e sconfitta è sottile ma non passa di certo per il conto dei calci di punizione. Andando a studiare quali siano i team che vincono le varie competizioni in giro per il mondo generalmente quelli più “puniti” sono anche i più vincenti. Concedere calci di punizione non è un segno di mancanza di disciplina, secondo Jones. E in effetti, basterebbe osservare le statistiche della Nuova Zelanda, che non è di sicuro il team più disciplinato del panorama mondiale. E’ importante sapere quando si può concedere un calcio di punizione. Insomma appunto perché si gioca sul filo del rasoio, la ratio è concedere calci di punizione intelligenti e utili nei momenti giusti!

Le statistiche del match di ieri evidenziano tutte queste situazione: gli inglesi hanno concesso 13 calci di punizione contro i 9 dell’Italia, che tuttavia non è riuscita a sfruttarli. Vengono in mente un paio di touche sui 5 metri non capitalizzate quando avremmo potuto ridurre il break dal 9-25 a metà del secondo tempo.

I nostri avversari hanno avuto, inoltre, meno possesso e meno territorio (39% e 37% rispettivamente) che tuttavia hanno saputo capitalizzare molto meglio di noi. Emblematico il perfetto utilizzo dei palloni di recupero che ha prodotto la meta di George Ford nel primo tempo.

Hanno anche portato meno palloni, (92 – 124), guadagnando tuttavia oltre il 60% in più di metri, soprattutto perché sono stati più efficaci nel superare la linea del vantaggio (7 a 1 il computo), potendo utilizzare palloni più veloci e ovviamente pericolosi.

E’ evidente che i nostri ragazzi non sono stati “effective” nel ball-carrying, prendendo palloni lenti e con linee di corsa scontate.

Ci consoliamo con un paio di dati dei primi due turni del 6 Nazioni: Michele Campagnaro risulta il primo in assoluto per numero di “clean breaks” effettuati, ben 5 contro i 3 dei secondi North e Vakatawa, e di turnover vinti con 4, a pari classifica con il seconda linea inglese George Kruis.

Tuttavia preferiamo non condannare le scelte coraggiose e a volte scriteriate dei nostri giovani. I quali hanno avuto il merito di provarci e di osare. Occorre capirli, si stanno facendo ossa ed esperienze al livello più alto “avendo saltato il livello intermedio”. La crescita passa di sicuro per l’esperienza e il potersi confrontare con il livello superiore. Forse a furia di prendere schiaffoni, impareremo anche noi a darne. Speriamo presto!!!

 

Foto Alfio Guarise

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