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“Magliari!” mi ha urlato al telefono il mio amico Russell T., mentre le squadre lasciavano il terreno di Twickenham. Ci conosciamo da tanto, ha anche giocato a rugby, ora abita a Londra dalle parti di Highbury Park, adora i film di Alberto Sordi (da cui l’epiteto - citazione), il cassone romagnolo con erbe, squaquerone, prosciutto e la Lambretta 125 LD. Lui Inghilterra - Italia l’ha seguita nel pub sotto casa, e ha smoccolato per 80 minuti all’indirizzo degli italiani “disonesti e imbroglioni”. “Che invece di retrocedere dietro la linea dei piedi dell’ultimo uomo, hanno continuato a invadere impuniti il territorio degli avversari”. Il tutto, dice “con la complicità di quel mangia rane col fischietto in bocca”

Questo, magari con toni un po’ più sommessi e accenti meno esagitati, è quello che molto probabilmente resterà di una partita che, regolamento sui punti di collisione a parte, ha detto cose importanti e (finalmente) positive, anche per noi.

Proviamo a individuarne alcune nelle tradizionali pagelle:

Campagnaro: vedendolo giocare oggi si è finalmente capito perché abbia trascorso gran parte delle prime due giornate del Torneo in panchina. Per risparmiarsi e arrivare a Twickenham in condizione. Che altro? Meta, straordinaria per esecuzione tecnica e furia agonistica, a parte, di lui vanno ricordati l’intercetto al 35’ e almeno un paio di recuperi semplicemente perfetti quanto a tempistica ed esecuzione. Voto: 9

Venditti: Segna di sponda come gli era accaduto di fare contro la Scozia, si conferma combattente di razza e risulta molto migliorato quanto a reattività e a condizione atletica. Voto: 8

Padovani: Un super placcaggio (Launchbury?), un paio di palloni ben portati avanti nello stretto e, in generale, la sensazione che sia diventato discretamente padrone del ruolo, almeno quanto a posizione. Il suo piede funziona e frutta importanti alleggerimenti. È giovane, secondo il Ct è uno dei talenti del nostro rugby. Volessero gli dei che avesse ragione! Voto: 7

Bisegni: merita la citazione per il placcaggio su Brown. Una chicca. Complimenti! Voto: 7

Allan: la prima palla alta la prende di spalla e spara fuori due calci non certo complicati. Chiude con la sufficienza perché, in una giornata in cui l’obiettivo era allontanare lo spettro dell’Irlanda all’Olimpico, anche lui ha dato il suo. Voto: 6

Gori: Non ci siamo. Lento e incapace di dare ritmo alla manovra di una squadra che, nel primo tempo di possesso, ne ha avuto assai e non sempre di seconda mano. Il suo passaggio da sinistra a destra è imbarazzante quanto a meccanica dell'esecuzione (dicesi: catena cinetica, ma mi sembrava brutto). Esce prima dell’intervallo toccato duro. Auguri Ugo! Voto: 5

Bronzini: Appena entrato si presenta con un placcatone frontale che sbatte a terra Marler (o era Cole?). Itoje e le sue braccia infinite quasi gli arpionano una palla aperta verso destra e, più tardi,  gli contrastano un calcio nel box. Merita il posto da titolare con la Francia. Forte fisicamente, atleticamente all’altezza e puntuale negli interventi sulla palla, pare essere, al momento, il n.9 più in forma di cui disponiamo. Voto: 8 di (dovuto e meritato) incoraggiamento.

Favaro: La solita partita tutta sacrificio e dedizione. Altro non c’è da aggiungere che già non sia stato detto e scritto. Voto: 9

Van Schalkwyk: gioca tutti gli 80 minuti e sul taccuino restano: l’intercetto del 49’ e un paio di cavalcate nella profondità della difesa dei bianchi. Oltre a un work rate (mole di lavoro svolto) che forse, oggi, le statistiche classificheranno più compiutamente ma che, a occhio, è parso “tanta roba”. Voto: 8

Gega: titolare per defezione all’ultimo momento di Ghiraldini, sbaglia un paio di lanci (forse tre) per evidente difetto di comunicazione. Ma corre e si danna l’anima per tutta la partita. Esce segnato e provato come è giusto e naturale che sia. E in chiusa sa il fatto suo. Ulteriormente cresciuto. Voto: 8

