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Daniele Piervincenzi, 35 anni, romano, un passato (prossimo, vista l’età) sui campi con le porta ad acca. “Un’impronta, quella del rugbista che il rugby lo gioca – esordisce – che mi è rimasta anche quando ho intrapreso la carriera giornalistica del commentatore”. E come una trasmissione volutamente “dal campo e di campo” è nato e ha preso forma Rugby Social Club, l’appuntamento ovale targato Discovery Channel che DMax ha offerto al pubblico degli appassionati in occasione dell’ultimo Sei Nazioni. “Non solo a loro” tiene a precisare il conduttore. “Il nostro obiettivo era superare stabilmente la soglia di 350 mila”

ï         Che rappresenta?
-          Lo zoccolo duro costituito da quanti, nel nostro paese, le partite dell’Italia del rugby in televisione non se le sarebbero lasciate scappare. Giocatori, ex praticanti che a vario titolo questo gioco l’hanno provato, parenti, quella quota fissa di addetti ai lavori. Pochi, in una nazione di oltre 60 milioni di abitanti. Ma quelli siamo.

ï         Missione compiuta, a giudicare dai numeri registrati…
-          Se calcoliamo che 350 mila moltiplicato cinque giornate di gara fa un milione e sette, l’aver superato, e di tanto, quota due milioni è, a tutti gli effetti un successo. Ottocentomila spettatori dedicati sono tanti e noi li abbiamo avuti. Se poi consideriamo che la nostra Nazionale, simpatia e sostegno dovuto a parte…

ï         Quanto a risultati lascia un po’ a desiderare…
-          Ci siamo posti il problema di spostare il nostro punto di vista dalla sfida in corso sul campo in quanto tale, ad altre angolazioni che potessero risultare altrettanto accattivanti e di interesse condiviso. Provando a catturare pubblico in settori di audience non esattamente orientati verso la palla ovale intesa come evento strettamente tecnico. Per farlo siamo passati, integrandolo, da un piano rigorosamente informativo-didattico a uno più allargato.

ï         Fatto di panini alle interiora di pecora di chef Rubio e…
-          A uno sguardo sempre attento alla vena goliardica che sottende a gran parte della nostra attività e con qualche interessante incursione nelle pieghe di un regolamento che non tutti conoscono. Ci siamo riusciti? Non spetta a me dirlo. Io posso assicurare che ci abbiamo provato e che un grande aiuto ci è arrivato dagli ospiti fissi.

ï         Mauro Bergamasco e Paul Griffen si sono rivelati commentatori semplicemente perfetti…
-          Inviterei ad andare a rivedere e risentire l’analisi preventiva delle partite che i due hanno esposto in studio. Tutte molto ben argomentate e tutte in linea con gli esiti delle gare. La competenza non si inventa! Al massimo si affina.

ï         Per il regolamento avete puntato sui giovani…
-          Su una giovane bella e simpatica. Beatrice Benvenuti si è prestata a rivestire un ruolo tutt’altro che semplice e scontato. Ha vent’anni e molta genuina passione. Avrà modo di crescere anche in questa sua inedita veste.

ï         Pubblico in studio. Si dice che servisse farsi raccomandare tanta era la richiesta …
-          Smentisco che servissero raccomandazioni. Confermo che abbiamo avuto la coda di gente che ha chiesto di presenziare da studio. Ne abbiamo accontentato solo una piccola parte, privilegiando le espressioni del rugby di base nelle sue varie forme. Dal Seven, alle donne, dal minirugby agli Old, fino alle serie minori.

ï         Tutte con la Polo di ordinanza. Ma quante ne avete raccolte?
-          Abbiamo provato a contarle. Ci siamo fermati a 350. Dovremo pensare a qualche criterio di equa spartizione. Io a casa di armadi ne ho uno. Non di più…

ï         Giusto un accenno al rugby giocato. Italia che…
-          Ha dimostrato di essere lontana dai livelli frequentati dalle Nazionali di vertice. In questo caso per vertice è da intendersi il complesso delle cinque Nazioni britanniche. Molto amaramente: il rugby dei grandi è lontano dall’Italia e Italia è lontana dalla sufficienza in quella serie di indicatori che fa di una squadra un complesso di alto profilo.

ï         Italia non all’altezza?
-          Italia, banalmente, non competitiva. Per quello che definirei un deficit di formazione dei suoi migliori giovani e per lo scarso contributo che alla causa, attualmente, sono in grado di fornire i giocatori più esperti. Chi non ha esperienza manca di competenze, chi ha esperienza non riesce a incidere sulle situazioni. La nostra under 20…

ï         Da cui molto ci si attendeva…
-          Ha perso con l’Irlanda una partita fisicamente stra dominata sul piano fisico. Il punto di svolta dei ragazzi di Troncon, a mio avviso è stata quella partita. È lì che abbiamo mostrato per intero le nostre inadeguatezze.

ï         E con la Scozia non è andata molto diversamente…
-          Io e molti come me ci aspettavamo di più dal meglio della nostra gioventù. Va detto senza alcuna voglia di alimentare polemiche. Sono i fatti a dircelo. È ovvio che a questo punto una seria riflessione si imponga. Ma sono cose che non spettano a chi fa informazione.

ï         Posso fare una domanda per fatto personale?
-          Sentiamo

ï         Che fine ha fatto Sua Eccellenza?
-          Diciamo che ha seguito il suo destino. Si trattava di una trasmissione totalmente auto prodotta…

ï         Da chi?
-          Da me. Andava in onda sul canale di Rete Sole, amici romani. “Proviamo” ci siamo detti all’inizio, teniamo duro, strada facendo qualche sponsor si interesserà e avremo un futuro. Non noi, la trasmissione!  Abbiamo costruito e trasmesso 24 puntate. Tra l’altro rischiando noie giudiziarie per l’uso, a loro dire improprio, delle immagini che Fir deteneva in esclusiva.

ï         E di sponsor?
-          Neanche l’ombra, purtroppo.

ï         Il futuro di Rugby social club è ancora in casa Discovery
-          Mi auguro di sì. Le trattative sono in corso. Se l’alternativa deve essere Rai Sport 1 o 2, mi auguro di rimanere dove siamo.