Parisse: quel calcio giocato veloce a cinque metri al 31', che se non sei Danny Care sarebbe meglio evitare... Un paio di duelli aerei persi e la sensazione che la sua vocazione a fare il “numero 8 passatore” stia sempre più prendendo il sopravvento sul combattente che accetta lo scontro e che prova a vincere le sfide individuali. Se non tutte e sempre, almeno qualche volta e qualcuna. Merita la sufficienza perché (ne abbiamo le prove) senza di lui in campo, la squadra perde un buon 30 per cento della propria consistenza. Voto: 6

Conor O’Shea: tutti sembrano convinti che la gabola grazie alla quale siamo riusciti, per lunghi tratti della partita, a mandare in confusione gli inglesi e, a conti fatti, a evitare di prenderne una camionata, sia farina del sacco di Brendan Venter. Può essere. Certo che vedere il 9 inglese raccogliere palla sul punto dove lui riteneva si fosse formata una ruck, per scoprirsi circondato da minacciose e fameliche maglie azzurre, è materiale che nelle (prossime) lunghe notti di nebbia e gelo allieterà il nostro fine giornata. Il piano di gioco che nelle due prime giornate pareva prevedere “calciare in campo fino ai 70 metri per far salire la pressione e basta”, ha lasciato il posto a qualcosa di vagamente più equilibrato e  sensato. Incoraggiante. Voto: 7

Eddie Jones: il volto, già non bellissimo ancorché espressivo, livido di rabbia e con lo sguardo vagamente assente, nella postazione a lui riservata dello stadio londinese, dell’uomo che con ogni probabilità vincerà il Grande Slam e batterà gli All Blacks, è una delle ragioni che renderà questa partita, a suo modo, storica. A fine gara l’hanno sentito inveire all’indirizzo del direttore di gara. “Erano tutti falli di antigioco!” la sua personale opinione, impossibile da condividere a norma di regolamento. Si era presentato, in settimana, invitando tutti a “dare una mano ai poveri italiani”, neanche fossimo i terremotati senza casa del Torneo. Non ci ha aiutato nessuno! E fino a 10 minuti dalla fine lui se l’è vista davvero brutta. Per la serie: n’altra volta tasi! Voto: 5

L’arbitro Poite: gode come un procione in calore (mi è venuta così, perdonnez moi, Monsiuer l’arbitre), anche se non lo dà a vedere compiutamente, quando due inglesi gli vanno a chiedere cosa (diavolo) si debba o si possa fare per evitare guai contro gli italiani che giocano la ruck in quello strano modo mai visto prima su un campo di rugby. “E chi sono io? Babbo Natale?” sembra dire loro di rimando. Baldanzoso il giusto, gongolante e felice nell’anima. “Io faccio l’arbitro, mica il vostro allenatore” trova più corretto rispondere. Ma si capisce chiaramente che è sul punto di scoppiare a ridere. Vive la France! Voto: 8

DMax (da studio): mi piace Daniele Piervincenzi e mi piace il suo modo di fare televisione ovale. Mi dichiaro perciò (favorevolmente) prevenuto nei confronti di “Rugby social club” la trasmissione che conduce sul canale 52 e che ospita nel ruolo di opinionisti Mauro Bergamasco e Paul Griffen. Mi piace a tale punto che, nonostante l’ultimo siparietto introduttivo di chef Rubio vertesse su aspetti vagamente truculenti della nostra disciplina (lo scroto di Buck Shelford tagliato  e ricucito sul campo), le spericolate affermazioni della sig.ra Tondinelli (quasi 90 caps con l’Italia) secondo la quale, al suo confronto, il (povero) Marco Bollesan sarebbe Riccioli d’oro e la notizia (fonte il grande Andrea Masi) che per arrivare a una programmazione degna di questo nome il rugby italiano avrà bisogno di almeno due anni di tempo, assegno al sopra citato Piervincenzi il massimo dei voti: 10. E la lode la aggiungo perché dà del tu al congiuntivo.

 

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Foto Pino Fama